In occasione della nuova edizione italiana di un capolavoro di Bryan Talbot: “La Storia del Topo Cattivo“, avvenuta a fine gennaio grazie a Tunuè Edizioni, ed in attesa di rivedere il maestro inglese a Lucca Comics&Games ad inizio novembre, pubblichiamo questa nuova lunga intervista ai pluripremiati autori di fumetti Mary Margaret Talbot e Bryan Talbot (quest’ultimo ha festeggiato da poco i suoi cinquanta anni di attività nel mondo del fumetto, NdR) , che ci raccontano della graphic novel RAIN e di tutti i loro recenti lavori.
Questa intervista ha avuto una lunga ed articolata gestazione. Originariamente con questa intervista si sarebbe dovuto concludere il lungo speciale dedicato a “Le donne nel fumetto” ed anticipare il loro viaggio in Italia previsto a fine aprile 2020. Invece, la pandemia da Covid-19 determinò l’annullamento di quel viaggio.
Abbiamo dovuto aspettare due anni per veder tornare in Italia i coniugi Talbot (aprile 2022) e presentare l’edizione italiana di “DOTTER of HER FATHER’S EYES“, opera pubblicata da NPE nel 2020, e tanti altri bei fumetti da loro publicati negli ultimi anni. Ed in quell’occasione abbiamo ripreso in mano quella vecchia intervista l’abbiamo aggiornata, abbiamo inserito delle nuove domande e siamo arrivati alla versione che state per leggere. Compagni di viaggi in questa intervista sono stati Damiano Gallinaro e Cesare Giombetti.
Buona lettura
Mario Benenati, direttore culturale del magazine Fumettomania Factory
Una “Pioggia” di belle storie a Fumetti!
Sottotitolo:
Colloquiando con MARY e BRYAN TALBOT
di Mario Benenati, Cesare Giombetti (che ha curato anche le traduzioni) e Damiano Gallinaro
Ciao Bryan e Mary
Prima della pandemia avevamo iniziato con voi (Cesare e io) una bella chiacchierata, che era diventata un’intervista, pubblicata sulla nostra rivista.
In quell’occasione avevamo concluso l’intervista con domande sulla graphic novel Suffragette.
Dopo la Pandemia (2020-21), noi di Fumettomania siamo stati impegnati con il progetto e la collettiva Anthropocene, grazie alla quale abbiamo potuto invitarvi nuovamente in Italia e in Sicilia, proprio per l’inaugurazione della mostra, il 27 aprile 2022. È stata anche l’occasione per ascoltare la presentazione dell’edizione italiana (pubblicata da NPE) di una delle vostre opere più belle, “Dotter Of Her Father’s Eyes“.
Negli ultimi anni avete pubblicato delle Graphic Novel molto belle, che di volta in volta ci stupiscono. Lo dimostra il fatto che, mentre Bryan sta ancora promuovendo il terzo capitolo di Luther Arkwright (dopo due anni di lavoro), mentre insieme avete iniziato a promuovere il nuovo libro intitolato “Armed with Madness, the story of the surrealist artist Leonora Carrington” .
Nel frattempo, in Italia, è stata pubblicata qualche mese fa da Tunuè Edizioni (a gennaio, NdR) una nuovissima edizione del capolavoro di Bryan Talbot “La storia del topo cattivo”; iniziamo la nostra chiacchierata proprio da quest’opera.
La storia del topo cattivo è un libro meraviglioso, con diversi livelli di lettura, sembra scritto e disegnato ieri, invece risale a 30 anni fa (1993-94, NdR).
Domanda di Mario a Bryan: Puoi dirci cosa provi ogni volta che questo fumetto viene ristampato?
Bryan: Mi rende molto felice sapere che questa storia ha un fascino duraturo, perché è probabilmente quella di cui sono più orgoglioso. È stata la prima storia non di genere che ho scritto, e mi sono reso conto molto presto che la narrazione e lo stile di disegno dovevano essere molto chiari e accessibili anche ai non lettori di fumetti, a un pubblico mainstream piuttosto che a un gruppo di lettori altamente alfabetizzati sui fumetti.
Ma non è solo la narrazione che mi rende orgoglioso, è anche il modo in cui sembra aver toccato la vita di molte persone. Ricevo ancora messaggi da parte di persone che hanno subito abusi che ne traggono un messaggio di speranza e il libro è stato usato come aiuto terapeutico in molti centri per vittime degli abusi.
Alla mostra Anthropocene, realizzata a Perugia (presso il Museo civico di Palazzo della Penna) dal 5 aprile fino al 30 giugno, sono state esposte le prime 5 pagine di una vostra graphic novel 2019 molto bella (RAIN) dedicata a un’alluvione avvenuta nel 2015 nello Yorkshire.
Con questo lavoro, tu e Mary, a mio avviso, vi siete rimessi in gioco per l’ennesima volta, reimpostando il vostro modo di raccontare (sia nel testo che nel disegno) al servizio della storia.
Rain è, infatti, un libro in formato orizzontale anziché verticale, con una lettura e un’impaginazione (per impaginazione intendo la suddivisione della pagina in riquadri) che costringe il lettore a seguire la storia con un ritmo diverso rispetto alle altre vostre opere.
Mario: Potete parlarci un po’ di Rain e della scelta del formato orizzontale e dei pannelli non incorniciati?
Bryan: Nell’ambito della ricerca, abbiamo visitato più volte Hebden Bridge, la cittadina dello Yorkshire in cui Mary ha ambientato la storia, fermandoci a dormire, parlando con gli abitanti e passeggiando nella brughiera sopra la città, dove si svolgono molte delle scene. Lassù, il paesaggio è molto uniforme e si estende all’orizzonte in ogni direzione. Il cielo è immenso. Mi sono reso conto che il libro doveva essere in formato orizzontale, piuttosto che verticale, per trasmettere le ampie vedute ed evocare la sensazione di spazio che esiste in quel luogo.
La prima volta che ho usato il formato orizzontale è stato con la mia graphic novel Metronome. Ho dovuto abituarmi al modo in cui funziona la griglia e al modo in cui sono impostate le tavole. È un modo diverso di disporre le sequenze di eventi, quindi le linee compositive che sottendono ogni pagina e che conducono l’occhio da una tavola all’altra sono diverse da quelle di un formato verticale.
Mario: A parte la realizzazione della graphic novel, come vi confrontate con il cambiamento climatico? E ha cambiato in qualche modo le vostre vite?
Mary: Da molti anni ormai sostengo Friends of the Earth, Greenpeace e la Soil Association – di recente anche Extinction Rebellion – contribuendo sostanzialmente a finanziare tutto il lavoro di associazionismo e di protesta che svolgono per nostro conto. A livello personale, non possiamo fare meno di così. Tuttavia, ho riflettuto molto sulla riduzione delle emissioni di carbonio. È incredibilmente complicato, ma ci sono alcune scelte ovvie di stile di vita e di consumo che fanno la differenza. Andare in giro a piedi, piuttosto che salire in macchina. Se si viaggia all’estero, scegliere il treno, anche se ci vuole più tempo e costa di più. Anche mangiare stagionalmente e localmente è un bene.
Dove viviamo noi, questo è molto difficile da fare, ma evitiamo di mangiare frutta e verdura che sono state trasportate per via aerea dall’altra parte del mondo! Che il cielo ci aiuti, poiché non possiamo continuare ad agire come abbiamo sempre fatto. C’è una mentalità che deve cambiare, in tutti noi, e deve iniziare dal rispetto. Se non riusciamo a uscire dal rapporto cieco e parassitario che abbiamo con il nostro pianeta, non riusciremo a sopravvivere come specie. Il titolo provvisorio di Rain, tra l’altro, era Saving Granddaughters (“Salvare le nipoti”, NdT).
Bryan: Ero già in sintonia con ciò di cui parlava Mary. Tuttavia, mi ha fatto pensare al suolo in modo diverso! In una sequenza di tre pagine, Mary mi ha chiesto di disegnare quanta più vita possibile in un pezzo di suolo, dalle microscopiche amebe fino ai piccoli mammiferi. È un intero ecosistema.
Torniamo a parlare di Bryan.
Il tuo lavoro sul terzo libro di Luther Arkwright, da quello che ho visto sul web e da quello che mi hai mostrato sull’iPad, è straordinario. La storia è ambientata 51 anni dopo gli eventi di Cuore dell’Impero (secondo volume della saga, NdR) e si svolge su diversi mondi paralleli, anche se Arkwright, essendo un homo novus, non sembra invecchiato di un giorno.
Mario per Bryan: dopo tanti anni, cosa ti ha spinto a scrivere e disegnare di nuovo Luther Arkwright?
Bryan: Il primo libro è stato scritto e disegnato sullo sfondo dell’ascesa dell’estrema destra nel Regno Unito, con l’ascesa al potere della Thatcher e il Fronte Nazionale fascista che marciava apertamente per le strade, cosa che ha influenzato direttamente la storia e che in seguito ha influenzato anche V for Vendetta di Alan Moore e David Lloyd. All’epoca, avevo realizzato delle illustrazioni per la sezione locale della Lega antinazista. L’atteggiamento antiautoritario è tornato nella seconda storia, Heart of Empire, questa volta in chiave antimperialista, a causa dell’atteggiamento militare americano in Medio Oriente, con la minaccia di bombardare l’Iraq e così via.
Negli ultimi dieci anni l’estrema destra è tornata a crescere in molti Paesi del mondo. Ho ritenuto che fosse giunto il momento di criticarla nuovamente e, essendo un narratore, ho utilizzato l’unico mezzo che ho, scrivendo un nuovo libro e una storia di Arkwright mi è sembrata un modo appropriato per farlo. L’ho usata anche per promuovere gli ideali socialisti, come ad esempio sottolineare il fatto ovvio che è molto più giusto e sensato che le compagnie elettriche e di trasporto siano di proprietà dello Stato, in modo che i profitti vadano a renderle più economiche invece di essere riversati nelle tasche dei ricchi azionisti.
Mario per Bryan: Qual è il pubblico che attualmente legge Arkwright e comprende appieno il messaggio antifascista della tua storia?
Bryan: Non ho idea di chi sia il pubblico, a parte le persone che amano i fumetti di fantascienza per adulti. Il pubblico che ho in mente è me stesso. Scrivo storie che mi piacerebbe leggere. Le persone che leggono e apprezzano abitualmente le mie storie sicuramente capiscono e apprezzano i temi dei miei libri. È per questo che continuano a leggerli.
Domanda di Damiano Gallinaro: Per quanto riguarda l’ultimo complesso lavoro su L.A., sono rimasto come sempre stupito dai disegni che raccontano la storia. Ancora una volta si viene trasportati in un mondo dove nulla è lasciato al caso.
In un’intervista di qualche tempo fa hai detto che non esiste un modo standard di disegnare un personaggio o un mondo, perché dipende anche da ciò che si vuole raccontare.
Damiano: È chiaro che i disegni di Cuore dell’Impero sono in qualche modo più “immediati”, mentre mi sembra che in ‘Leggenda’ ci sia un ritorno al primo Luther Arkwiright.
Bryan: È vero. Volevo tornare all’atmosfera dell’originale, con un’arte in bianco e nero e l’uso del tratteggio incrociato per rappresentare luci, ombre e texture. Questo conferisce all’opera un’atmosfera grintosa e materica che mi sembrava adatta alla storia, ambientata per la maggior parte in un flusso temporale che è tornato a un livello medievale a causa di una disastrosa pestilenza avvenuta un centinaio di anni prima, e per la maggior parte del resto in un flusso temporale post-Brexit, ambientato in una Gran Bretagna che soffre sotto un regime totalitario gestito esclusivamente a beneficio delle grandi imprese. Che è dove siamo diretti.
Damiano: Con riferimento anche ai lavori che hai realizzato insieme a Mary, puoi dirci quali sono le difficoltà, le sfide, nel realizzare creazioni grafiche sempre diverse?
Bryan: Lascio sempre che sia la storia a dettare lo stile con cui la racconto. Lo stile di disegno fa parte della narrazione e di solito è ovvio per me quale modo di disegnare si adatta all’atmosfera e al tema della storia. Non la trovo una sfida. Dopo aver lavorato a un libro per un anno o due, sono molto felice di disegnare qualcosa con uno stile diverso. Non vorrei lavorare sempre nello stesso modo. Diventerebbe monotono.
Negli ultimi 7 anni avete pubblicato molti fumetti interessanti e alcuni sono stati pubblicati in Italia.
Torniamo un po’ indietro nel tempo, esattamente al 2016, per parlane di qualcuno di questi fumetti.
Celebrando l’impulso utopico nella letteratura e nella politica del XIX secolo e le origini della fantascienza, “La Vergine Rossa e la visione dell’utopia” è la terza collaborazione dell’autrice di bestseller e graphic novel Mary M. Talbot con il marito, il pioniere del graphic novel, Bryan Talbot.
Sullo sfondo della violenza e della repressione di Stato in un periodo turbolento della storia francese, ‘La Vergine Rossa e la Visione dell’Utopia‘ racconta la vita incredibile e scandalosa di Louise Michel, la femminista rivoluzionaria soprannominata “La Vergine Rossa di Montmartre”. Louise era una donna straordinaria, ma poco conosciuta nel mondo anglosassone.
Sognatrice utopica, nota anarchica, insegnante, oratrice e poetessa, era in anticipo di decenni sui tempi. Sempre radicale, si batté sulle barricate per difendere la breve Comune di Parigi del 1871 contro il regime reazionario che massacrò migliaia di cittadini francesi dopo la sconfitta della Comune. Deportata in una colonia penale dall’altra parte della Terra, sposò la causa della popolazione indigena contro l’oppressione coloniale francese.
Domande di Cesare e Mario
Cesare: Alcuni spunti di riflessione dopo aver letto i capitoli finali di Grandville e la graphic novel “The Red Virgin and the Vision of Utopia“.
Un tema forte del libro è quello dell’utopia. È una scelta in controtendenza. Ormai, dopo la fine dei socialismi reali, dopo la scoperta di come in realtà fossero spesso dei regimi (vedi la Romania), dopo le prime distopie e il loro successo letterario, quasi nessuno osa più glorificare o anche solo analizzare le utopie, sono state demolite di per sé, nella loro essenza. Sono finite nell’oblio, possiamo dire.
Perché questa scelta allora? Una mera rappresentazione di un periodo dimenticato che valeva la pena ricordare, ma senza che tu ne condivida gli ideali esposti? Un tentativo di ricordare che le utopie possono anche non aver funzionato, ma portavano con sé, insieme all’ideologia, idee da non buttare via e, anzi, forse una forza vitale che oggi manca nella politica?
Un tentativo di pensare a nuove utopie, che superino i problemi intrinseci di quelle vecchie, e che diano linfa al dibattito politico, oggi superato dall’apatia postdistopica e post-ideologica?
Mary: Tutte queste cose insieme? Abbiamo bisogno di un pensiero utopico; lo abbiamo sempre avuto e sempre lo avremo. Abbiamo bisogno di credere che il mondo possa essere migliore. Senza di questo ci dispereremmo, non è vero?
Io e Bryan siamo cresciuti in Inghilterra negli anni ’50 e ’60, in una società che, col senno di poi, sembra una sorta di utopia socialista. Istruzione gratuita, assistenza sanitaria gratuita, case popolari a prezzi accessibili, ecc. ecc. No, non era affatto perfetta e, ovviamente, all’epoca la davamo per scontata.
Sono ormai più di 40 anni che assistiamo al graduale smantellamento dello stato sociale britannico del dopoguerra (da quando la Thatcher è salita al potere). Le persone che lo hanno creato sono state profondamente influenzate da generazioni di pensatori utopici. Durante le mie ricerche su Sally Heathcote, Suffragette, ero affascinata dai riformatori sociali del XIX secolo, dalla loro apparentemente instancabile volontà di migliorare le condizioni sociali, in particolare di donne e bambini. Ho visto questo stesso impulso in Louise Michel, la “Vergine Rossa”. Credeva seriamente nel “perfezionamento del futuro”, era la sua missione.
Un’altra scelta inattuale è quella di rappresentare un periodo storico ormai quasi represso e scomodo, ovvero quello della Seconda Comune di Parigi. C’è stato un nobile precedente, ovvero L’urlo del popolo di Tardi, che, ovviamente, arriva a esiti narrativi diversi e con uno stile diverso, ma lo cito come ulteriore eccezione.
Cesare: Anche qui, perché questa scelta? Mera rappresentazione di un periodo dimenticato? O c’è un messaggio che vuoi recuperare per i lettori presenti e futuri?
Mary: La Comune di Parigi del 1871 è stata un momento fondante per la Repubblica francese ma allo stesso tempo è fonte di imbarazzo, a causa della guerra civile finita in un massacro. È un periodo storico affascinante di cui sapevo molto poco prima di iniziare a leggere di Louise Michel. Poiché ho trovato lei e ciò che ha vissuto così interessanti, speravo che lo sarebbero stati anche i lettori. Come nel caso di Sally Heathcote, Suffragette, mi sono concentrata su una persona politicizzata che si è impegnata nella lotta per ciò in cui credeva, il che è sicuramente rilevante per noi oggi. Dovremmo cercare di trarre forza dalla storia, non di dimenticarla.
Interviene MARIO
Ho provato a leggere il libro ‘Red Virgin’ nella versione inglese e anche se non sono riuscito a capire tutti i passaggi, (sia per la mia conoscenza limitata della lingua, oltre che di un momento storico che non conosco a fondo), ci sono alcune “immagini” che mi sono rimaste impresse nella mente.
Ancora una volta c’è una donna come protagonista degli eventi, come già accaduto in Dotter e in Suffragette, e oggi in Armed with Mandness.
Red Virgin inizia con il funerale di Louise Michel (1905) e poi racconta tutta la storia, le lotte a Parigi, in Nuova Caledonia e poi il ritorno a Londra, fino al funerale a Parigi, similmente a come Orson Welles ha fatto con Citizen Kane.
Bryan: Non credo che Citizen Kane inizi con il suo funerale. Però inizia con il suo ultimo respiro!
Dal 2012 racconti storie di donne di grande personalità e coraggio, Mary, in contesti storici prettamente maschili e maschilisti; a che punto siamo? Con la tua creatività, quali altri meravigliosi personaggi femminili vorresti farci conoscere?
Mary: Come accademica, scrivevo e insegnavo prevalentemente su questioni di genere e linguaggio, media e potere. Da quando sono andata in pensione, ho esplorato i miei interessi in modi nuovi, ma sono ancora preoccupata a causa delle stesse ragioni.
Con Rain le cose sono cambiate un po’, ovviamente: si tratta di questioni ambientali, ma anche queste sono sempre state una mia grande preoccupazione. Sono sempre alla ricerca di donne interessanti di cui scrivere, ma dovrete aspettare per scoprire la prossima.
In Red Virgin, dal punto di vista grafico: la sequenza da pagina 53 a pagina 67 con le barricate e il massacro di tanti cittadini è straziante e i disegni di Bryan sono fenomenali; il libro ha delle pagine meravigliose e di grande impatto emotivo.
per Bryan: negli ultimi anni hai stupito i lettori con la tua capacità di cambiare stile, di trovare nuove soluzioni cromatiche, con un’impaginazione delle tavole molto dinamica, che va oltre la rigida griglia rettangolare di 7, 8 e 9 vignette, e infine riesci ad adattarti in modo incredibile alle storie; si tratta di una seconda giovinezza artistica o della maturità del maestro con 50 anni di carriera?
Bryan: Non sono così vecchio! Ne ho più o meno 47! Trovo che evolvere, piuttosto che ristagnare, mi impedisca di annoiarmi. Anzi, è proprio il contrario: mi entusiasma per quello che sperimenterò in seguito. Mi permette di mantenere la freschezza.
Interviene CESARE con alcune domande
Torniamo a Grandville, un’opera molto corposa composta da 5 volumi.
Hai scelto di usare gli animali per rappresentare i protagonisti della tua opera Grandville. Lo scopo era quello di mettere in risalto i personaggi o altro?
Bryan: Per cominciare, non avevo mai fatto fumetti antropomorfi prima d’allora
A ispirarmi è stato un libro sull’artista francese di inizio Ottocento Jean Ignace Isidore Gérard. Faceva vignette di personaggi antropomorfi che satireggiavano i costumi sociali e le mode dell’epoca, gli atteggiamenti. Il suo nome d’arte era J.J. Grandville. Avevo questo libro dagli anni Settanta.
Sfogliandolo nel 2007, mi è venuto in mente che Grandville potrebbe essere il soprannome di Parigi in un mondo in cui è la città più grande del mondo, un mondo dominato dalla Francia. La prima storia mi è venuta in mente in un lampo, completamente formata, e proveniva da JJ Grandville. Ecco perché è antropomorfa. Non avevo mai fatto un fumetto antropomorfo prima, quindi, è stata una sfida.
Ma hai ragione – usare gli animali come personaggi è un’ottima forma di stenografia visiva. Si può trasmettere rapidamente la personalità di un personaggio scegliendo l’animale che lo rappresenta più da vicino o, almeno, che sembra tale.
C.: Curiosamente, un’altra opera poco conosciuta in tutto il mondo, con protagonista uno Sherlock Holmes (nel tuo caso non proprio una SH, ma c’è una chiara ispirazione), creata da Miyazaki e prodotta dalla TV di Stato italiana, la RAI, ha i protagonisti rappresentati con fattezze animali.
Cesare: Coincidenza o necessità comuni, forse?
Intendi Sherlock Hound (in italiano “Il fiuto di Sherlock Holmes”, NdT)? Ne ho sentito parlare ma non l’ho mai visto. Devo recuperarlo in dvd.
Siamo in un’epoca di revival dell’età vittoriana e dello steampunk, al punto che oggi si parla di steampunk, erroneamente, anche quando mancano le caratteristiche principali. Nel tuo caso, non è la prima volta che racconti all’interno di questo genere, anche se al di fuori di vari schemi. Lo ha già fatto con Teknophage, con Luther Arkwright e il suo seguito, Il cuore dell’impero.
Cesare Si tratta per te di una scelta puramente stilistica o funziona per veicolare messaggi come, nel caso di Grandville (ma anche di Teknophage), evidenziare le caratteristiche delle rivoluzioni tecnologiche e le trasformazioni della società che ne conseguono?
Bryan: Come ho detto, il concetto è arrivato quasi completamente formato. Non appena ho pensato a una Parigi alternativa e l’ho ambientata nella Belle Epoch, non potevo non pensare allo steampunk. Ero un adolescente alla fine degli anni Sessanta in Gran Bretagna, quando l’epoca vittoriana era di moda. Ero già appassionato di Sherlock Holmes da quando avevo tredici anni e, essendo appassionato di horror, avevo letto i classici come Frankenstein e Dracula e adoravo i film della Hammer, molti dei quali erano ambientati nel XIX secolo, ma all’improvviso, alla fine degli anni Sessanta, questo periodo divenne di moda. Venivano proiettati film come The Charge of the Light Brigade (in italiano “I seicento di Balaklava”, NdT) and The Wrong Box (in italiano “La cassa sbagliata”, NdT).
Le uniformi militari vittoriane erano di moda e venivano indossate dai Beatles, da Jimi Hendrix e da Mick Jagger, e gran parte del design psichedelico dell’epoca faceva riferimento alle decorazioni vittoriane. Canzoni come “I was Lord Kitchener’s Valet” (dal nome di una boutique di Portobello Road) e “The Equestrian Statue” erano in classifica. Mi piaceva molto la serie televisiva Adam Adamant, che raccontava di un avventuriero vittoriano, congelato da un avversario e riportato in vita nella swinging London degli anni Sessanta – una sorta di precursore di Austin Powers – e c’è sempre stato un tocco di questo genere in Doctor Who, che ho seguito fin dal primo episodio.
Quindi la risposta è fondamentalmente che penso che sia bello. È anche molto più interessante dal punto di vista visivo: per esempio, se si paragona un enorme treno a vapore, che sputa fuoco, con le nostre moderne scatole su ruote, non c’è gara per quale sia l’aspetto più sorprendente, e la moda moderna appare scialba rispetto al costume vittoriano.
Mario – mi inserisco nelle ultime domande di Cesare
Nel 2017 hai concluso la serie di Grandville con un volume spettacolare, sia per il numero di pagine (160, a colori) che per il ritmo narrativo (molto Bondiano); una spystory avvincente con molti personaggi, e con un ispettore LeBrock addirittura ricercato e latitante, per buona parte della storia.
Mario: Domanda vagamente politica: Quale Inghilterra hai voluto rappresentare nei cinque volumi di Grandville, pubblicati nell’arco di 8 anni (tra il 2009 e il 2017)?
Bryan: Ovviamente rappresenta i giorni nostri. Ci sono capitalisti incredibilmente ricchi, serial killer e tossicodipendenza. C’è il razzismo, sotto forma di sottoproletariato umano represso, le marce di protesta per l’uguaglianza dei diritti, il terrorismo e l’ascesa del fascismo, tutti elementi che, purtroppo, sono uno specchio dei tempi.
Domanda per entrambi
Sia la saga di Grandville che Suffragette e Red Virgin sono graphic novel “politici”, nel senso più ampio del termine, che fondano la loro narrazione sulla storia (anche Grandville lo è, sebbene sia un romanzo steampunk).
Mario: Non avendo un termine di paragone qui in Italia, dove finora sono stati pubblicati solo i primi due volumi di Grandville, com’è stata la risposta del pubblico e della critica inglese al Vostro modo di rappresentare la politica nei vostri ultimi libri?
La risposta è stata complessivamente molto positiva. Argomenti seri resi accessibili – la gente lo apprezza molto. Ricordo che un recensore in particolare – uno studioso che scriveva di Red Virgin sul Times Higher Educational – ha riconosciuto e apprezzato la bellezza della componente visiva della narrazione e l’impatto emotivo che essa produce.
Il terzo volume della serie Grandville di Bryan è appena uscito in Francia e sta ricevendo recensioni entusiastiche, sempre incentrate sugli elementi politici.
Domanda di Damiano Gallinaro: Leggendo alcune delle vostre opere, in particolare Rain, Grandville e Alice in Sunderland, emerge con forza l’importanza dei luoghi in cui vivete o che visitate.
Qual è il vostro legame con Sunderland, lo Yorkshire, il Lancashire o, per esempio, il Lake District? Ci sono altri luoghi che avete preso a modello per altre storie e a cui siete legati?
Domanda di Cesare:
Ho appena finito di leggere la vostra opera su questa straordinaria artista, purtroppo molto poco conosciuta rispetto ai suoi colleghi surrealisti maschi. L’ho scoperta solo qualche anno fa, grazie a una splendida mostra alla Tate di Liverpool, ed è stata una magnifica rivelazione. Innanzitutto, quindi, complimenti per il vostro lavoro di divulgazione. Ma la vostra opera non è paragonabile ad altre biografie di artisti figurativi che di solito sono più esplicative e affiancano vita e opere. Nel vostro caso, le opere non sono mai o quasi mai rappresentate così come sono, ma diventano, modificate e trasfigurate, parte integrante della narrazione.
Cesare: Puoi raccontarci qualcosa di questo processo e, in generale, dell’esperienza di confrontarsi con un artista figurativo?
Bryan: Le opere di Leonora sono ancora protette da copyright, quindi non avremmo potuto riprodurle senza attirare l’ira della proprietà Carrington sulle nostre teste. Quando appaiono i suoi dipinti, sono opere in corso d’opera semilavorate o disegnate in modo vago, a distanza o con un’angolazione laterale estrema. Per tutte le immagini surreali della storia, ho dovuto disegnare cose ispirate al suo lavoro, piuttosto che copiarlo, usando il suo stile, piuttosto che usare i suoi veri quadri.
Mary: Viviamo a Sunderland, siamo cresciuti nel Lancashire e abbiamo amici e parenti nello Yorkshire. Il Lake District è stato la nostra meta di vacanza per tutta la vita.
E chiudiamo questa lunga chiacchierata, visto che ci sono molti dei vostri lettori che vi seguono leggendo i vostri libri anche in inglese, chiedendovi:
domanda collettiva: Potete presentarci il vostro nuovo lavoro: Armed with Madness, la storia della surrealista Leonora Carrington?
Bryan e Mary: Armed with Madness: the surreal Leonora Carrington è una biografia grafica di una grande surrealista, il cui talento è stato messo da parte nel corso degli anni a favore delle sue controparti maschili. Il libro racconta la sua vita straordinaria, la rinuncia alla sua educazione privilegiata in favore del circolo surrealista di Parigi, la fuga disperata dall’avanzata nazista, la discesa nella follia e infine l’emergere di una nuova vita creativa in Messico.
Ulteriori dettagli e alcune recensioni sono disponibili nel link indicato di seguito: https://www.mary-talbot.co.uk/armed-with-madness-the-surreal-leonora-carrington/ (nelle prossime settimane ci sarà anche un recensione di Damiano su questo volume, NdR)
Ringraziamo Mary e Bryan, che sappiamo essere molto impegnati in vista del lancio della nuova graphic novel in uscita questo mese: “Armed with Madness, the story of surrealist Leonora Carrington”, edito da Self-Made Hero (avvenuto nei mesi scorsi) e anche per alcune presentazioni all’estero, forse anche in Italia, in autunno. saranno infatti a Lucca Comics&Games nei primi giorni di novembre.
Biografie degli Autori/BIOGRAPHY
Per leggere l’intera biografia di Bryan Talbot cliccare QUI
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BIOGRAFIA/BIOGRAPHY
Cesare Giombetti
Laureato a Cagliari nel 2006 in Lingue e Culture europee ed extraeuropee con una tesi sul tema della diversità del supereroe nel fumetto statunitense. È stato responsabile editoriale Green Comm Services. Si occupa da anni di traduzione dall’inglese e diffusione del fumetto statunitense in Italia. Ha tradotto Bloody Mary di Ennis (2008), L’ira dello spettro di Fleisher (2008), JSA Classic 5 di Thomas (2009) per la Planeta DeAgostini, tradotto e curato le pubblicazioni Archivi del fumetto 1-2-3 (Daniele Tomasi Editore) e co-tradotto Cruel and unusual di J. Delano (2012, Green Comm Services).
Si è occupato inoltre della cura editoriale di 2020 Visions di Delano (2011, Green Comm Services). Ha curato la rubrica “Seriali sul serio”, sull’uso del seriale come strumento narrativo, per la rivista Continua… (2010/11, Daniele Tomasi Editore). È stato ideatore e organizzatore della rassegna di incontri con autori e operatori del fumetto Crêpes Dessinées, che si è tenuta a Cagliari fino al 2011 raggiungendo le 5 edizioni annuali. Attualmente, nel poco tempo libero a disposizione tra un cambio pannolino e l’altro (non perché nel frattempo sia invecchiato così tanto da diventare incontinente) scrive qualche breve saggio sul fumetto per Fumettomania, per European Comics Journal, traduce libri, London Macabre di Savile e un libro di ricette e si è anche dato alla scrittura di un radiodramma, Problems , ed all’attività di agente letterario. Per Dana editore sarà infatti pubblicato il primo romanzo di J. Delano.
Damiano Gallinaro Breve biografia
Antropologo è socio e ricercatore per l’Associazione Nazionale Professionale Italiana Antropologi (ANPIA). Nel 1996 si laurea in Giurisprudenza e nel 2004 in Teorie e Pratiche dell’Antropologia. Nel 2011, dopo un percorso di ricerca di tre anni ottiene un PhD in Etnologia e Etnoantropologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Da sempre appassionato di fumetti ha collaborato alla rivista Glamazonia e nelle sue pause dal lavoro di ricerca antropologica si diletta nello scrivere storie che spera un giorno possano diventare fumetti. E’ sempre più convinto che da grandi poteri nascano grandi responsabilità.
Sotto trovate il link per accedere la suo nuovo sito
https://www.damianogallinaro.it/
Classe 1967, è laureato in Architettura, ed è un tecnico freelance.
Lettore e collezionista di fumetti, nel 1990 crea Fumettomania, una fanzine cartacea di approfondimenti, recensioni, interviste e fumetti di giovani autori, che pubblicherà fino al 2008, con distribuzione nazionale.
Nel 1991, a supporto della fanzine creò a Barcellona Pozzo di Gotto (provincia di Messina, in Sicilia) , insieme ad altri 2 amici, l’Associazione Culturale “Laboratorio Giovani Esordienti”, più semplicemente chiamata Fumettomania. Dal 1990 ad oggi ha conosciuto circa 240 tra autori professionisti ed esordienti, ed ha partecipato ad oltre 40 Convention italiane: Salone del Fumetto di Lucca, Expo Cartoon di Roma, Nuvole a Cremona, a Palermo Comic convention, a Messina, a Napoli Comicon, ad Etnacomics, al Dragon Fest di Milazzo, al Corolla Games&Comics (di quest’ultimo è responsabile dell’area artisti), etc.
E’ appassionato anche di musica, di film di fantascienza e di animazione.
Dal 2002 è il curatore del sito di Fumettomania oggi web magazine “La Mediateca di Fumettomania” all’url: www.fumettomaniafactory.net e collabora aperiodicamente con altri siti nazionali di critica fumettistica. Dal 2016 è anche il curatore anche del sito di archivio di Glamazonia.it
Dal 12 settembre 2012 ha riorganizzato l’ass. culturale Fumettomania Factory, con nuovi soci, un nuovo statuto e nuovi progetti.
Insieme a Marco Grasso (responsabile e curatore delle Mostre ad Etnacomics) nel triennio 2013-2015 è stato l’organizzatore dell’iniziativa culturale-umanitaria “Sulla stessa barca” con la raccolta fondi per il progetto di Ai.Bi. a favore dei MISNA che sbarcano a Lampedusa, grazie all’allestimento di 14 mostre espositive in 18 mesi.
Dal 2010 è ideatore e promotore, per conto di Fumettomania, del progetto didattico-culturale “LEGGENDO UN FUMETTO”, un progetto di lettura, approfondimento ed incontro con l’autore, per gli Istituti Scolastici Comprensivi di Barcellona P.G., che punta molto sulla combinazione di tematiche sociali (legalità, lotta alla mafia, migranti, Shoah e fumetti, Epica e coraggio nello Sport), di sperimentazioni (le fiabe illustrate, super eroi con superproblemi, 70 anni di super eroi Marvel,) e di autori di fumetti di origine siciliana, tra cui Lelio Bonaccorso, Marco Rizzo, Marco Failla, Anna Leotta, Antonio Recupero ed altri.
Il 18 febbraio 2017, è stato intervistato dalla giornalista Cristina Saja, del sito 24live.it, nell’ambito del progetto “impronta d’Autore”, a cura del Museo Epicentro di La Gala, Barcellona P.G.
Attualmente è promotore e portavoce di un nuovo progetto culturale per l’intero comprensorio barcellonese: una struttura dedicata allo studio, alla lettura e ad attività laboratoriali legati al Fumetto, da realizzarsi a Barcellona P.G.