Con i testi che pubblichiamo oggi raggiungiamo il n.3 della pro-zine Fumettomania che fu pubblicato a fine novembre del 1991, alcune settimane dopo che eravamo stati al Salone del Fumetto di Lucca!
Sono quasi trent’anni da quel numero e 30 dalla nascita dell’associazione che FESTEGGEREMO proprio il MESE PROSSIMO seppure in ritardo, con una SUPER MEGA MOSTRA nella nostra città, la prima dopo 2 anni e mezzo molto tormentati!
In attesa della mostra prosegue la nostra festa virtuale con dei nuovi testi estratti dal n. 3 di Fumettomania dalla rubrica Obiettivo su … Fumetti italiani, con un pizzico di manga e di fumetti USA (pubblicati sempre in Italia), insieme a nuovi ricordi legati al Salone di Lucca del 1991.
Questi articoli seppure lontani nel tempo, conservano una bellezza propria, che non è solo amarcord, e riescono ad essere anche attuali per alcuni aspetti.
Ringrazio il caro amico e socio Domenico Alesci che ha trascritto i testi odierni della rivista cartacea.
Mario Benenati, responsabile del Web Magazine Fumettomania.
Nota bene: II festeggiamenti per l’anniversario dei trent’anni dell’associazione Fumettomania Factory sono in corso! Il prossimo appuntamento è per il 13 settembre con altre testimonianze di amici ed ex collaboratori.
Fumettomania da 0 a 30, Trent’anni straordinari!
Com’era il Salone del Fumetto di Lucca – anno 1991-92, prima parte
Un anno di interviste!
Nella puntata precedente ho scritto del momento in cui ho conosciuto e stretto amicizia con il grande Autore inglese John Bolton a novembre del 1990.
L’anno successivo ad aprile pubblicammo l’intervista John sul n.2 di fumettomania (quella parzialmente pubblicata su Hellraiser) e a giugno del 1991 l’Autore inglese ci stupì con l’invio della stampa, l’unica che lui abbia fatto di una illustrazione dedicata alla guerra chimica (eravamo alcuni mesi dopo l’operazione “Desert Storm”, degli USA, NdR), e ci scrisse che era per la nostra nuova copertina quella appunto del n.3.
Il minimo era ricambiarlo con una vera intervista che fu realizzata dall’infaticabile Roberto Irace che, quell’anno, frequentò parecchi eventi fumettistici e realizzò 13 interviste alcune delle quali all’edizione primaverile di Lucca
Per questo motivo intitolammo “Un Anno di interviste”, il lungo spazio redazionale di quel n.3.
Mario Benenati
continua, la prossima settimana
Nel numero 3 di Fumettomania ci furono dei cambiamenti nella pro-zine (chiamarla fanzine era riduttivo), i redazionali dei fumetti italiani, manga ed USA furono ampliati, la bande dessinèe ebbe uno spazio autonomo così come le numerose interviste, la maggior parte delle quali realizzate da Roberto Irace.
Infine all’autore della copertina veniva dedicato uno spazio iniziale. Senza dimenticare che la copertina di quel numero fu di un maestro inglese dell’illustrazione del fumetto, che risponde al nome di John Bolton. I giovani esordienti traslocarono in un inserto formato A5 , spillato insieme alla rivista.
OBIETTIVO SU …
Recensioni su alcuni fumetti ITALIANI , su qualche manga e su produzione USA pubblicati in Italia, del 1991
di Giovanni Luisi, Salvatore Bucca, Maurizio Pustianaz e Massimo Schenatti,
(SETTEMBRE- NOVEMBRE 1991)
SOGNI DI CARTA
“Sogni di Carta” è stata, dal 17 dicembre ’90 al 14 Gennaio del ’91, una mostra sul fumetto gestita dalla COOP. PAIDEA col Teatro Vittorio Emanuele e svoltasi a Messina. L’allestimento è stato ben progettato nei locali del Teatro. Dal semplice lettore alle festanti scolaresche, tutti sono stati coinvolti dalla freschezza e dalla piacevole visione di questa mostra.
Il 5 e 6 gennaio si è svolta pure uno spazio mercato con apprezzabili presenze: una serie di librerie dell’usato del centro sud, qualche editore: Star Comics e Nerbini, le fanzine YAMATO e FUMETTOMANIA.
Si è pure svolta una tavola rotonda sul tema “RINASCIMENTO DEL FUMETTO”, gli interventi di: M. M. Lupoi, di Picchieri (Nerbini), di F. Ferrario (Yamato) di Vincenzo Tripodo (promotore e organizzatore della mostra) e Mario Benenati (curatore di FM).
E’ stata una bella festa. Ripetiamola più spesso. Se siete interessati c’è un catalogo della mostra da richiedere a Coop. Paidea, via della Munizione 3, 98100 Messina.
TEX E’ VIVO, VIVA TEX
DI GIOVANNI LUISI
Una delle critiche che ho sentito rivolgere più spesso nei confronti di Tex è che le sue storie si possono ricondurre alla fine a 5 canovacci principali: indiani buoni contro bianchi cattivi (o viceversa, ma sempre più raramente), lotte contro bande organizzate (Ku Klux Klan, Mano Rossa,…) o razze perdute (Thugs, Vichinghi, Aztechi,…), passato dell’ eroe, caccia al super-villain (Proteus, Yama, … ), pistole contro magia (Mephisto, Zenda), congiure contro amici di Tex.
Tutto ciò probabilmente è vero, ma lo è pure per qualsiasi altra serie, statunitensi comprese. E’ impossibile per serie fiume non ritornare su determinate sezioni, l’importante è che cambi il modo con cui vengono affrontate. Questo risultato è stato pienamente raggiunto da Claudio Nizzi.
Con il boom di Dylan Dog e dell’horror in generale, con il prepotente ritorno dei supereroi e del fantascientifico (?) Nathan Never, mi sembra che sia passato ingiustamente inosservato il salto di qualità che questo autore ha saputo imprimere alle storie del nostro ranger nazionale, da anni ormai cadute di livello.
Nizzi ha saputo rinnovare il personaggio senza bisogno di stravolgerlo, dando alle storie una verve pari a quella dei tempi migliori.
Ma ha fatto di più: ha reso Tex più umano. Da quanto tempo Tex non incassava dei pugni (come succede nel n.351) o non cadeva in una trappola, ignorando i saggi consigli di Carson (n.354, dove viene oltretutto borseggiato da un cinese)?
Da quanto tempo Tex non si appassionava più alle situazioni che viveva e non prendeva in giro Carson? Ma Nizzi ha saputo andare oltre con una delle più belle storie di Tex in assoluto, quella che si dipana per i numeri 359-362, sui Sioux.
Alla fine dell’avventura, nonostante sia vincitore, Tex è costretto ad ammettere, davanti alle dichiarazioni dell’amico generale Davis, che gli indiani hanno i giorni contati, anche se lo fa in modo non lapalissiano e ribadendo che continuerà a lottare fino alla fine per i suoi amici. Tex che ammette una sconfitta del genere????
Incredibile!
Nizzi ha fatto, di quello che ultimamente si era trasformato in uno schiacciasassi vivente, un eroe tout-court, che non è invincibile e che quindi è più simpatico e credibile, più uomo che super-uomo.
Ha rarefatto la presenza dell’ingombrante figlio del nostro eroe, suo inutile doppione, rendendosi conto che il protagonista della serie è proprio Tex e che su di lui si deve incentrare tutta l’attenzione, mediato solo dall’indispensabile spalla (che tutti gli eroi bonelliani immancabilmente hanno), ovvero il simpatico e umanissimo Kit Carson.
Anche quest’ultimo non è rimasto immune dal cambiamento, vivacizzando le discussioni con il pard (che finalmente non sono più discussioni fiume riprese da mille angolazioni diverse); parla di donne, ironizza e sa ironizzare sulla sua età, riporta coi piedi per terra l’elogiatissimo pard, etc etc.
Senza dubbio Nizzi sta facendo un ottimo lavoro, anche grazie al formidabile parco dì disegnatori a sua disposizione, sicuramente il migliore della casa editrice (Villa, Ticci, Galeppini, Civitelli, Fusco e Letteri i miei preferiti); tutto fa pensare e sperare che il buon Nizzi mantenga questo standard, visti anche la sua esperienza e abilità: già amavo il suo Larry Yuma, penso che finirò per adorare il suo Tex.
Concludo con una considerazione e un omaggio a Michele Medda per la sua toccante storia “Un ranger a New York“, senz’altro una delle più belle storie della serie di Nick Rider e chiaro tributo a Tex Willer (nonché a John Wayne).
Certo la storia non ha la portata dì un “Dark Knight”, ma ci fa riflettere su come ormai il modo di pensare e di agire di Tex, i suoi ideali, siano ahinoi superati nella società odierna. Tex affronta una sorta di suo alter ego, Nick Rider, diverso ma in un certo modo simile: Nick è come lui sarebbe stato se invece di essere nato nel ’48 fosse nato oggi.
Medda ci fa quasi capire che il tempo dei cowboy, e forse dì Tex, è finito. Io Spero di no, ma quanti, fra i lettori di Tex, hanno meno di vent’anni?
Tex è superato come personaggio e io gli sono troppo affezionato per accorgermene?
C’è spazio per lui in un panorama fumettistico congestionato da eroi, sotto molti punti di vista di maggior presa sul pubblico giovanile?
Vi chiederete voi, ma come, dopo tutta la manfrina che ci hai rifilato ora vieni fuori con questi discorsi pessimistici? Ebbene si, ho paura che nonostante i gran lavoro compiuto da Nizzi, il gruppone dei lettori di Tex sia destinato ad assottigliarsi col passare del tempo, vuoi perché il western non tira più, vuoi perché Tex non si porta a letto una ragazza in ogni numero, non ha problemi esistenziali come Poter Parker e non ha possibilità di cross-over con i suoi più recenti cugini della Bonelli.
In definitiva ho come l’impressione che il nostro buon Tex non sia più “in” (e il suo primato di vendite è già insidiato dal Dog nazionale); tocchiamoci le zone mistiche e speriamo che la mia sia una “gufata” infondata. Come ho dello all’inizio, per ora Tex è vivo, quindi viva Tex.
IL FUTURO DI NATHAN NEVER: LUCI E OMBRE SUL NUOVO PERSONAGGIO DELLA BONELLI
DI SALVATORE BUCCA.
E’ un rapporto particolare quello che lega Fumettomania con Nathan Never,fatto di scherzi e battute con gli autori della nuova serie BONELLI e di attiva collaborazione (come la copertina del numero scorso, ‘dono’ di Claudio Castellini e la probabile mostra che proprio sul nuovo personaggio dovrebbe tenersi nella città dove la nostra fanzine è nata). Tale rapporto non ci esime dal parlare dei primi numeri di Nathan che stando alle informazioni della casa editrice hanno trovato una calorosa accoglienza, confermando un successo, in parte, annunciato.
Nel momento in cui scriviamo sono usciti otto numeri i quali se non sono molti, sono certamente sufficienti per tracciare un profilo dei modi e delle forme, dei temi in cui N.N. dovrebbe muoversi e accompagnarci nelle nostre escursioni nel futuro, in quell’ipotetico futuribile mondo, conseguenza e specchio del nostro. Infatti Never nasce come personaggio di fantascienza ma al tempo stesso fuori dal tradizionale binomio fumetto-futuro o meglio come tentativo di riportare al fumetto la fantascienza delle tendenze più recenti del cinema (e sono perciò costanti i riferimenti che gli autori riconducono a Blade Runner, Aliens) fino ad un certo punto però si può dire che ciò si sia verificato.
Se far uscire con NN il fumetto di fantascienza dall’alveo classico di mostri spaziali, rapitori di belle ragazze, poi sconfitti dall’eroe di turno, è la premessa, la base di partenza dichiarata dagli autori; se cercare di trasfondere il mondo di B.R., le sue atmosfere, le sue sensazioni, oppure dar vita alla tensione e al microcosmo dell’astronave di Alien sono gli impegni rilevanti che il “trio” assieme ai disegnatori, si è accollato, ciò naturalmente deve fare i conti con le possibilità (poche, molte”) che il fumetto rispetto ad altri generi offre.
Sul fronte dei disegni: permetteteci di essere d’accordo sul fatto che NN sia stato affidato alla valentia di giovani autori rinunciando (quanto volontariamente non si sa) a qualche Firma nota per rimettere il viso, l’espressione, gli ambienti del personaggio e le figure che gli ruotano attorno a nuovi disegnatori che avranno la possibilità di “crescere” con esso; Bonazzi, Casini, Toffanetti, Mari e naturalmente, Castellini, gli autori che fino ad ora si sono cimentati con Nathan hanno convalidato la scelta di partenza.
Sul fronte del soggetto: vengono fuori le prime differenze sul modo di “pensare” NN e quello di proporlo. Medda, Serra e Vigna sono senza dubbio bravi e le storie di Martin Mystère, Dylan Dog e Nick Rider stanno lì a dimostrarlo, ma le premesse iniziali, i presupposti di cui abbiamo parlato prima e sui quali doveva poggiare il mondo di N.N., la sua figura, trasposizione fumettistica della fantasia e degli effetti cinematografici, tentativo di riproporne le emozioni e le spettacolarità solo parzialmente vengono confermate.
Dei tre autori è forse Antonio Serra che riesce meglio nell’intento di realizzare un personaggio vicino ai modelli ispiratori un personaggio del tutto calato nel suo ruolo di eroe-antieroe o di eroe “umano” e in sintonia con i luoghi, il tempo in cui vive. Se i richiami, i ricordi di un mondo che non c’è più, ormai caduto nell’oblio (vedi i libri, i dischi, i “vecchi” film, i fumetti di Martin Mystère che accompagnano la vita di Nathan) nelle storie di Serra riescono a esprimere e a rendere percettibile lo stacco, la distanza con il tempo remoto, con un mondo (il nostro) superato da quello del personaggio, essi, nei soggetti di Medda e Vigna, appaiono più sfumati, meno idonei a rendere chiare quelle sensazioni che dovrebbero fare di Nathan un personaggio di fantascienza, di un futuro “futuribile” e quindi in sintonia con le premesse che ne hanno visto la creazione.
Si ha cioè l’impressione di avere a chef are con un personaggio classico, più vicino quindi ad un Nick Rider che a quelle atmosfere alla Blade Runner, alla Aliens, le quali invece si propongono più nettamente con Serra e le sue storie.
Sia chiaro, NN è un personaggio ben fatto comunque, portatore di idee nuove in casa Bonelli, quasi “discendente” di Martin Mystère e Dylan Dog e queste nostre impressioni potrebbero essere smentite successivamente. Ancora una volta quindi sarà il “futuro” a caratterizzare Nathan Never (e non si tratta di un gioco di parole)
GREY DI YOSHISHISA TAGAMI
VERSIONE ITALIANA: GRANATA PRESS.
DI MAURIZIO PUSTIANAZ
Con questa collana la GRANATA PRESS continua la propria linea editoriale del seguire le orme dell’americana VIZ prima di collaborare direttamente con gli editori giapponesi. Grey è il primo personaggio di YOSHISHISA TAGAMI ad essere stato pubblicato in America, cd il prossimo sarà HOROBI (con un soggetto totalmente diverso da Grey).
Tornando a noi, Grey vive in un mondo spietato ove ci sono due classi sociali: i cittadini e i plebei. I primi per diventare tali a tutti gli effetti devono combattere contro fazioni della resistenza (gruppo che si opponeva alla società così formata, controllata dal computer della città “La grande madre”) ed accumulare così più crediti possibili per poter far parte della città.
Grey era un plebeo che a causa della morte della sua ragazza, avvenuta durante il suo primo scontro come combattente, decide di seguire la stessa strada. Lui, però, come possiamo notare subito, non è come gli altri; è come se fosse incoscientemente consapevole dell’assurdità di tutto citi, e questa sorte di cinismo lo aiuta, dopo solo venti operazioni (di cui in nove delle quali lui è il solo superstite), ad ottenere la classe B.
Dopo un’ennesima azione da cui Grey fa ritorno solo con una ragazza chiamata Nova, i due ripartono di nuovo verso la ricerca di Red, “maestro” e amico di Grey. Rubano un aereo e si ritrovano in un altro settore qui scoprono che Red è stato fatto prigioniero dalla resistenza.
Successivamente i due si recano nei pressi di un antico tempio e qui assistono ad una battaglia fra due opposte fazioni della resistenza rimanendo strabiliati dall’alto grado tecnologico dei “robot” da battaglia che vedono.
Alla fine della battaglia si unisce a loro l’unico superstite della stessa, un certo Lee facente parte della resistenza di Shidara, nata dopo l’annullamento del settore di cui faceva parte. I tre a questo punto decideranno di andare verso la base fluttuante della resistenza di Nagoshi, ma durante un’incursione aerea della stessa, Lee e Nova periranno e Grey si ritrova a doversi nascondersi fra le rovine di una cittadina; qui farà la conoscenza di un mezzo umano, Robert J. Dimitri che gli spiega che per Toy, il computer generale autocosciente, l’umanità anela l’esistenza, così lui cerca di esaudirla organizzando duelli armati nei vari teatri di battaglia.
Successivamente Robert gli rivelerà che è lui il creatore di Toy e che i capi di ogni settore sono “androidi” suoi cloni. Grey, sempre più convinto dell’assurdità di tutto ciò ruba un “Kubanda” e rientra con il resto della pattuglia nemica con l’intento di far scoppiare il computer della base e, dopo essersi battuto assiduamente, scoprirà che Red sì è unito a loro e solo grazie alla vecchia amicizia che li lega gli verrà salvata la vita, mentre gli organi che aveva perduto battendosi gli vengono sostituiti con parti meccaniche predisposte per il combattimento.
Robert riuscirà a trasferire la propria memoria in quella di un cane robot ed, in questo modo, far scoppiare Nagoshi. Grey riuscirà a sbarazzarsi di Red e a salvarsi con Shidara e con la dea-regina Lara. Dopo altre battaglie e grazie al sacrificio di Lara, Grey penetrerà nella città, e qui l’assurdità di tutta quella società gli comparirà dinanzi in tutta la sua crudele realtà. La città è solo una chimera abitata da qualche droide. La grande madre aveva creato tutto ciò solo per dare un senso alla vita di quelle persone.
Questa è per grandi linee la trama di Grey, un manga che mi ha affascinato molto sin da quando l’ho letto nella versione della VIZ e che ho riletto con piacere ancora una volta in italiano. La storia è molto matura e presenta molte chiavi di lettura: potrebbe essere una denuncia sociale, un messaggio per coloro che sprecano la vita dietro a chimere irreali, uno sfogo personale e forse per molti di voi, potrebbe essere solo un fumetto.
AMERICAN HEROES
DI MASSIMILIANO SCHENATTI
“26/10/91. MILANO. Io c’ero.”
Rigiro tra le mani l’albetto della Play Press, AMERICAN HEROES n° 0, ed immagino le parole della quarta di copertina in bocca al sottoscritto, ormai incanutito settantenne, che tiene sulle ginocchia un nipotino del 2041 raccontandogli i fatti importanti della sua vita, mentre fuori dalla finestra mega-schermi alla “Blade Runner” solcano i cieli cittadini annunciando il programma dei festeggiamenti per i 50 anni di AMERICAN HEROES.
Ecco allora che, per il seicentesimo numero della rivista, un suggerimento, così come ci viene chiesto nell’editoriale dell’albo, potrebbe essere quello di pubblicare un bel reportage fotografico sull’avvenimento, in un albo speciale a tiratura limitata che ovviamente verrà dato in omaggio solo a quanti dimostreranno, previa perizia notarile, di possedere l’intera collezione dal numero 1, anzi, dal numero zero.
Ritorno da tali celestiali visioni e geniali pensate al riassunto della giornata: arrivo alla “Borsa del Fumetto” (nota libreria di Milano, capostite delle fumetterie e della distribuzione dei fumetti Usa in Italia, NdR) alle 11,30, in tempo per sapere da una delle numerose persone che già affollano il negozio, non lasciando presagire nulla di buono sulla “viabilità” dei locali nel pomeriggio, che la presentazione dell’albo avverrà alle 15; quindi spulcio un pò tra gli scaffali, arrivo al volume del Cavaliere Oscuro e con quello (ebbene si, ancora non lo avevo) mi presento alla cassa.
Pranzo e itinerario turistico a base di negozi di dischi (mi si passi la digressione non-fumettistica, ma il mega-store della Virgin è davvero notevole) mi vedono giungere nuovamente alla Borsa alle 15,10, in tempo per prendere parte ad una scena dal sapore mitologico e per pentirmi di quel ritardo di 10-15 minuti della cui gravità mi renderò via via sempre più conto nell’ora seguente: circa 150-200 persone si schiacciano contro l’ingresso del negozio in attesa del loro turno mentre la “guardia” preposta si adopera con la sua notevole stazza a disciplinare l’ingresso (4-5 alla volta: tanti ne escono, tanti ne entrano), spingendo e urlando come chi gli sta di fronte ed intervallando la sua voce con quelle provenienti dall’interno nella diffusione delle istruzioni per avere l’album (“dovete ritirarlo appena entrate, all’uscita non vi verrà dato”).
Rassegnato ad immolarmi per la causa fumettistica, mi metto in coda (si fa per dire) e dopo tre allucinanti tre quarti d’ora di stenti e di sfida alle leggi fisiche sull’impenetrabilità dei corpi, tre costole incrinate e una terribile ascellata del gorilla in stile Franchino-Fantozzi, entro nella libreria ormai privo di olfatto e coi quattro sensi rimasti annebbiati.
Ritiro l’albo e i foglietti allegati, fra cui un cartoncino che compilato e riconsegnato alla cassa da diritto a un omaggio che mi verrà spedito (“una cosa stampata … di valore” recita l’altro foglietto) e mi avvicino all’angolo del locale nel quale si accalcano una ventina di persone, il tempo di intravedere dietro un tavolo quelli che mi dicono essere Adam Centerba, Mario e Simona Ferri ed Alessandro Bottero, dei quali era annunciata la presenza.
Penso tra me e me che un’altra coda non ho voglia di farla e così, con non totale dedizione alla causa, lo ammetto, decido di non fermarmi e di uscire, non prima, naturalmente, di aver diligentemente compilato e consegnato il mio cartoncino: la missione è compiuta, l’albo l’ho preso, no? Già, l’albo: comincio a sfogliarlo mentre mi lascio alle spalle il negozio, fuori dal quale le urla di chi ancora deve entrare si mescolano a qualche commento per la verità non troppo entusiasta di chi è già uscito e l’albo l’ho già letto.
Delle sedici pagine interne le prime tre sono dedicate alla presentazione della rivista e all’illustrazione dei suoi programmi, con l’elencazione delle serie che vi compariranno: Green Lantern, new Teen Titans, Doom Patrol, Lobo, Challengers of the Unknown, Animal Man, Legion (fra un anno) e altre in futuro. Una pagina ciascuno viene poi dedicata alla presentazione delle serie Green Lantern, New Teen Titans e Legion (le prime due presenti fin dal primo numero).
Concludono la “parte scritta” due pagine di un intervista a George Perez che è stata poi completata sul numero uno. Leotto pagine restanti sono costituite da altrettante tavole tratte da storie di Green Lantern, New Teen Tìtans e Doom Patrol che ovviamente vedranno pubblicazione sulla rivista.
In sostanza, ben poco di “esclusivo” rimarrà di quest’albo, totalmente funzionale ad una promozione pubblicitaria che, se da una parte si mostra memore, almeno nei modi, di una formula simile e riuscitissima usata in primavera per il lancio del bonelliano Nathan Never, dall’altra prelude ad un’iniziativa volta a colmare, speriamo nel migliore dei modi, un buco importante nella pubblicazione del materiale U.S.A. in Italia (quello dì molte serie regolari targate D.C.): in tale senso non possiamo che plaudere a questa iniziativa, augurandole tutta la fortuna che saprà meritarsi.
Questa riflessione è più che altro un mio sfogo, uno sfogo da amante del fumetto che vede trattare il suo beniamino (che è una forma espressiva dalle grandi possibilità) alla stregua di una forma di formaggio che deve sottostare alle regole più bieche del mercato consumistico (quindi in questo caso non si parla del fatto che una testata per sopravvivere deve vendere. La differenza tra vendere e VENDERSI è abissale) e che quindi deve essere divorato a velocità vertiginosa.
In questo stato di cose molti editori badano alla quantità che alla qualità; questo lo dico col senno del poi, in quanto anch’io ho provato, preso dall’euforia data dalle molte offerte del mercato a comprare testate su testate e ho ottenuto solo due cose: una montagna di carta colorata e un senso di insoddisfazione molto forte. Che cosa è quindi accaduto? Lo sapremo in:
IL FUMETTO IN ITALIA, OVVERO “LA FANTASIA NON SI VEDE DAL NUMERO”
DI MAURIZIO PUSTIANAZ
Certe volte è davvero sconcertante paragonare la nostra edicola di un paio di anni fa a quella di oggi. Prima, pur dì trovare qualcosa, ci sì adattava a leggere le raccolte cronologiche di Soldino, mentre adesso l’edicola trabocca di pubblicazioni che credono di detenere il “VERBO” per quanto riguarda il fumetto e molte le trovo presuntuose oltre il limite. Cose del tipo: “che fine avreste fatto se noi lungimiranti individui non avessimo pubblicato questa rivista?”
Sono sempre più convinto che ben pochi editori abbiano imparato la lezione di Sergio Bonelli, tutti cercano di raggiungere i livelli di Dylan Dog, perdendo di vista la cosa più importante: la Sergio Bonelli riesce a sfornare dei gran fumetti perché dietro c’è un gruppo di persone che con la loro umiltà disarmerebbero San Pietro. I buoni fumetti non piovono dal cielo, come in tutte le cose è l’uomo che conta in primis.
A parte questo, tornando alla nostra edicola credo che molti lettori all’inizio di questa saturazione siano rimasti piacevolmente sorpresi. Così si iniziò a comprare tutto ciò che usciva, l’atmosfera era elettrizzante finalmente una parte di noi riviveva il piacere che aveva provato da bambino a leggere dei fumetti che lo appassionavano.
Ora l’albero della cuccagna si è ridimensionato, tra il caos di riviste creatosi in edicola: il lettore deve effettuare delle scelte, non si può comprare una ventina di albi solo perché sennò si perderebbe la continuity e i cross-over di cui la Marvel fa pieno sfoggio.
Io trovo che il piacere di comprare un fumetto, leggerlo, appassionarvici si, assimilarlo, rileggerlo dopo un pò di tempo è un piacere grandissimo. Ora come può una persona comprare fumetti a peso ed amarli? Diventerebbe un mero collezionismo da magazziniere e certamente non gioverebbe al dialogo fra colui che fa il fumetto e colui che ne fruisce.
Quindi non credo che si possa prendere come credo il far sì che anche il lettore italiano possa e debba leggere tutto ciò che pubblica il tale editore straniero, l’editore dovrebbe fungere da depuratore del grande ‘scarico’ fumettistico straniero e non, dovrebbe essere convinto che ciò che pubblica è bello in quanto tale e non perché al pubblico della KOREA (leggi America, Giappone, ecc.) è sembrato tanto carino.
Ad esempio io da due anni in qua compro la rivista Comic Art (che prima leggevo a scrocco da un amico) perché ho notato che è migliorato notevolmente riuscendo a proporre autori italiani e stranieri senza che ciò crei nessun trauma! Ognuno dovrebbe avere più coraggio, nessuno detiene il “VERBO”, ognuno fa le proprie scelte e se ne accolla le conseguenze. Me compreso naturalmente!
L’INTERO NUMERO TRE DI FUMETTOMANIA
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