Sono passati tre mesi dall’articolo precedente ma i tantissimi impegni relativi alla preparazione, all’allestimento e relativo smontaggio, della mostra dedicata ai 30 anni dell’associazione Fumettomania mi hanno assorbito totalmente.
Da metà dicembre stiamo tornando alla normalità e, con l’inizio del 2022 abbiamo, riprogrammato tutto il calendario degli articoli da pubblicare sul sito (che aveva subito un forte rallentamento).
Tornano oggi, dunque, i testi estratti dai numeri arretrati (di archivio) della rivista cartacea che pubblicammo dal 1990 al 2012.
Protagonista odierno è il fumetto francese con la seconda parte degli articoli pubblicati nel n. 3 della nostra Pro-Zine dalla rubrica Obiettivo su … bande dessinèe, con lo Speciale Angouleme 1991.
Per i ricordi legati al Salone di Lucca del 1991, invece, bisognerà aspettare qualche altra settimana.
Mario Benenati, responsabile del Web Magazine Fumettomania.
Nota bene: II festeggiamenti per l’anniversario dei trent’anni dell’associazione “Fumettomania Factory– APS” si protrarranno fino ad aprile 2022.
Fumettomania da 0 a 30, Trent’anni straordinari!
Come ho già scritto, la parte da “Leone” del n. 3 della fanzine Fumettomania (autunno 1991) fu lo Speciale sul Festival di Angoulême, pubblicato da pagina 3 a pagina 13 della nostra rivista.
I testi furono estratti in parte dal Dossier per la stampa del Festival francofono, che avevamo ricevuto a dicembre 1990 – gennaio 1991, ed in parte da vari quotidiani francesi che, in concomitanza con i giorni della manifestazione, pubblicarono tante pagine ad essa dedicate.
Dalle pagine lette (in lingua francese) furono scelti quei testi che ci sembravano, a quel tempo, interessanti e poco conosciuti per il pubblico italiano che saturo di proposte USA aveva voglia di conoscere cosa accadeva nella vicina Francia a livello fumettistico.
Sono passati solo vent’anni ed in questo 2022 Angouleme dovrebbe festeggiare la 49 edizione, anche se non sarà a fine gennaio ma si spera nella tarda primavera.
OBIETTIVO SU …
Speciale Angoulême 1991: 18a edizione
(MAGGIO – SETTEMBRE 1991)
Traduzioni di Gisella Medici, Tindara de Pasquale, Anna Stagno, Joe Sottile,
coordinamento Mario Benenati
ANGOULEME 25-26-27 GENNAIO 1991
SECONDA PARTE
l’articolo precedente è stato pubblicato il 14 ottobre 2021
È il 22 gennaio 1991 e sulle pagine di un altro quotidiano troviamo due autori che ci piacciono in maniera particolare, Enki Bilal e Alan Moore, scopriamoli insieme …
BILAL: “Ho Rotto con l’Est “.
Intervista di Benoit CHARPENTIER. traduzione. Gisella Medici.
Enki Bilal, nato a Belgrado da madre jugoslava e padre cecoslovacco, è arrivato in Francia all’età di 10 anni. Oggi quarantenne (riferito al 1991, NdR), è considerato uno degli autori più bravi della 9a arte.
Ha appena ripubblicato uno dei suoi famosi volumi: Partita di caccia, arricchito da un epitaffio che somiglia molto ad un addio.
Le Figaro Litteraire: Ci siamo abituati a vedere nelle vostre storie, le città, i personaggi e i paesaggi dell’est. È tutto finito?
Enki Bilal: L’esistenza dell’epitaffio risponde a due ragioni. Prima un cambiamento di editore (Dargaud per gli Umanoidi Associati) che mi obbliga a riconsiderare la presentazione dell’album, ma la principale ragione bisogna cercarla in ciò che è successo nell’Est. Questi cambiamenti rappresentano la fine dei punti di suspense. L’epitaffio gioca, anche per me, il ruolo di punto finale. Si rischia di essere sospettato di recuperazione. Ciò non sembra affatto. Mi sembra legittimo non fare un fumetto lì sopra, ma di chiudere, il principio con delle parole. Abbiamo vissuto con i paesi dell’Est e i fantasmi che ne derivarono per un decennio. Oggi chiudiamo tutto questo.
F.L.: L’etichetta di visionario vi conviene?
E.B.:Non è mai stato difficile esserlo su un soggetto così ricco di fantasmi. I media occidentali incontravano grossi ostacoli per parlare dei problemi dell’Est. Redenzione dell’informazione, lingua di legno, tutto concorreva a lasciare vaste zone d’ombra di cui s’impadronivano i romanzieri o i cineasti. Eravamo una specie di manipolatori. Bastava appassionarsi e documentarsi.
F.L.: Un pò di nostalgia?
E.B.: Nessuna. Dopo ‘La Donna trappola‘, avevo tagliato il filo. L’ultima immagine di quest’album, quella del deserto, simboleggiava una rottura brutale con i paesi dell’Est. Sono ormai 3 anni che ho preso questa decisione di non ritornare più su questo soggetto.
F.L.: E state attento all’evoluzione di quei paesi?
E.B.: Sono diventato uno spettatore banale. Mi sento incapace di immaginare una storia. Ciò che succede attualmente non sembra particolarmente grafico. Bisogna lasciare passare un po’ di tempo. Perché non trovare nuove ambientazioni nell’Africa? Sarà senz’altro uno dei miei prossimi volumi.
F.L.: Con Christìn fate un vero e proprio lavoro di investigazione. È indispensabile?
E.B.: Ho fiducia nell’immaginazione. Ma l’immaginazione di un rinchiuso non è buona. Bisogna quindi andare a trovare altrove l’immaginazione. Sono una spugna che viaggia, mi impregno, e ciò non è vano perché 6 mesi dopo questo mi serve ancora.
F.L.: Utilizzate anche molto la fotografia …
E.B.: Per Los Angeles, per esempio, mi sono reso conto che questa città poteva apparire solo in linea orizzontale o verticale. Bisognava che disegnassi la prospettiva a mano. Ho preferito utilizzare la foto ridisegnandola e disegnando sopra i personaggi.
F.L.: Quando parlate della vostra opera e ciò che si può leggere all’ interno, vi limitate ai vostri ultimi album. Rinnegate i primi album come ‘La crociera dei dimenticati’ o ‘Il vascello di pietra’?
E.B.: In nessun modo, ma questi primi album appartengono agli anni 70. Il regionalismo era importante in Bretagna e nel Nord.
L’amico Pierre Christin mi ha permesso di salire un gradino, di interessarmi, sotto una certa forma, ai problemi sociali e politici. Le falangi dell’Ordine Nero, per esempio, fu una di queste idee e mi sono sentito completamente a mio agio. Era forse la mia parte di figlio di rifugiati politici arrivato in Francia all’età di 10 anni.
F.L.: Qualche parola sulle vostre collaborazioni fuori dai fumetti?
E.B.: Lavoro per il momento sui costumi di un balletto. Musica di Prokofiev, coreografia di Angelin Perljocaje. Mi ha contattato. Siamo vicini ai balcani, mi è subito piaciuto.
F.L.: E il vostro film “Bunker Palace Hotel”?
E.B.: Per un progetto simile, il tempo non esiste, mi ci è voluto 3 anni per l’idea di partenza e la realizzazione.
F.L.: È poco per un primo film …
E.B.: Sono effettivamente cosciente di essere un privilegiato, hanno avuto totale fiducia in me. È un film di grande saggezza, Imparavo il cinema realizzando il mio primo lungometraggio. Sapevo chi mi attendeva alla curva. Venti milioni di franchi per una prima opera, è molto. Gli spettatori mi hanno rimproverato l’assenza di sangue sullo schermo. Gli attori, particolarmente, Trintignant e Carole Bouquet, si sono tuffati nei miei fumetti. Avevano la sensazione di fare un passo inedito nella loro carriera.
F.L.: Come lavorate?
E.B.: Mi prendo molta libertà con la mia professione. Lavoro per voglia e ho sempre voglia di lavorare. Soprattutto la mattina. Ascolto regolarmente musica classica o radio Zagreb. Cerco di controllare tutto fino all’ultimo.
F.L.: Se si parla di crisi nel fumetto, quali sono le vostre reazioni?
E.B.: Ho letto pochissimo sulla crisi, anche se mi tengo informato. Le condizioni editoriali sono cambiate. Forse abbiamo commesso l’errore di inondare il mercato senza grandi controlli. Debuttare è diventato sempre più difficile. Le riviste non hanno saputo adattarsi alla fede dei nuovi lettori. Il ritmo mensile è troppo lento per i giovani, abituati ai ritmi quotidiani della TV. Più generalmente sento che il fumetto ritorna da dove è venuto. Sono sempre di meno quelli che scrivono bene in questo campo. Non bisognerebbe che il fumetto si ritrovasse in un ghetto.
Nell’articolo Dossier de Presse (nella puntata precedente, NdR) abbiamo letto di un museo del fumetto. Nelle prossime righe andremo a scoprire questo Museo.
IL CENTRO NAZIONALE DEL FUMETTO E DELL’IMMAGINE AL SERVIZIO DELLA 9° ARTE?
Traduzione Anna STAGNO
Il C.N.B.D.I., aperto a gennaio (del 1990), a Angoulême è testimone di una riconoscenza a lungo aspettata dal fumetto come una parte essenziale della cultura francese del XX secolo. Ma il gruppo del centro non ha soltanto voluto onorare un passato prestigioso. Il centro presenta il fumetto come un arte popolare viva, in piena evoluzione. Il palazzo di vetro di Angoulême non è soltanto un archivio del fumetto, dietro le sue facciate c’è l’incubatrice dell’avvenire culturale ed economico del fumetto.
Di sala in sala, di piano in piano, è tutto il fumetto che si offre e ci invita nei suoi universi. Al pianterreno, si apre il labirinto delle esposizioni. Benoit Peeters e François Schuiten ci avevano, l’inverno passato, trascinato negli scenari – mi Jules Verne, mi Borges- delle loro” città delle ombre”. Gli inglesi, un po’ più lontani ci proponevano di scoprire i loro disegnatori in un percorso dove la galleria sotto la manica conduceva in una sala onirica e in ambienti simili ai docks di Londra.
La primavera passata, una esposizione consacrata ai 18 “Grandi Prìx” del Salone del fumetto di Angoulême ha ricordato che cosa la città e il Centro devono ai suoi disegnatori e soggettisti venuti fedelmente a partecipare ogni anno alla grande festa del fumetto.
In gennaio il museo permanente del fumetto si è sostituito ai “Grandi Prix”, raccontando più di 100 anni di storia della 9 arte. Attorno alle tavole originali il contesto al quale essi appartengono è stato restituito con il suono e con l’immagine: secondo la scelta di un visitatore qualunque o un attore qualunque o un grande testimone dell’avventura del fumetto è apparso sugli schermi per evocare altri disegni o per far vedere il fumetto nel suo divenire.
Di fronte al Museo, i giapponesi sono succeduti agli inglesi: l’universo dei “Manga”, prodotti e consumati in una maniera diversa dai nostri fumetti europei è stato evocato nell’ambiente nipponico di uno scenario a 3 dimensioni. Per il museo come per le esposizioni, una squadra di animatrici specializzate iniziavano i gruppi di visitatori ai grandi terni evocati.
Al primo piano c’è la medioteca che dà accesso alla fonte stessa del fumetto: la professione di chi pubblica fumetti che da più di un secolo, hanno costituito un formidabile patrimonio popolare di racconti scritti e disegnati.
La grande sala lettura offre quasi 10000 opere con libero accesso. Ci si trova l’essenziale della produzione recente in tutti i settori: la fantascienza, il western, l’umorismo, l’avventura, l’erotismo, ecc. sono qui rappresentati.
Dei posti di consultazione Video e una sala di proiezione permettono di visionare in permanenza i numerosi documentari e fumetti disponibili.
Ma per il ricercatore, lo storico, l’amatore d’aggetti rari, l’essenziale del “tesoro del C.N.B.D.I.” è altrove, è in una di queste grandi sale, sotto la più stretta sorveglianza, a temperatura e ad igrometria controllata, ha le proprietà di una clinica e deve conservare tutta la memoria del fumetto francese, e una selezione del fumetto mondiale. Qui entrano solo i bibliotecari autorizzati. Sono loro che vi comunicano, dentro un ufficio in privato, l’opera rarissima essenziale alla vostra tesi di Laurea o l’album introvabile che faceva parte della vostra infanzia.
Sono loro che accoglieranno le vostre donazioni se in qualità di autore, editore o collezionista, avete la generosità di affidare al centro la protezione e la valorizzazione della vostra collezione.
Alla base di tutto il centro c’è il paziente lavoro di catalogazione che trasforma questa massa di documenti immagazzinandoli in un corpus di conoscenza, in informazioni organizzati, in dati sfruttabili. Dei libri, delle esposizioni, dei film o dei servizi televisivi, delle conferenze possono essere qui realizzate per far conoscere il meglio del fumetto di ieri e d’oggi. L’equipe di documentaristi e di ideatori può così rispondere a numerose domande e partecipare fin d’ora a parecchi progetti di pubblicazione o d’esposizioni in Francia e all’estero.
La Mediateca come il Museo non sono soltanto dei conservatori del passato, ma un incontro d’iniziative molto attuale.
La Galleria d’attualità presenta in permanenza le opere di giovani autori o oggetti derivati dal fumetto, che hanno segnato l’anno passato. Gli auditori accolgono degli incontri professionali, dei f estivai di proiezioni e delle conferenze. Insomma l’università del Fumetto raduna, parecchie volte all’anno, coloro – insegnanti, animatori, bibliotecari, librai, ecc. – la cui professione li conduce a saperne di più.
USCIRE DAL GHETTO…. CON ALAN MOORE
di Laurent Bollée. Traduzione Gisella Medici
Premiato due anni di seguito (fatto unico) a Angoulême per le sue serie Watchmen e V for Vendetta, Alan Moore non finisce di reinventare il fumetto.
Stavolta si è buttato in una grande storia a carattere universale, intitolata Big Numbers, illustrata da quel ‘mostro’ di Bill Sienkiewicz per i primi numeri e poi stata proseguita da altri artisti.
Le Figarò Litteraire: 5 anni dopo, come considerate il vostro capolavoro ‘Watchmen’?
Alan Moore: È una serie che è stata concepita per il mercato americano. Ho voluto regolare il compito dei supereroi. In questo, penso che abbia centrato il suo scopo. Forse la complessità narrativa mi sembra che fosse un po’ troppo evidente ….
F.L.: Però il vostro nuovo progetto ‘Big Numbers’ sembra ancora più ambizioso in questo campo …
A.M.: È vero, la struttura del! ‘intrigo è molto complessa, ma ho voluto che questo non si vedesse. Questa serie ha per scopo di studiare in dettaglio una città, una comunità di gente durante il periodo di un anno, e questo attraverso l’installazione di un grande centro commerciale straniero. Questa comunità reagirà, perché si trova a confrontarsi con una situazione caotica. E la mia motivazione è quella di tentare un nuovo approccio del caos.
F.L.: E come?
A.M.: Le parole ‘Big Numbers’ fanno appunto riferimento a urta evoluzione moderna della matematica, la teoria frattale. Questa si oppone alla teoria aleatoria e sottintende la similitudine e l’iterazione tra le strutture umane o avverinenziali. Tutti i personaggi evolveranno in funzione di questa teoria. Mostrerò allora che il caos può essere la chiave, la fonte di pensieri più ricchi di prima, perché non sottomessi all’azzardo, all’improvvisazione.
F.L.: I vostri motivi appaiono più da romanzo che da fumetto …
A.M.: Per molto tempo il fumetto è stato confinato in un ghetto, con all’interno dei sotto-ghetti corrispondenti ai vari generi. Provo a stravolgere questa concezione, Big Numbers non ricade in un solo genere, ho cercato di fare un fumetto che possa compararsi con qualsiasi genere di letteratura.
F.L.: A quale punto sono le vostre teorie sulle vignette?
A.M.: Non mi piacciono le vignette piene di pensieri, quindi non ne faccio. Non faccio nemmeno del recitativo del tempo come per esempio “poco dopo … “. l personaggi vanno scoperti e seguiti senza intermediari.
F.L.: Conoscete degli autori francesi?
A.M.: Mi trovo al corrente della produzione internazionale. Contribuisco a volte alla rivista inglese RAW, pubblicata da Art. Spiegelman e Françoise Mouly. Essa ha presentato recentemente Tardi, così come tanti altri europei. Perché infatti è l’Europa che conta.
Nel nostro percorso intorno alla manifestazione di Angoulême ci siamo soffermati su un giornale che, come direbbe Bernardi, “è tutto pepe”; si trattava di LIVRES – LIBERATION, che giovedì 24 gennaio1991 presentava uno speciale fumetti con, tra le tante cose, un’intervista a Yann, un articolo su Crumb ed uno su Tin Tin …
LIVRES – LIBERATION Angoulême: speciale fumetti
Intervista a Yann
Traduzione di Tindara de Pasquale.
Yann, 36 anni (nel 1991, NdR) e ha già prodotto tante storie come se ne avesse 100.
Sceneggiatore, si diverte solo con soggetti che non sono divertenti, e quando non lavora su un fumetto umoristico è l’incesto il centro del volume, al punto che qualcuno si meraviglia che le sue opere siano libere di essere vendute (che non è del tutto esatto visto che ha detto che certi fumetterie le hanno rifiutate).
Da parte sua, pensa che quelli che lo accusano di essere razzista o antisemita (o le due cose insieme) non hanno humour; egli non ama niente quanto la provocazione: “quando c’è un gruppo di 1O persone, mi piace farne ridere 2 e per niente le altre 8.”
Scrivendo 6 volumi all’anno con disegnatori (molto) differenti, il suo campo di attività va dalla storia giapponese gerarchica (Tako con Micheiz, per Glenat) al delirio duro ipersessuato in tutti i sensi (Bob Marone con Conrad e Lucie per Glenat, e Nicotine Goudron con Bodard nella rivista ECHO DE SAVANE per Albin Michel).
Tutto questo non gli impedisce di essere conosciuto visto che è nominato con un album diverso in tulle le selezioni d’Angoulême. “Tako” è in corsa per il migliore album, “Nicotine Goudron” per il premio dell’humour e “Sali: un avventura di Basilio e Vittoria” (con Edith per gli Umanoidi associati) per il premio Coup de couer. L’autore degli Affreschi (con Bodart e Morel, per Glenat) si confessa.
(Vincerà l’Alph-Art Award per il miglior fumetto nel 1993, con Basil et Victoria, NdR)
Livres: Come siete riuscito a mettervi tutti contro, cioè a poter lavorare con varie case editrici?
Yann: Ho cominciato da DEPUIS con Conrad come disegnatore. Eravamo al liceo insieme.
E abbiamo un po’ esagerato. Facevamo delle gags per “Spirou” all’inizio della pagina nel quale dicevamo tutto il male possibile dei disegno di sotto.
Siamo stati buttati fuori il giorno in cui abbiamo immaginato di metterci un uomo in erezione. La colorista (colei che passa il colore) ci ha chiesto: << pag. 28 che colore? – Cosa? abbiamo risposto. E lei – si, quell’uomo … Rispondiamo – Ebbene, rosa violaceo con la punta rossa>>-. Mi sono detto: ora telefonerà al redattore capo, non passerà mai. Ma lei non ha telefonato, e appena è stato pubblicato siamo stati convocati da Charles Dupuis: <<Avete fatto questo nel mio giornale. Fuori!>>.
Ho sempre dei problemi durante le sedute di dediche. Riesco sempre a trovare 4 o 5 persone che vengono a difendere Israele oppure il fronte di liberazione delle balene bianche dell’Alaska. Nel “La Patrouille des libellules (Il plotone delle libellule)”, parlo del “rafie du Vel d’Hiv” e il tipo della Gestapo fa allineare tutti i giudei e dice loro “Voglio vedere solo un naso”.
La gente dice che questo è razzista. Io dico: “Vi fa ridere? Il peggio non è dirmi che è razzista ma che non fa ridere. Comunque, ho avuto delle storie per questo dalla MRAP e la LICRA per ‘insulto alle vittime dell’olocausto’. In effetti non cerco neanche di difendermi ma i processi non avvengono mai.
L.: Come le è venuto in mente di fare dell’AIDS il protagonista di un fumetto umoristico?
Y.: L’AIDS è un soggetto fumettisticamente parlando fantastico. Una malattia che tiene al sesso è pane benedetto per i ben pensanti. Ho un fratello medico che ha saputo rendermi inquieto. Ho fatto 3 volte il test, mi sono immensamente documentato.
Arrivo a pensare che abbiamo drammatizzato troppo, si parlava di un epidemia, come se tutti stavamo per morire, che gli affetti si sarebbero abbassati … come ci passavo molto tempo mi sono detto, tanto vale approfittare dell’argomento per farne un fumetto, un soldo è un soldo.
L.: E L’OAS, che è il soggetto stesso di “Aischa” (per Glenat)?
Y.: Mi sono dedicato interamente a questo progetto a Marsiglia. Sono un po’ piede-nero anch’io. Ho sempre frequentato gli Arabi e il razzismo viene dalla sorpresa. La prima volta che ho visto un biondo sono stato colpito.
Mio padre era marinaio, e ho vissuto molto sulle navi, fra Marsiglia, Algeri, Oran, Tlemcen. C’erano sempre nello stesso equipaggio dei partigiani di Dc Gaulle e dell’Algeria francese. C’è veramente dell’autobiografico in Aischa.
L.: Perché è belga?
Y.: Essere in Belgio è più pratico per sedurre i belgi. Qui ci sono molti disegnatori ma pochi sceneggiatori. Possiamo mangiare tutte le sere con gente dell’ambiente, discutere di Pim, Pam, Poum e die Pseds Nickeles e dire che era meglio prima, fare fronte comune contro gli editori.
Dividiamo tutti questa passione senile che abbiamo per il fumetto anche se facciamo finta di parlare solo di soldi. I professionisti sono tutti a Parigi o a Bruxelles. Sono anche, stranamente, molti a Carpentras. Ma non so ciò che fanno di notte.
L.: Quali sono i suoi rapporti con gli altri sceneggiatori e disegnatori?
Y.: Il disegnatore non ha mai niente da scrivere, chiede sempre allo sceneggiatore, È sempre al verde. Passeggia con una cartella con disegni verdi a puntini neri senza niente dentro. Indossa vestiti usati e vuole sapere se le ballerine del XIX’ secolo avevano le mutandine sotto. Non finisce mai di piangere e chiede soldi allo sceneggiatore dicendo di ridarglieli sia in tavole originali sia in serie di fumetti futuri che non si fanno mai. Tutto questo non aiuta certo l’edificazione dell’occidente. Fra sceneggiatori ci dividiamo il mondo.
Quando in un argomento c’è il posto solo per due lo diciamo ai colleghi: “Non toccare l’Aids prendi la Myxomatose o il Telethon”.
Malgrado questo però mi sono appena fatto prendere la Corea da Josè Louis Bouquet, quando lui aveva a disposizione tutti gli USA. Mi son vendicato ma non posso dire come. Se nello stesso tempo di Lolo e Sucette (nomi che indicano la professione delle due eroine, cioè donne di strada), sarebbero state pubblicate “Gretchen e Greta“, avrei chiesto che cambiassero marciapiede.
L.: Come lavora?
Y.: Lavoro 8 ore al giorno. Non è un grosso lavoro fare fumetti. È gioioso. Mi sveglio presto e leggo il giornale per vedere se posso prendere qualcosa. Faccio i miei ritagli, passeggio, rientro, mangio, dormo. Nel frattempo, ma non abbastanza spesso, ho delle avventure erotiche.
Contrariamente al disegnatore che può fare solo un album all’anno, gli sceneggiatori ne possono scrivere 5 o 6. Con Hardy, di “Lolo e Sucette”, sto preparando una nuova serie sulla morte, pieni di scheletri e di motti decomposti, con barzellette di cattivo gusto. Leonid e Spoutnik sono basati sulla perestroika, un bambino russo e il suo cane, va bene solo in Belgio. Le Tigri volanti sono molto realiste, idiota. In “Nicotine Goudron” dovremmo seppellire uno ei 3 personaggi.
Sto preparando una nuova serie degli “Affreux” (Gli orrendi). E un seguito per Chaminou, il personaggio di Macherot. Vi sono poi gli Spectres du Tsar, realisti e noiosi, vagamente romantici, un fumetto sull’armala bianca contro i bolscevichi. La serie giapponese Tako è un documentario, un inferno, tanto più che il disegnatore conosce i rituali giapponesi da 15 anni, ma io no. In un’altra storia, l’eroina è della Mongolia. Ho un altro progetto che farà scalpore, una serie sull’aviazione israelita. È un bene variare. Alla lunga diventa noioso fare il 4 volume di “Rotolo contro les rapetou”.
Ho fatto un lavoro con Yslaire su una storia realista, ma non l’ho firmato perché ci sono già troppi Yann e non volevo che la gente sì mettesse a ridere. Avrebbero potuto scrivere “un volume senza Yann’, e si è venduto molto bene, 100000 copie (si tratta di Sambre della GLENAT).
Gli altri 5, visto che ne faccio 6 all’anno, oscillano fra i 15.000 e 20.000 copie, niente male ma neanche bene.
Si guadagna molto di più facendo fumetti storici, realistici, che umoristici. In effetti le serie hanno successo solo partire dal terzo album, ma io mi fermo sempre al secondo. Ringrazio il pubblico che non comprando mi permette di variare, invece di fare due esemplari dì 100.000 copie, e di lavorare senza sosta.
L.: Qual’è il suo rapporto con i fumetti degli anni 60 e 70?
Y.: Avrei voluto fare i fumetti dei quali andava pazzo da bambino: Gotlib, Reiser, Lauzier, o allora Woody Allen. Ma tutto era stato già fatto. Allora, Bob Marone è un omosessuale. Amo distruggere i miti. Anche in Irak, gli ostaggi non avranno letto più di 30 volumi di Bob in due mesi, vedendo i loro tic idioti, altrimenti Saddam Hussein sarebbe stato bombardato immediatamente.
È affascinante fare un volume di “Marsupilami” e di avere il tuo nome vicino a quello di Franquin. È lui che mi ha imparato a vedere l’abbattimento di una tavola. Firmare vicino a Franquin è collegare due mondi. Vediamo com’era fatto ciò che leggevamo da bambini. Per molto tempo abbiamo pensato che il fumetto doveva essere intelligente. Ma quando leggevo “Valhardy” o “Rie Hochet“, da bambino, non era intelligente ma un pò folle. Quello che mi piaceva era l’indistruttibilità degli eroi, il lato ”TUTTO PUO’ AVVENIRE”.
L.: A che punto siamo oggi?
Y.: Dall’arrivo di Ampere (gruppo di azionisti cattolici conservatori che ha comprato il 45% del fumetto francofono) è sempre più difficile. I giovani ci odiano, patiscono le scenate che abbiamo fatto, perché non hanno più nessuna libertà.
C’è una supermoralità. È difficile convincere gli editori a pubblicare qualcosa che potrebbe mettere sotto CHOC Ampere. Fortunatamente non capiscono niente, si rendono conto solo dopo. A me non piace la tortura, la sofferenza.
Si dice che sono razzista, ma se parlo degli arabi, dei giudei, dei bretoni e della gente della Corsica, è perché ho passalo la mia infanzia con loro. Se sono solo io quello nocivo nel fumetto, vuol dire che sta molto bene.
TINTIN CHEZ LES JUIFS
di Catherine Erhel. Traduzione Tindara De Pasquale.
Dissezione di due volumi sulla questione dei giudei. Hergè antisemita?
Tintin è forse antisemita?
” Lo è stato” rispondono oggi i biografi – che però non ne hanno parlato nelle loro biografie. “Per pudore”, si scusa Piene Stercks. “Ero ancora in lutto. E anche per paura di farmi censurare dalla sua vedova Fanny Rémì”. “Non era il momento”, aggiunge Benoit Peeters.
L’opera di Hergé è stata spesso discreditata. Si vedeva in Tintin il viso più puro dell’imperialismo americano”.
Quasi 8 anni dopo la morte di Georges Rémi (articolo scritto nel 1991, NdR), si possono analizzare i due volumi sulla questione dei giudei: Tintin al paese dell’oro nero (1939- 40) e La stella Misteriosa (1942).
“La famiglia d’origine di Hergé è di destra cattolica belga”, spiega Benoit. Ha 16 anni quando la ‘gazzetta degli scoutes’ pubblica i suoi disegni. È il luogo dei suoi primi successi e lui vi resterà fedele.
Dopo il collegio, entra come piccolo impiegato agli abbonamenti del XX’ Secolo, un potente giornale di destra, diretto dall’abbate Wallez. Due anni più tardi, l’abbate gli affida un supplemento per la gioventù dove detiene una libertà totale. È qui che crea Tintin e Quick e Rupke.
Questo abbate è un personaggio bollente secondo P. Stercks, “ha un ritratto di Mussolini nel suo ufficio, e corrispondeva con lui. Tutto questo ambiente è antisemita. L’Abbate è una figura importante per Hergé, un secondo padre”.
È l’Abbate che comanda a Hergé la produzione di I sovietici, Il Congo e poi L’America. Dei comandi ideologici pensano i due biografi, che corrispondono ai 3 pericoli che l’Abbate vedeva per l’Europa: i bolscevichi, l’imperialismo americano, e il pericolo giudeo. Wallez è cacciato nel 1934 dal XX’ secolo, l’episcopato cercava qualcuno più neutro.
Hergé si allontana dal giornale e si libera politicamente (Le lotus Blue, Le sceptre d’Ottokar). Si libera di tutto tranne che del problema dei giudei.
Il primo album nel quale Hergé mette esplicitamente in scena i giudei è Al paese dell’oro nero che appare nel XX’ secolo dalla fine del 1939 al maggio del 1940. La storia è interrotta durante la guerra e sarà ripresa nel 1948. In una cortissima sequenza che è ora sparita dalla versione attuale, Tintin passa in Arabia ed è fermato dall’esercito di occupazione inglese, per una falsa denuncia.
Dei terroristi giudei (con delle maschere antigas) commettono un attentato per prendere Tintin dalle mani degli inglesi che lo hanno confuso con un loro agente, Golgstein. ” Tintin è preso per uno giudeo. Salomon Goldstein è il gemello giudeo di Tintin.
Graficamente i giudei sono fortemente caricaturali, ma nella finzione non vi è nessuna svalorizzazione. Benoit Peeters, sottolinea che quello dei fratelli, uno buono, l’altro cattivo è un tema ricorrente.
Nel mese di Agosto del 1940, Hergé entra nel giornale LE SOIR dove lavorano molti suoi amici di estrema destra. “E’ un giornale di grossa propaganda interamente sotto il controllo tedesco, Tintin non avrà dei risvolti politici in Le Soir almeno fino al 1942” dice Benoit.
Ma, all’inizio del 1942, viene pubblicata l’Etoile Mysterieuse. ” È un album che rappresenta il parossismo della lotta dei fratelli nemici, dove l’uno dovrà escludere l’altro, racconta P. Stercks. Ma i fratelli nemici, in questa occasione sono anche i cattolici ed i giudei.
Blumstein, il rivale di Tintin, il cattivo, è rappresentato sotto le sembianze giudaiche dell’epoca, il naso, il linguaggio. È lui che conduce il gioco, è estremamente potente, non indietreggia davanti a niente”. Benoit conferma: ” Nelle prime pagine si legge della fine del mondo.
Nella prima versione, pubblicata su Le Soir, c’è una vignetta che poi è scomparsa, dove due giudei complottano: << hai sentito, Isacco, la fine del mondo? – He, he Salomon, sarebbe un buon affare. Devo 50000 franchi ai miei fornitori>>. Questa vignetta non serve nella storia, è un discorso dell’autore. E dietro l’originale, Hergé ha scritto: “soppresso per eccesso di realismo”. ”
Si ritrovano in questo racconto i grandi temi dell’antisemitismo: il finanziere giudeo alleato con gli americani, che finanzia una spedizione rivale a quella del Fondo Europeo di Ricerca Scientifica” aggiunge Benoit.
Questo FERS è d’altronde composto dai paesi dell’Asse o da paesi neutrali”. L’abbate Wallez e la sua Europa mussoliana non sono lontani.
“Quando dopo la guerra, Hergé vuole cambiare il nome di Blumstein per un nome più neutro sceglie ‘Bohlwinkel’ (che significa mercante di caramelle, nel dialetto di Bruxelles) e suo malgrado ricade in un nome giudeo” dice sorridendo P. Stercks.
Mettendo da parte nello stesso anno, l’illustrazione delle favole di Robert de Vroylande, in particolare quella dei “due giudei e il formaggio” non recidiverà mai. Dopo qualche noia durante la liberazione e una lunga ritirata in Svizzera, sembra aver fatto il punto sui suoi temi favoriti.
La stella misteriosa è ridisegnata parzialmente nel 1954, Il paese dell’oro nero nel 1969. E Hergé invecchia a sinistra.
Angouleme, come tante manifestazioni simili, assegna ogni anno dei premi denominati Alph’Art. Ricordiamo che il vincitore del Grand Prix diventa il presidente della giuria dell’anno dopo.
PALMARES ’91, OVVERO I PREMI ASSEGNATI AD ANGOULEME”.
Traduzione JOE SOTTILE”
Ricevere un Alph ‘Art a Angouleme è desiderio che ogni disegnatore ha in fondo al cuore.
E’ andata così vent’anni fa, nel 1991 …..
- Premio del migliore Album dell’anno, è stato assegnato a Le chemin de l’Amerique di Baru (La strada dell’America). Hervè Baruela detto Baru, di 43 anni, prima della consegna era molto ansioso. Sapeva che era il suo momento e sperava segretamente di farcela. Il professore di ginnastica di Nancy, può essere felice. Il suo volume, delle edizioni Albin Michel, racconta la storia vera di un pugile algerino durante la guerra di indipendenza. Si rifiuta di scegliere il suo campo e si ritrova risucchiato dagli avvenimenti. Il volume ha pure ricevuto il premio France-Info ricompensando un fumetto che tratta di un problema attuale.
- Il premio del miglior album straniero ha coronato gli spagnoli Prado e Luna per Manuel Montano (Casterman). Il volume narra le avventure spericolate di un investigatore privato che conduce le sue inchieste su uno scooter. Questo piccolo fratello di Jack Palmer si muove in un universo d’umorismo nero tipica di Luna, ben coadiuvato per il tratto vivo e preciso del giovane catalano Prado.
- Il premio umorismo è stato diviso egualmente tra Pauvre chevalier du F’murr (Casterman) e Encyclopedie des bedes n’3 di Goossens. L’autore di Genies des Alpages sviluppa il suo segno delirante nelle avventure di Don Chichotte triste e naif che porta bene il suo nome: il barone Nul comte de Sumombre, marchese de Trop. Niente di positivo … Daniel Goossens prosegue i suoi studi sociologici sul mondo dei bambini ch’egli guarda con occhio clinico.
- Il premio Coup de Coeur per i giovani autori è andato a l’Origine di Marc-Antoine Mathieu (Delcourt). Julius Corentin, impiegato al ministero dell’umorismo parte alla ricerca dell’origine per arrivare alla sua fine. La storia è piena di trovate ed è sostenuta da un disegno efficace.
- Il premio del pubblico scelto dai lettori ha ricompensato L’ultimo canto di Malaterra di Francois Bourgeon (Casterman). La qualità del disegno dell’autore è ben conosciuta ed apprezzata dal pubblico, non solo francese. (Qui di lato la copertina con l’edizione italiana recente nella collana Historica di Mondadori Comics, NdR)
- Il premio comunicazione è stato dato a Vuillemin per Rire et Chansons, una campagna pubblicitaria per l’agenzia Publicis Etoile.
- Il premio fanzine è stato attribuito al magazine Reciproquement che, oltre al premio, ha ricevuto un regalo dal sindacato dall’industrie della stampa, la stampa gratuita del prossimo numero.
- Il premio avvenire, destinato ad un amatore è stato dato a Tiburge Oger, un allievo della scuola d’Arte d’Angouleme.
- ll premio del migliore volume destinato ai giovanissimi è stato attribuito a Dans la peau d’un chat di Coman e Desberg (Dupuis)
- Il Grand Prix è stato assegnato a Marcel Gotlig.
DAGLI HIPPIES agli YUPPIES.
di Antoine De GAUDEMAR. Traduzione Tindara De PASQUALE
Agli inizi degli anni 70, FRITZ the Cat, <uno studente che vive arrangiandosi»:», in una città di milioni d’animali, diceva male dei suoi vicini: < <Sono dei cretini … sono degli hippies della domenica! E tutti i week-end è la stessa cosa! … una noia!»»
Vent’anni dopo in Belle d’un jour (Bella d’un giorno), il cane Rotoutou detto Doggo, passeggia con noia nella società degli Yuppies, che ama i cocktail e sogna di partire per raccogliere caffè in Nicaragua, praticando il sesso in solitario davanti al video porno.
Venti anni separano questi due personaggi e attraverso le loro storie c’è quella dell’America che racconta Robert Crumb: dell’America degli hippìes fino a quella degli Yuppies.
“Non ho nostalgia ci diceva Robert nel 1986 (Angoulême quell’anno gli rendeva omaggio), “è interessante vedere come il mondo è cambiato”.
Di fatto, molte cose sono avvenute da quando quest’uomo, nato a Philadelphia nel 1943, ha pubblicalo le sue prime tavole. Era nel 1958, Crumb aveva 15 armi e con il suo fratello maggiore, Carlo crea “Foo”, il suo primo comic book, che prova a vendere nella scuola: disfatta totale. I due fratelli decidono allora di venderli porta a porta, nuova disfatta, Con tutti i comics non venduti fanno un bel fuoco. Senza scoraggiarsi.
I due fratelli disegnano da sempre, dice Crumb dall’età dì 3 anni: “disegnavo prima di scrivere”. Il giovane Robert disegna con il naso sul foglio, perché non vedeva bene. A 6 anni gli mettono gli occhiali.
“Oggi penso che mi sono messo a disegnare perché non vedevo niente. Sbattevo dappertutto e ridisegnavo l’universo per tentare di capirlo. Tutti erano impressionati dal mio senso della prospettiva mentre io provavo solo a controllare il mondo, di appropriarmene. Non avevo una grande passione per il fumetto al contrario di mio fratello che nuotava in Walt Disney e aveva molta più immaginazione di me.
Mi influenzava molto, mi dominava ed è lui che mi ha trascinato: ho pensato che se non lo seguivo sarei stato un buono a nulla. I miei compagni di classe non mi amavano. Ho tenuto con me il mio orsacchiotto fino all’età di 12 anni, finché mio padre, un marine che si spostava da un campo militare all’altro e che voleva fare di me un uomo, lo buttò”.
Dopo lo scacco di Foo, Crumb disegna per dei giovani liceali. Un giorno per San Valentino disegna una coppia di innamorati che si bacia. Il direttore chiama i suoi genitori consigliando loro dì portarlo da uno psichiatra. A 19 anni Robert Crumb è buttato fuori di casa.
Deve trovare lavoro. I militari non lo vogliono ha il petto troppo piccolo. Sua madre cade in una dolce paranoia, suo fratello smette di disegnare e scrive piccoli quaderni intimi con una scrittura microscopica (ci vuole la lente d’ingrandimento per leggere) e sarà internato dopo un tentato suicidio. Il padre rimane una figura tragica simboleggiando per il figlio tutto ciò che odia. Il padre non parlerà più con il figlio fino alla morte avvenuta nel 1982.
Robert prova a vendere mobili ma non era abbastanza muscoloso, prova ad essere un delinquente ma la polizia lo riporta sulla retta via, finalmente lavora in una fabbrica di cartoline di auguri, corre i mercati per la sua collezione di 33 giri e pubblica i suoi primi disegni in HELP, una fanzine che lo celebrerà come autore. Nel 1965, prende la prima capsula di LSD (“mi ha disorientato per un po’”).
Arriva a San Francisco dove disegna dei comic strips per pubblicazioni underground:” non ero un hippie ma vivevo in quella cultura. Lavoravo con l’LSD e con l’istinto. Il problema con l’LSD è che tutto diviene rivelazione mistica e che nessuno ti può capire se non vive la stessa esperienza.
E’ in quegli anni, che Crumb, diventa, malgrado la sua volontà, il simbolo della controcultura americana per la sua rivolta e il suo modo di shockare la gente (violenza, pornografia e satira). Ma la sua critica dell’underground continua ad essere dura.
Guadagna molto fino alla metà degli anni 70. Abita ora in campagna dove tutti lo cercano, finché decide che tutto ciò è durato abbastanza: dice di aver messo cinque anni per riordinare i suoi affari.
Inizi anni 80: Crumb è completamente annientato davanti alla nuova immagine del suo paese. Nell’America di Reagan, della Borsa e dei golden boys si sente vecchio, fuori moda. Non sa più cosa fare: continuare come prima o entrare nel nuovo mondo? “Era difficile per me, l’esperienza della droga era potente benché abbia smesso nel 1975”.
Esita, si mette a disegnare delle storie più autobiografiche o più storiche (disegna molto nel settore del blues, jazz e delle grandi figure di quella musica), ma il suo sguardo si ambienta a ciò che ha attorno.
BELLE D’UN JOUR è nato da questo nuovo Crumb. Il padre di Mister Natural, Mister Snoid e di Super baby ha cambiato universo ma il suo sguardo non si è mosso. Belle d’un jour è una giovane provinciale che sogna di diventare modella a New-York.
E’ pronta a tutto, andando a letto con fotografi viziati, andando a ricevimenti mondani e inventandosi relazioni con gente importante. Ma non funziona, gli uomini pensano solo al suo corpo, gigantesco, come quello di tutte le donne disegnate da Crumb e quando finalmente ottiene un provino per una pubblicità si ritira terrorizzata nelle braccia dei suoi amici, Rotoutou il cane e Dolphino che prima odiava.
Crumb è sempre uguale, la satira degli anni 60 per le femministe, e intellettuali nevrotici continua per le nuove stelle della società degli anni 80.
FINE
Scrivemmo allora: <<Si conclude questo lungo viaggio tra i fumetti francesi. Siamo già nel clima di Angoulême ’92. I nostri collaboratori saranno presenti alla manifestazione, e ci invieranno del materiale che cercheremo di pubblicare nel prossimo numero. Tocca a voi confermare questa nostra scelte, scrivendoci le vostre impressioni su questo dossier. A risentirci su queste pagine. M.B.>>
E si conclude questa ripresentazione di quegli articoli.
La prossima volta riprenderemo proprio dal fumetto francese, stavolta con Angoulême ’92.
L’INTERO NUMERO TRE DI FUMETTOMANIA
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