Seconda parte dei testi estratti dalla rubrica Obiettivo su, dal n. 1 della fanzine FUMETTOMANIA. Dopo le recensioni sul fumetto italiano ed il fumetto USA pubblicato in Italia (tra gennaio e settembre del 1990) oggi tocca ad alcuni bei Fumetti USA in lingua originale, recensiti da Salvatore Bonanzinga, due della DC Comics ed uno della Marvel.
Ringrazio il socio Ambrogio Isgrò che ha trascritto questi testi.

In questa puntata non ci sarà la quinta parte del breve racconto “Com’era il Salone del Fumetto di Lucca”. Lo ritroverete la prossima settimana.

Mario Benenati, responsabile del Web Magazine Fumettomania.

Nota bene: II festeggiamenti per l’anniversario dei trent’anni dell’associazione Fumettomania Factory non si sono affatto conclusi! A settembre si pubblicheranno altre testimonianze di amici ed ex collaboratori. Abbiamo tante idee e progetti legati ai 30 anni che speriamo di realizzare entro dicembre del 2021.


Fumettomania da 0 a 30, Trent’anni straordinari!

OBIETTIVO SU …
Recensioni su alcuni fumetti U.S.A. (in lingua originale) del 1990

di Salvatore Bonanzinga e Giorgio Cambini

(LUGLIO-SETTEMBRE 1990)

FUMETTO U.S.A.

Iniziamo dal cavaliere oscuro di Gotham, una delle tre serie a lui dedicata è stata considerata, in questa sede, degna di essere trattata in maniera più approfondita: Detective Comics.

Con il ritorno del team Grant, Breyfogle e Mitchell dopo che la sindrome da film ha fatto sprecare tre numeri (598-600) per affidarli alla penna di Sam Hamm (il quale ha confermato che ne uccide più la penna che la spada), ha ritrovato la freschezza che la caratterizza rispetto alla testata BATMAN.

Anche le storie che hanno seguito i 50 anni del Detective hanno confermato i pregi ed il perfetto amalgama degli attuali autori. Alan Grant ha dimostrato di saper produrre trame sempre interessanti, non prive di qualche nota umoristica che arricchisce l’azione senza mai prendere il sopravvento, a differenza di quanto accade su Justice League, grazie alla puntualità degli illustratori capaci di esprimere tutto questo mediante un tratto che, nella fattispecie, trova un punto di forza nelle espressioni facciali.

Il merito maggiore di Grant sta nel saper presentare con uguale bravura i personaggi più classici della Rogues Gallery e quelli, non meno interessanti alla luce dei fatti, da lui creati ad hoc nell’attuale periodo di gestione della testata.

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Come esempi si possono citare i quattro numeri di “The Mud Pack” (Detective Comics ##604-607), in una storia sui quattro Glayface o il racconto in tre parti “Tulpa”, presentato a partire dal 601 ed in cui l’introduzione di un avversario appartenente al mondo della magia costituisce un ottimo “movente” per una guest star d’eccezione Demon.

Creato da Jack Kirby, Demon, ebbe una serie propria nel ’72 (di 16 numeri) per tornare nei quattro numeri della serie omonima di Matt Wagner (pubblicati dalla DC nell’86 e, prossimamente da questa parte dell’Atlantico) e proprio in questi mesi è tornato in una nuova collana scritta dal nostro Grant e disegnata da quel Val Semelks che ha fatto un discreto lavoro su Detective Annual 2 (1989).

A proposito di ‘Tulpa’ ho trovato pregevole, oltre alla caratterizzazione di Jason Blood (alter ego di Demon), la definizione finale del demone interiore che ha reso Bruce Wayne Batman, finalmente senza dover ricorrere all’espediente di ripresentare la sua origine.

Le prove migliori di questo periodo sono però i numeri 608-609 con la creazione di Anarky, forse più un eroe popolare un po’ naif che un vero avversario, e la storia presentata su Detective C. ## 610-611, in cui appaiono un personaggio nuovo, Kadaver, frutto dell’ennesima sperimentazione, ed il Pinguino, ottimamente fusi per le necessità della narrazione; da non trascurare il #613, “Trash”, in cui il dramma ed il tema ecologico possono fare a meno di buoni e cattivi dai superpoteri.

Due parole infine per la coppia di artisti, Norman Breyfogle e Steve Mitchell, che completano al meglio questa testata e che stanno lasciando un’impronta certamente non inferiore a quella di McFarlane su Amazing Spiderman, in grado come sono di rendere le loro tavole particolarmente vive, ricche di corpi e volti che spesso non hanno bisogno di tanti balloons.

Un’ultima nota “di servizio” per ricordare che la DC ha scelto di affidare al gruppo di Detective Comics la testata BATMAN, i cui autori (Wolfman/Aparo/DeCarlo) dopo una pausa di qualche numero, dovrebbero sostituirli, a partire da Detective #625.

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Rimanendo con Batman non si poteva trascurare, per la sua bellezza, Gotham By Gaslight di Brian Augustyn, Michael Mignola, P. Craig Russel e David Hornung (DC formato Prestige).

Questo albo è solo uno dei tanti progetti che hanno visto la luce in casa DC sull’onda del successo commerciale del film di Tim Burton, a mio avviso pessimo.

Gotham By Gaslight contiene una storia fuori serie, una sorta di “What if…?” ambientato nel 1889 che ha il maggior pregio, oltre che nelle illustrazioni sempre all’altezza della fama degli autori, nel dare una diversa ma azzeccata dimensione del personaggio nel suo nuovo (ma sarà poi così eccezionale?) continuum temporale: è pregevole l’inserimento di Bruce Wayne nell’universo degli apocrifi holmesiani (pur limitandosi a rivelarci che e’ stato allievo del detective di Baker street, durante il dialogo con un altro suo maestro, il dr. Freud, collegandosi quindi a ‘La soluzione del sette per cento’ di Nicholas Meyer), come pure l’introduzione non solo di Gordon e Harvey Dent, che hanno un ruolo nella vicenda, ma anche del Joker, attraverso un rapporto di polizia.

Quello che invece mi ha deluso è la trama gialla che avrebbe potuto e dovuto rappresentare l’adeguato supporto di questo one-shot comunque da leggere.

L.E.G.I.O.N. #cover dell'albo USA n. 11

L.E.G.I.O.N. di Keith Giffen (disegnatore fino #12, sostituito poi da Barry Kitson), Grant, McKenna (DC).

Questo è uno dei due gruppi previsti come spin-off delle vicende di Invasion (mini di 3 numeri, accompagnata da 29 crossover), essendo l’altro Blasters di cui ha visto la luce solo uno Speciale. L.E.G.I.O.N. (Licensed Extra Governmental Interstellar Operatives Network) è nata con il compito di sostituire, nell’universo DC, gli Omega Men e i Green Lantern Corps, con l’ovvio richiamo, per partire con una base di lettori ben consolidata, costituito dalla presenza come protagonisti dei precursori dei Legionari del 30° secolo.

Avendo degli autori di grande valore, le premesse sono state ampiamente superate in questa collana che combina il genere supereroistico con i temi fantascientifici. Più che per le categorie in cui si potrebbe  semplicisticamente inquadrare la collana, per i disegni che hanno uno standard medio-alto e uno stile adeguato alle storie, ciò che mi ha favorevolmente sorpreso è stata la linea narrativa (seguita decisamente dal primo numero), che definirei spregiudicata e ben diversa da ciò che mi aspettavo.

E’ interessante seguire la crescita di questo gruppo di polizia a pagamento sui generis, costituito da eroi e antieroi, che il caso ha fatto incontrare e che non spinti dall’idealismo del gruppo storico della Legione (quello delle storie pubblicate sugli Albi del Falco, per intenderci) ma delle manovre di un Vril Dox più che machiavellico, fanno questa scelta e ne affrontano le conseguenze, come realisticamente illustrato nella seconda tavola del #3 (l’esito del loro intervento rivoluzionario su Colu è un pianeta in fiamme e un popolo che non è in grado di affrontare un cambiamento così repentino, e non una folla festante).

Proprio Vril Dox è il simbolo dell’approccio decisamente inusuale per una delle due majors ad una serie a fumetti: in una collana di stampo tradizionale, questi sarebbe stato reso come una scialba copia di Brainiac 5, e il discorso potrebbe essere fatto anche per altri protagonisti (vedi Steath o Strata) di questa serie che non conosce pause non solo e non tanto per l’azione ma soprattutto per i rapporti tra i personaggi che sono in continua crescita e perciò da seguire fin tanto che gli autori sapranno mantenere la spinta maturativa.

Un gruppo nato per caso, dicevo prima, ma staremo a vedere se anche stavolta, come per quello citato nel Libro primo della Cronaca degli Whill si potrà dire: “Si trovarono nel luogo sbagliato nel momento sbagliato e divennero eroi.”

Phantom_Vol_2_1 - cover

The Phantom di Mark Verheiden e Luke McDonnel (DC): è un vero peccato che si sia conclusa questa serie che ci ha presentato l’Uomo Mascherato come uomo che vive i problemi di questa fine secolo da quel particolare osservatorio che è il Terzo Mondo, inteso come vittima dei paesi che si dicono più sviluppati.

Pienamente aderenti a questa nuova versione di Phantom sono le illustrazioni di McDonnel. In definitiva una serie che meritava miglior sorte, anche se la sua impostazione poteva non essere gradita a chi vorrebbe vedere l’Ombra che cammina solo come paradigma del fumetto d’avventura.

Salvatore Bonanzinga

Meltdown

I lettori italiani stanno subendo proprio in questo periodo la grande ondata dell’invasione mutante, resa ancor più caotica dal fatto che vengono pubblicate in contemporanea storie che hanno visto la luce, in USA in un periodo tra il 1982 e il 1989, con l’ovvia conseguenza di vanificare la famosa continuity e far perdere gusto alla lettura, magari a scapito di lavori come Meltdown.

Tutto questo ha creato nel mercato italiano, un effetto di saturazione nella saturazione proprio perché il lettore viene investito in toto da una marea di pubblicazioni, e nel particolare si tende a presentare tutto quanto attiene alle Mutant-Series, trascurando che a tale quantità non corrisponde sempre altrettanta qualità e questo può far disamorare il lettore ritrovato.

Quanti seguono il mercato statunitense “in diretta”, sanno bene che Meltdown è una miniserie (4 numeri in formato Prestige, che sono pubblicati in questo mese come Play Extra), già datata visto che si è conclusa all’inizio dell’estate ‘89, ma che credo meriti di essere portata all’attenzione di quanti attendono di leggere l’edizione italiana.

Gli autori dei testi sono i coniugi Simonson, Louise (tra i pochi cui Claremont abbia lasciato la penna di testate come New Mutants e X-Factor) e il grande Walt (del quale ammiriamo solo ora la saga di Thor, e che ha preso le redini dei Fantastic Four, dopo aver curato gli Avengers e gli X-Factor).

I disegni non ci sono, o meglio, sarebbe riduttivo considerarli solo come tali, visto il lavoro fatto da Jon J. Muth (di cui la Marvel ha pubblicato la graphic novel Dracula e, nel filone EPIC, Moon Shadow) e Kent Williams (autore della miniserie Epic Blood).

Havok and Wolverine Meltdown #1

Cerchiamo ora di esaminare in dettaglio questa mutant-spy-story. Sia la trama che la sua resa grafica sono degni di attenzione per gli elementi di novità che portano, rispetto alle vicende mensili di Havok e Wolverine, i due X-men protagonisti di un’avventura che si svolge tra Chernobyl, un paesino imprecisato del versante atlantico del Messico, i Carpazi e un manicomio criminale in Siberia. La scena iniziale ricostruisce quanto è accaduto nell’Aprile ‘86 al reattore #4 della centrale di Chernobyl, dicendoci però che l’incidente non è stato tale, ma è l’inizio di un tentativo di rivincita delle forze conservatrici sovietiche, e la mente del classico scienziato folle è quella del dr. Neutron, internato in Siberia, mentre il braccio è il mutante Meltdown. Gli elementi di interesse della storia sono comunque strettamente connessi con l’aspetto artistico, dato che raramente come in questo caso si nota un’interpretazione figurativa che incarna e fa sentire più vivi quelli che troppo spesso sono trattati “da eroi di cartone”, e si deve a mio avviso applaudire la scelta di far rappresentare Havok (e Quark) a Muth e Wolverine a Williams, così da dare corpo alle differenze tra i due personaggi in una maniera che supera, in parola povere, quanto sotteso o esplicitato dal testo di Claremont su X-Men e mai pienamente espresso anche da disegnatori come l’ottimo Mark Silvestri.

Un lavoro da leggere quindi per le qualità di un testo più fresco e svincolato dai troppi e ricorrenti stereotipi delle storie dei mutanti, godibile anche da parte di quanti sono stanchi di questo clichè ampiamente sfruttato commercialmente dalla Marvel e apprezzabili per le qualità pittoriche, dato che tratto e colore sono una cosa sola; diversa e pure sempre leggibile da tutti, in quanto, per intenderci, non si arriva alla geniale follia di Sienkiewicz, spesso difficile “da digerire” nelle sue opere più originali ed innovative come Elektra Assassin. Non resta che attendere l’edizione italiana che spero, sia adeguatamente tradotta e, soprattutto, sia stampata sullo stesso tipo di carta utilizzata per l’edizione originale per non far perdere nulla al lettore, come purtroppo spesso accade.

Salvatore Bonanzinga


L’INTERO NUMERO UNO DI FUMETTOMANIA

FM#1 – 1990

LO POTETE VISUALIZZARE E SCARICARE DAL SITO DALL’APP HyperComix


NOTE EXTRA

FUMETTOMANIA INDEX 1990 -2021

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