“Raccontare la città sarà il mio tema”, Will Eisner (1917 – 2005).

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Tra le letture estive di Gordiano Lupi (scrittore, editore, traduttore e talent scout di Piombino) non poteva mancare quella su uno dei grandi autori del fumetto mondiale di tutti i tempi, Will Eisner, colui che diede spinta al termine graphic novel per indicare racconti a fumetti di ampio respiro (non vincolati alla erialità dei comic USA ) come lo erano le storie stupende ben lontane dal formato e dal target del comic book che risaliva agli anni 30 del secolo scorso.

L’Edizione italiana è del 2008, Einaudi – Stile Libero Extra, le storie contenute sono le quattro celebri graphic novel ambientate nella Grande Mela: “New York“, “Il palazzo“, “City People Notebook“, “Gente invisibile, 4 capolavori.

Buona lettura

Mario Benenati, Responsabile del sito Fumettomania Factory Magazine


Raccontare la città sarà il mio tema

Will Eisner (1917 – 2005), maestro indiscusso del fumetto

di Gordiano Lupi

Scrivo fumetti e amo la città dove son nato, la New York che canto, ma non sono un sentimentale, come scrisse un editore di cui non ricordo il nome.

Ho dedicato quattro romanzi grafici a una New York decadente e nera, brutale e indifferente, cinica e perversa. Il mio sentimento nasce dalla realtà che osservo, non è sentimentalismo, riconosco le cose, la città che vivo è dentro me, nel bene e nel male, perciò la canto.

Nasco così tanti anni fa da non ricordare quando, forse erano i tempi della Genesi, da giovane vendo giornali, faccio tante cose, m’invento fumetti per i quotidiani, un inserto diffuso come il pane; il protagonista m’è sopravvissuto, si chiama The Spirit, pure lui racconta la New York degli anni Trenta.

Credo nei fumetti, il mio solo modo di comunicare, ci ho sempre creduto, da giovane anche più che al termine di questa vita quando ancora cerco di scrivere il mio capolavoro. Credo nel fumetto per adulti, cose come The Spirit e PS Magazine, storie educative e simboliche, ci credo anche quando potrei andarmene in pensione. Morire con la matita in mano è il mio destino, narratore populista ancora non troppo popolare, dopo sessant’anni di fumetti, fino alle storie su New York e al Contract whit God.

Leggete le mie lettere d’amore alla Grande Mela, son lettere d’amore d’un realista, uno che vede il lato negativo del suo amore. Son lettere d’amore un po’ diverse, desideri insoddisfatti, amori poco salutari, vite di persone ai margini, destini contorti che portano alla tomba, vignette vergate con la rabbia e col rancore, pagine intrise di speranze tradite e contraddette.

La mia Grande Città che si racconta, piccole storie mute desunte dalla strada, personaggi fatti della stessa consistenza dei sogni, racconti che non sprecano parole ma inondano d’immagini la tavola. Osservo la gente e scrivo, disegno chi vedo, scruto le strade del presente, indago il passato, rivedo le vetrine e i palazzi d’una città che non ho dimenticato.

Pagine di taccuino macchiate d’inchiostro diluito, linee morbide segnate in grigio scuro, titoli schizzati a mano, son le mie storie rapide come un lampo, dove tutto accade nello spazio d’un racconto; faccio rivivere fantasmi del passato, invento storie d’invisibili che si perdono nel tempo, uomini e donne che vanno alla deriva.

City People Notebook non è che quello, son frammenti, pagine nel vento, emozioni colte di sorpresa che si stemperano nel sogno d’un tramonto. Scrivo le storie legate a un palazzo, un fantasma che vorrebbe salvare i suoi bambini, racconto una donna innamorata d’un poeta, un violinista che muore col palazzo e la vita d’un uomo ossessionato.

Piccole storie truci che esprimono il mio solo sentimento, vorrei New York come non è mai stata, vorrei che le cose non andassero nel modo in cui la vita mi costringe a scriverle. Le città in fondo son tutte uguali, vivo la mia per questo la racconto, un mucchio di edifici e un po’ di gente, crepe del suolo e vita fremente, che turbina nei bassifondi.

Il ritratto della città visto dalle scalinate dei caseggiati, come fossero spalti d’uno stadio, ponti levatoi del ricordo, punti di ritrovo, piccoli palchi, posti a sedere sicuri nell’arena, da cui assistere alla parata della vita. Una grande città che si aggrappa al cielo in cerca del suo spazio, ma che sprofonda verso i bassifondi percorsi da metropolitane luccicanti, su binari che partono da parchi malandati, dispersi in una vita periferica fatta di rettili di ferro, in un intrico di rotoli d’acciaio, serpeggiando attraverso gli edifici, incuneandosi nelle piccole esistenze, fino a penetrare le viscere cittadine.

La mia grande città, alveare di cemento e acciaio, brulicante di esseri viventi che depositano rifiuti ed escrementi agli angoli di viuzze immaginarie, dentro bidoni di ferro, ossidati dalla vita, in mezzo al caos, tra le ferite di esistenze immobili, con ricordi spezzettati, non ricomponibili per niente.

Racconto la città e i suoi odori, le sentinelle agli angoli del corso, gli idranti distrutti, i suoni persistenti e fastidiosi, tutti i rumori, la sinfonia unica e impossibile d’una vita fatta di ricordi. I muri della città son la sua anima, raccolgono le urla, coreografia della danza d’una vita, proteggono abitanti ed escludono, trattengono e imprigionano, amati e odiati muri fatti dagli uomini per limitare il tempo.

Palazzi di città che hanno un’anima, isolati che conservano le vite, dove la gente vive un’esistenza, punti di riferimento per piogge e lacrime, scrosci di risate, drammi personali sconosciuti. Vedo la città come una giungla, racconto le creature che ci vivono, l’ambiente circostante, dipingo una triste coreografia del quotidiano.

Lavoro infaticabile fino alla fine, in cerca del mio capolavoro, anche quando vinco diversi premi Eisner, ironia d’un disegnatore che vince un premio alla memoria del se stesso ancor vivente, pure se vecchio. Sono come un mio amico musicista jazz che continua a suonare per tutta la vita, lui sta cercando la Nota, mi dice.

E così vado avanti anch’io, cercando la mia Nota. Forse l’ho trovata, forse no. Chi può saperlo? E poi non sta a me dirlo.


Will Eisner

New York, la grande città

2008 Einaudi – Stile Libero Extra

pp. XII – 428, costo € 24,00 – ISBN 9788806192846

Traduzione di Costanza Prinetti

Introduzione a cura di Neil Gaiman

Contributi di Denis Kitchen


https://www.edizioniilfoglio.com

BIOGRAFIA

Gordiano Lupi (Piombino, 1960).
Ha fondato nel 1999 la rivista – casa editrice Il Foglio Letterario, che dirige. Ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Collabora con Poesia di Nicola Crocetti, Valdicornia News, Inkroci, Futuro Europa. Traduce molti scrittori e poeti cubani (Alejandro TorreguitartRuiz, Virgilio Piñera, Zoé Valdés, Felix Luis Viera …). Ha pubblicato libri monografici sul cinema italiano.

Tra i suoi lavori: Cuba Magica – conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Un’isola a passo di son – viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Almeno il pane Fidel – Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006), Fellini – A cinema greatmaster (Mediane, 2009), Una terribile eredità (Perdisa, 2009), Storia del cinema horror italiano in cinque volumi. Ha tradotto La ninfa incostante di Guillermo Cabrera Infante (Sur, 2012).

Tre suoi romanzi sono stati presentati al Premio Strega e sono dedicati alla sua città: Calcio e acciaio – Dimenticare Piombino (Acar, 2014), Miracolo a Piombino – Storia di Marco e di un gabbiano (Historica, 2016), Sogni e altiforni – Piombino Trani senza ritorno (2018), scritto con Cristina De Vita.

Pagine web: www.infol.it/lupi
E-mail per contatti: lupi@infol.it

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