Chiudiamo questo mese di gennaio con un’altra coppia di Autori che impreziosiscono lo speciale dedicato alla collettiva Anthropocene che, ricordo a chi ci legge per la prima volta, anticipa le mostre itineranti che realizzeremo in alcune città italiane quest’anno (e che stiamo cercando di portare anche all’estero).
Questa settimana mettetevi molto comodi, abbiamo con noi altre due amici speciali. Il primo è un gradissimo artista autore di fumetti, per lo più dipinti, di caratura internazionale; e se consideriamo che è stato lui a proporsi per partecipare al nostro progetto, il nostro Grazie è infinito.
Il secondo è un caro amico, giornalista, autori di articoli, racconti, testi per il teatro, ha diretto riviste, eccetera, eccetera e, tutte le volte che può, partecipa ai nostri progetti. Dopo un benvenuto, e li ringrazio, a Scott Hampton (USA) e a Fabrizio Scibilia di Milazzo (Messina).
Anche in questo caso, come la settimana scorsa, anche le loro due opere sono molto diverse, la prima è un’illustrazione stupenda, un dipinto ad olio, che ha avuto molti consensi all’anteprima dello scorso 6-28 novembre; la seconda opere è un racconto struggente, che presto sarà accompagnato da una illustrazione
Vi ricordiamo, infine, che il progetto Anthropocene può essere supportato anche seguendo e condividendo la sua pagina facebook: https://www.facebook.com/fumettomania.anthropocene/
Mario Benenati, ideatore dei progetti culturali di Fumettomania
La nostra colonna sonora:
Video musicale a cura STEREOTOMY – The Alan Parsons Project Tribute Band
(OPERA 35: “ANTHROPOCENE un pianeta da salvare”)
PRESENTA:
LE OPERE DELLA MOSTRA ITINERANTE
NONA PUNTATA
Opera 24: “Resurrection in Nature”
<<The painting I want to use is this one which has never before been published. It is a symbolist piece and will be accompanied by a poem by Jennifer around the theme of Resurrection in Nature.>>
24 – SCOTT HAMPTON & JENNIFER LANGE
Dipinto su tela
formato dell’opera: 18×24 cm
Tecnica: the painting is an oil
Biografia
Jennifer Lange is a writer, metalsmith, and colorist for comics and graphic novels.
She collaborated with artist Scott Hampton (along with P. Craig Russell) on the three-part graphic novel adaptation of Neil Gaiman’s best-selling and multi-award-winning novel “American Gods” (Dark Horse Comics). You can also see her color work in the graphic novels, “Black Sparrow” (Storm King Comics), and “Holy Diver” (Z2 Comics).
Scott Hampton is an American comic book artist known for his painted stories.
Scott’s work on Silverheels from Pacific Comics in 1983 is argued to be the first continuing painted comic book (as opposed to strips and graphic novels).
He has worked on many well-known characters — Batman, Sandman, Black Widow, Hellraiser, and Star Trek to name a few.
OPERA 15: “QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO“
QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO di Fabrizio Scibilia
“Oggi ti racconto di quella volta che sono morto”.
Il bambino guardò subito il vecchio dritto in faccia, con occhi spalancati e perplessi. Poi, socchiudendoli un po’, accennò a un sorrisetto e, piegando la testa in un lato, disse: “Hai sempre voglia di scherzare, tu”, con l’aria di uno che vuole sembrare già grande, uno che non si fa intortare dalle favole del nonno. Non più, a dieci anni.
Il vecchio non cambiò affatto espressione, invece, restando serio e pacato. Ricambiò lo sguardo fisso del nipote, e scandì: “Perché, come immagini arrivi la morte?”
“Be’, non saprei… chi lo sa, poi? Bisognerebbe tornare per dirlo”, l’altro rispose quasi esitante, dopo una pausa di riflessione. Ma senza distogliere gli occhi dal nonno: come a dire che sì, aveva capito che il vecchio non stava scherzando, ma non dove voleva arrivare. “E non è mai tornato nessuno, finora…”, aggiunse con un tono sospeso, che conteneva tutta l’attesa di parole nuove.
“Vedi… la morte, per sua natura, non arriva quasi mai a sorpresa. Si fa preannunciare, prima, da una serie di segnali. Ma di solito noi non vogliamo coglierli, li ignoriamo. Troppo grande è la verità che ci porta, per provare a svelarla davvero. Così facciamo finta di niente, anche quando i sussulti si fanno tanti e sempre più forti, e ci dicono che il grande terremoto è vicino, e che tutto sta per crollare”.
Il bambino guardò fisso il nonno, allargando di nuovo le pupille e protendendo leggermente il corpo verso di lui, come ad ascoltare meglio. Perché aveva capito che si trattava di qualcosa di vero, di reale. Un pezzo di vita capitatagli, come altri che ogni tanto raccontava, quelli che i nonni hanno sempre raccontato ai nipoti. Ma questo era diverso da altri che già conosceva.
La morte! Ma cosa mai poteva avere vissuto, il nonno, di così grave? Una malattia che non sapeva? Uno scampato pericolo? Un incidente lontano? Rovistava tra i frammenti di qualcosa che aveva origliato, di un ricordo inconscio, di un’immagine sbiadita, mentre il nonno cominciò a scandire le sue parole, una ad una, come ripescandole da un cassetto chiuso da tanto tempo.
“Era un mercoledì di inizio marzo apparentemente come tanti, con un sole vivo e un’aria limpida che già annunciavano qualche sentimento di primavera. Di fronte alla scuola primaria, dove io insegnavo allora, c’era ancora qualche coriandolo, ai bordi dei marciapiedi: era passato da qualche giorno Carnevale, infatti, e i bambini erano venuti a scuola per festeggiare con le loro mascherine. Nessuno poteva pensare che nel giro di pochi giorni il termine “mascherine” avrebbe significato tutt’altro. Qualcosa di ben più drammatico.
La mia vita procedeva senza scossoni, con quella dolce ripetitività che le dava il lavoro coi bambini, a volte faticoso, ma capace di dare soddisfazioni e sempre -sempre- tanto calore umano. I bambini, ad un maestro maschio, che tutto sommato era una rarità, si affezionavano particolarmente. E anche per questo, o magari, chissà, un po’ perché quel maestro ero io, tutto l’ambiente -insegnanti, bidelli, genitori- mi voleva bene e, in un certo senso, mi rispettava e forse mi proteggeva.
E’ vero che si sentiva parlare da oltre un mese di un virus che aveva mietuto vittime e contagiato un numero imprecisato di persone in Cina. Ma era la lontana Cina. E’ vero che da una decina di giorni si era saputo che lo stesso virus era ormai presente anche nel Nord Italia. Ma era il “non vicino” Nord Italia, con le sue brume fredde e cupe, col suo accumulo di asfalto e cemento, con la
sua frenetica corsa per produrre e consumare: tutte cose che in qualche modo ce lo rendevano distante quasi come la Cina.
Quanto di più diverso, infatti, dalla mia piccola scuola immersa nel verde dei salici e quasi lambita dagli spruzzi del mare, in un paesino di pescatori in riva al Tirreno, sempre battuto dal vento e illuminato da un sole pungente anche d’inverno? Quanto di più imparagonabile alla Lombardia, del profilo dolce delle Eolie che, dall’ombra del santuario del Tindari, potevo scorgere incastrate tra cielo e mare dalle finestre delle mie classi?
Sembravano solo echi lontani, quelle notizie giunteci nei giorni precedenti a quel mercoledì di inizio marzo, e invece erano i primi sussulti che annunciano il grande terremoto.
Finimmo le lezioni all’una e mezza, come sempre, quel mercoledì. Interrogavo Camilla, ma la campanella della fine delle lezioni stava per suonare. Le dissi di fermarsi: il resto l’avremmo fatto venerdì, quando sarei tornato in quella classe.
Camilla non completò mai più quell’interrogazione.
Quel mercoledì, nel pomeriggio, il governo emanò d’urgenza un decreto come non se n’erano mai visti né si sarebbero potuti immaginare.
Vedi, io non sono morto in quel momento, no. Anche se, a guardare bene, quello fu un sussulto forte, forse il più importante, fra quelli che annunciavano il successivo terremoto finale.
Con quel decreto, però, si annunciò la chiusura della scuola per dieci giorni. Col tempo capimmo tutti, proroga dopo proroga, che la scuola, quell’anno, non sarebbe più ripresa.
Due sere dopo dovevamo incontrarci con altri amici per la solita partita di pallone settimanale, come facevamo abitualmente per mantenerci in salute e passare una serata in compagnia. Già si sentiva parlare di “zone rosse”, di “quarantena”, di “tamponi”, di “Covid-positivi ma asintomatici”. E poi di “divieto di assembramento”, che presto diventò “obbligo di distanziamento sociale”. Non pensavamo, con gli amici, quella sera che apparentemente sembrava ancora come tante, che quella specie di tsunami sarebbe prestissimo arrivato fino a noi, fino alle nostre comunità tranquille in riva al mare. Fino a stravolgere i nostri automatismi quotidiani. Le nostre singole vite, in modo capillare e a volte subdolo.
La scossa finale, quella che completò il terremoto, arrivò il lunedì successivo: un nuovo decreto estese nottetempo i divieti a tutta la Nazione. Ci tolse d’un tratto tutte le possibilità di incontrare anima viva che non fosse abitualmente convivente con noi, nella nostra casa. A meno di emergenze sanitarie o del dover fare la spesa più essenziale, non si poteva più uscire.
Ecco, quel lunedì io sono morto.
Perché gli altri, da allora, per ciascuno di noi, a livello innanzitutto inconscio e quindi profondo, improvvisamente diventarono dei pericoli da cui stare lontano.
Forse per qualcuno, in realtà, già lo erano. Da un po’, infatti, troppi di noi si erano alienati dall’umanità più vera, chiudendosi in un mondo sempre più virtuale, dipendente dalla tecnologia, diffidente verso il prossimo.
Ma questo non valeva certo per me, che facevo il maestro e amavo il mio lavoro soprattutto per il calore umano che mi dava l’aula, per il rincorrersi e il vociare disordinato dei bambini, per
l’importanza di un abbraccio, la dolcezza di un buffetto o l’affettuosità di una carezza. Che, grazie ai bambini, rimanevo fiducioso nel genere umano e ottimista verso il futuro.
Eppure, durante la quarantena e anche dopo, nella lenta ripresa di parte dei contatti sociali, pensai che, in verità, la normalità del “prima” non ci sarebbe più stata.
Per quello, in quei primi giorni di marzo, io sono morto. Perché una parte di me, la parte più importante della mia umanità, quella fatta col mio corpo, col mio respiro, dalle gocce del mio sudore, delle mie lacrime e del mio sangue, da quel momento sarebbero rimasti, innanzitutto psicologicamente, confinati dentro di me, e lì sarebbero state destinate ad inaridirsi senza speranza.
Vedi, noi abbiamo bisogno del corpo degli altri, di sentirne il calore, di toccarne la consistenza, di vederlo da vicino, di annusarne l’odore. Per percepire i nostri corpi in quelli altrui, per riconoscerci come esseri viventi. E riconoscersi tra simili è un dono concesso solo all’uomo”.
Ci fu una lunga pausa.
Il ragazzo, che era stato ad ascoltare in silenzio le parole lente del nonno, continuava a guardarlo fisso.
Mentre il nonno parlava, però, lui capì.
Capì perché gli abbracci fra nonni e bambini li poteva vedere solo in vecchie foto ingiallite.
Capì che quel virus di cui gli aveva parlato il nonno, la cui scoperta risaliva ormai a trent’anni prima, una cura davvero risolutiva non l’aveva mai avuta. Né tanto meno un vaccino. Che si era riusciti solo a trovare, dopo alcuni anni di faticoso distanziamento sociale e mille sofferte cautele nell’interagire quotidiano, delle terapie che davano praticamente la certezza, a chi aveva meno di 65 anni, di non sviluppare alcun sintomo. Restando però contagiosi verso i più anziani.
Ecco perché i contatti fisici tra le generazioni, nella società del 2050, erano rigorosamente vietati, ormai da almeno cinque lustri. Al punto che quella sembrava una condizione normale, e la memoria del “prima” si andava facendo sempre più labile e offuscata.
Ed ecco perché, in quei primi giorni di marzo di trent’anni prima, suo nonno, molto tempo prima di diventare davvero anziano, era già morto.
E ora era lì, a più di ottant’anni, apparentemente in buona salute, a ricordare con il nipote la propria vita passata, come un nonno qualunque, ma con la sensazione di averne già vissuto la fine.
Il ragazzo capì. E cominciò senza accorgersene a sentirsi gli occhi gonfi di lacrime. Istintivamente , si sporse ancora di più verso il nonno, e fece per abbracciarlo, mentre lui, gli era sembrato, stava abbozzando un mezzo sorriso.
Nel farlo, toccò un tasto sbagliato e lo schermo si spense.
15 – FABRIZIO SCIBILIA
racconto breve
Titolo dell’opera: “QUELLA VOLTA CHE SONO MORTO”
Breve biografia
Fabrizio Scibilia
E’ nato nel 1968 a Milazzo, di fronte alle Eolie, dove oggi vive con la moglie e la figlia Eva, di quattro anni, in una casa di pietra e legno. Di formazione umanistica, ha studiato a Messina (lauree in Legge e in Storia e filosofia), Roma, Napoli e Oxford, esordendo nella scrittura alla fine degli anni Ottanta come cronista di provincia in Sicilia, fino ad arrivare al mondo della grande industria giornalistica milanese una decina d’anni dopo. In mezzo, la Val d’Elsa Toscana, il Ponente Ligure, tre lingue imparate e tanta voglia di riprendere a scrivere in modo più autentico, creativo e libero: anche dalla dittatura della tecnologia e della virtualità, dalla connessione continua, dall’alienazione sociale…
Così, dal 2003 è tornato nell’isola-continente a cui appartiene, dirigendo giornali indipendenti e legati al territorio, scrivendo testi di “teatro sociale” e progettando sviluppo di comunità, collaborando a varie produzioni filmiche, in particolare di tipo documentaristico tra Messina e Palermo.
Dopo avere cominciato come maestro nelle scuole primarie della provincia di Messina, insegna ora Storia e Filosofia al liceo e passa il tempo libero a vedere film, vecchie antologie del calcio e ascoltare musica, fantasticando su improbabili supergruppi e le migliori formazioni pallonare di sempre.
Ma il suo vero tridente dei sogni è formato da Danilo Dolci, Lorenzo Milani e Gianni Rodari.
NOTE EXTRA
“ANTHROPOCENE” PROJECT by FUMETTOMANIA
52 OPERE CONSEGNATE
57 ARTISTI PARTECIPANTI
ed 2 sponsorizzazioni importanti
(che ci hanno permesso di stampare tutte le opere digitali su carta e su forex),
ed un’altra quindicina di opere inedite sono in arrivo.
NOTIZIE CORRELATE
Dal blog del nostro amico John Freeman
L’incipit del progetto …
“I cambiamenti climatici ormai ci impongono una presa di coscienza: ognuno di noi, levando la propria voce può fare la propria parte per denunciare quello che sta succedendo e contribuire al tentativo di salvare il nostro Pianeta.
Ce lo chiedono i nostri figli, i nostri nipoti, i ragazzi che incontriamo nelle scuole. Ce lo chiedono coloro a cui lasceremo in eredità la Terra. “
… che trae spunto da:
IL FILM DOCUMENTARIO Antropocene – L’epoca umana, che esplora l’impatto dell’uomo sulla Terra
(Fondazione Culturale N. Stensen with Valmyn Distribution),
La DEADLINE per partecipare al progetto è ancora aperta!
TERZA CONSEGNA
31 GENNAIO 2022
QUARTA ED ULTIMA CONSEGNA
31 MARZO 2022
MAGGIO 2022
PRIMA MOSTRA ESPOSITIVA A BARCELLONA POZZO DI GOTTO
(CITTA’ METROPOLITANA DI MESSINA)
Tutte le Opere di Autori professionisti
insieme ai lavori degli STUDENTI delle scuole che hanno partecipato al progetto
MOSTRE ITINERANTI DA GIUGNO A DICEMBRE 2022,
IN VARIE CITTA ITALIANE e STRANIERE (Kendal, UK)
E probabilmente … altre mostre anche nel 2023
DUE VIDEO DELLA SERATA DI APERTURA DELLA MOSTRA “FUMETTOMANIA DA 0 A 30” (6 NOVEMBRE 2021)
PER SAPERNE DI PIU’
O PER PARTECIPARE AD ANTHROPOCENE
Vi invito a leggere sul nostro web magazine qualcuno dei prossimi 5 articoli (anche tutti se fosse possibile), perché vi sono spiegati in maniera molto dettagliata il progetto e i nostri obiettivi.
- abbiamo presentato il progetto con l’articolo del 12-02-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/fumettomania-ha-lanciato-antropocene-un-nuovo-mega-progetto/ - abbiamo iniziato a diffondere la scheda tecnico-informativa (in italiano ed in inglese) per parteciparvi, https://www.fumettomaniafactory.net/antropocene-come-partecipare-al-progetto-scheda-informativa/(Articolo del 26-02-2021)
- abbiamo presentato una ricca bibliografia, con l’articolo del 04-03-2021,
https://www.fumettomaniafactory.net/una-bibliografia-di-supporto-per-partecipare-ad-antropocene/ - e l’abbiamo ripresentata aggiornata, insieme alla deadline del progetto, lo scorso 7 agosto 2021
https://www.fumettomaniafactory.net/anthropocene-progetto-settembre-fumettomania/ - ed ancora abbiamo dato un ulteriore aggiornamento sui temi ambientali con l’articolo del 14 agosto 2021 https://www.fumettomaniafactory.net/clima-drammatico-dossier-onu-codice-rosso-per-intera-umanita/
Inoltre
- abbiamo diffuso un progetto inglese attinente al nostro, con l’articolo del 12-03-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/10-years-to-save-the-world-10-anni-per-salvare-il-mondo/ - e del 15 maggio 2021, https://www.fumettomaniafactory.net/10-years-to-save-the-world-comic-art-anthology-project-launches-on-earth-day-2021/
ed infine abbiamo diffuso un secondo progetto inglese, un libro, sempre attinente al nostro progetto https://www.fumettomaniafactory.net/anteprima-europea-selfless-giant-il-fumetto-di-andy-serkis-per-the-most-important-comic-book-on-earth/
Senza contare la rassegna stampa che abbiamo avuto finora tra i quali spicca l’articolo sul blog inglese downthetubes.net, https://downthetubes.net/?p=125348 curato da John Freeman, l responsabile stampa del Lakes International Comic Art Festival, un bel festival inglese che si svolge ogni anno a Kendal nella regione della Cumbria.
Negli articoli sopraindicati trovate anche le SCHEDE TECNICHE (in Italiano ed in Inglese) per coloro che vorranno ancora aderire e partecipare al progetto, l’indicazione delle SCADENZE (deadline) del progetto, ed anche un po’ di materiale , di LINK e di file PDF a supporto.
Infine trovate anche la BIBLIOGRAFIA, che abbiamo realizzato (e che viene aggiornata costantemente) a supporto delle Biblioteche, dei Musei e dei Centri Culturali che ci supportano, ed anche delle Scuole del fumetto, e degli Istituti Scolastici comprensivi della nostra città e dell’hinterland che vorranno aderire alla versione personalizzata, proprio per le Scuole, di questa progettualità.