Ed eccoci, anche se con qualche mese di ritardo, ai testi del n. 2 della fanzine Fumettomania pubblicato ad Aprile del 1991, numero che faceva da apripista alla nascente associazione culturale (fondata il 14 maggio di quell’anno) e che era anche un omaggio alla serie della Bonelli che sarebbe uscita in edicola il 18 giugno 1991, stiamo parlando di Nathan Never.
La copertina di quel nuovo numero, infatti, era dedicata proprio a Nathan con uno strepitoso disegno di Claudio Castellini ed una eccelsa colorazione di Giuseppe Orlando, artista barcellonese già autore delle precedenti due copertine della fanzine. A Claudio piacquero molto i lavori di giuseppe, e volle che la colorazione della copertina fosse realizzata da Orlando.
I testi di oggi sono estratti, dunque, dal n. 2 di FUMETTOMANIA dalla rubrica Obiettivo su … , e riguardano alcuni bei Fumetti Italiani.
Ringrazio il socio Antonio Barreca che ha trascritto questi testi.
Mario Benenati, responsabile del Web Magazine Fumettomania.
Nota bene: II festeggiamenti per l’anniversario dei trent’anni dell’associazione Fumettomania Factory non si sono affatto conclusi! A settembre si pubblicheranno altre testimonianze di amici ed ex collaboratori. Abbiamo tante idee e progetti legati ai 30 anni che speriamo di realizzare entro dicembre del 2021.
Fumettomania da 0 a 30, Trent’anni straordinari!
Com’era il Salone del Fumetto di Lucca – quinta parte
“Novembre 1990″

Il n. 2 di Fumettomania pubblicato nell’aprile del 1991 oltre la conferma di un gruppo e di un percorso che la fanzine desiderava compiere fu, per certi versi, il risultato della partecipazione all’edizione di Novembre 1990 del Salone del Fumetto di Lucca, come dimostrato dal ricco reportage che pubblicammo in quel numero, bel 11 pagine!
Di quella Lucca Comics, proseguiamo a scrivere alcuni bei ricordi, con la puntata di oggi e le prossime due.
Delle interviste agli autori di Nathan Never e a Sergio Bonelli ho già scritto; dalle belle pubblicazioni di Granata Press, con il ritorno dei Manga in Italia, pure; delle visite di tanti autori italiani, in particolare di tanti giovani esordienti, al nostro stand ho già scritto; delle tensostruttura, vicinissima al Palazzetto dello Sport, tutta dedicata alla Walt Disney Italia (a quel tempo la Panini S.p.A. non esisteva) ha dato qualche cenno.
In quella tensostruttura c’erano tre spazi: uno per una mostra espositiva dedicata agli autori italiani che avevano lavorato in Disney, uno per gli incontri (ho già scritto la volta scorsa della presentazione della prima edizione del bellissimo libro “I Disney Italiani“) ed uno dedicato ad uno spazio allora nuovo: quello della Disney University, fortemente voluta da Giovan Battista Carpi, e lì ho incontrato ed intervistato i giovanissimi Silvio Camboni e Roberto Santillo.
Ancora non ne avevamo coscienza ma quell’anno la creazione diDisney University, fu evento epocale!
Altro ricordo indelebile fu la serata del 3 novembre 1990 (per me e per fumettomania, ch’era la prima volta che partecipavamo) con la consegna dei premi Yellow Kid. Avere tanti artisti italiani e stranieri, nonché i vari operatori del settore, tutti riuniti in un unico luogo era una cosa incredibile ai nostri occhi.
Quella sera trai giovani premiati, per alcune storie a fumetti su SPOT, che era un supplemento della storica rivista Eternauta c’era un certo Leonardo Ortolani (!), mentre tra i big premiati ci furono Claude Moliterni, Sergio Toppi, Alberto Breccia (ho ancor ai brividi per il sketch a penna che mi fece), Paolo Eleuteri Serpieri con la sua splendida Druuna, il grandioso John Bolton (anche se poco conosciuto in Italia), Tiziano Sclavi, per l’apporto che sta dando alla serie Dylan Dog, Kent Williams, ed infine il grandissimo maestro Romano Scarpa, che ebbe due minuti di applausi.
Veramente grandi emozioni e grandi ricordi.
Mario
continua
Dopo gli ottimi articoli pubblicati nel n. 1 , che avevano riguardato : le storie pubblicate sulla rivista COMIC ART, il successo di Dylan Dog, Martin Mystère, le storie USA delle riviste All American Comics e Corto Maltese, ed i fumetti USA pubblicati da Star comics e da Play Press, anche nel n. 2 ospitammo degli altri articoli seguendo quel primo imprinting.
OBIETTIVO SU …
Recensioni su alcuni fumetti ITALIANI del 1990-1991
ed anche di qualche fumetto USA e manga pubblicato in Italia
di Salvatore BUCCA, Maurizio Pustianaz, Mario Benenati
(NOVEMBRE 1990 – GENNAIO 1991)
FUMETTO ITALIANO
Parlando di Dylan Dog: orrore, fumetto e rinascimento
I nostri collaboratori (semplici lettori di Dyd, due o tre al massimo) ci avvertono che D. continua a proporre avventure piacevoli e interessanti, belle nella loro repellenza e repellenti nella loro bellezza. Dobbiamo quindi necessariamente, a furor di popolo (sempre i soliti due o tre) continuare a parlare bene di questo investigatore dell’orrore, o del candore, visti gli orrori veri della guerra, cosa che abbiamo sempre fatto e che, proprio per questo, da alcuni è mal sopportato.
Scusate l’inizio poco serio (hem) ma trattasi di un tentativo per introdurre alcune riflessioni che non possono, come dicevamo prima, esimersi dall’essere soddisfatte e che, prendendo le mosse delle letture degli ultimi albi, accerta quanto di positivo il personaggio di Sclavi ha fatto sino a ora.
Da tutte le parti sono sorte inchieste, sono stati fatti studi e commenti, sono stati scritti e letti articoli su questo fumetto così ben fatto, per far parte di una serie popolare, che tutto il termine ne è uscito rivalutato, ne è risultato emendato dalle considerazioni (di scarsa maturità e documentazione, di scarso approfondimento e di artisticità, di scarso livello dei disegni) che fino a poco fa sembravano contrassegnare tale genere. Ed è senza dubbio questo uno dei maggiori successi di DyD, di essere un fumetto che nasce e che, nonostante tutto, rimane “popolare”.
Si è molto parlato, dicevamo di Dylan Dog, dei suoi aspetti e soprattutto dei suoi contributi al boom del fumetto italiano, della rinascita di quest’ultimo, della grande considerazione in cui è tenuto (oggi) come mezzo di comunicazione, dei “messaggi” che i vari generi (e quello horror in particolar modo) lanciano a lettori e studiosi; insomma dei contributi di DyD a tutti quei fenomeni che chi fa parte del mondo fumettistico, sia come addetto ai lavori (come dicono i calciatori) sia come semplice lettore, sa facenti parte di questi ultimi anni che, almeno per questi aspetti, sorprendentemente, sono legati proprio a D.
Il come si siano formati tali legami è argomento degno di essere preso in grande considerazione ma prima ancora è importante cercare gli aspetti, le caratteristiche di questo sosia di Rupert Everett (l’attore inglese che è diventato famoso più per la somiglianza con D. che per i suoi film) e da essi farne derivare le dovute conseguenze.

Parlare di Dylan conduce, invariabilmente, a una conclusione, fondamentale per chi affronta l’argomento: che, cioè, sia il genere trattato e l’interesse che quest’ultimo evoca a determinarne il successo. L’abbiamo detto anche noi, in quanto il nostro indagatore, indaga appunto, su temi e miti cari alla nostra cultura, perché sempre presenti, sempre attrattivi; l’orrore, il macabro sono componenti, al pari di altri, dell’essere umano, ed è normale che essi abbiano sempre ispirato non solo repulsione ma anche l’opposto, attrazione.
Consapevole di questo Sclavi, attinge ai diversi generi, letterari, cinematografici (magari del quotidiano) per mostrare una sua visione di questa presenza, estendendo al fumetto di massa l’interesse per il macabro, il diverso, il mistero. Naturalmente. Mancava nel panorama italiano un approccio più maturo a questo genere, approccio più solido di semplici riferimenti agli esperti più truculenti di alcune pubblicazioni.
Dylan diviene così un fumetto più completo, con tutti i suoi riferimenti ad altri campi, diviene un “personaggio da 300.000 copie” grazie alla benevolenza dei lettori che preferiscono, si interessano, o semplicemente ricordano che l’orrore, è quello che ad esso è legato, è una componente del, come dicevamo prima, essere umano.
Accade però che siano necessari altri motivi, individuabili in D. stesso, cioè nelle sue caratteristiche, per riuscire a trasformare, ad accrescerne il ruolo di eroe di carta e avvicinarlo a chi, fra i lettori, è così aperto da tenerle in conto. Ecco che la sua capacità di sdrammatizzazione con l’ironia, di sgonfiare tutto e tutti, i suoi complessi (non vorremmo pensare ai suoi amplessi), i suoi valori e il conseguente rispetto per determinati sentimenti, primi fra tutti l’amore e l’amicizia, tutte caratteristiche del personaggio di Sclavi che, unite al modo con il quale quest’ultimo ci propone tali caratteristiche (all’interno di una grande articolazione della trama, di una presenza perenne di situazioni comiche e di tensione, intorno a riferimenti ironici e omaggi a personaggi, reali e non, che non hanno niente a che vedere con la serie); ecco che, dicevamo, si dà forma a un fumetto di ampio spessore che riesce ad accompagnare momenti anche diversi della sola lettura.
Non vorremmo aver dato vita a un ritratto troppo enfatico, ma è dal respiro di un personaggio che ne deriva il successo e probabili influenze sul resto dell’ambito in cui il personaggio agisce. Il legame fra la rinascita del fumetto in Italia e il contributo di DyD a essa sta, forse, proprio in questo, nel fatto cioè che Dylan si è inserito sì in una congiuntura, evidentemente favorevole, ma della quale esso ne rappresenta l’esempio più significativo, una sorta di causa ed effetto, in ogni caso un indiscusso emblema e le sue caratteristiche (che abbiamo tentato di evidenziare) permettono di spiegare non soltanto i record di vendita, o per lo meno l’attenzione di cui è oggetto, ma, in primo luogo, il fascino del fumetto in genere. Fascino che sarà sempre alla base di ogni futura rinascita e riconsacrazione.
Salvatore Bucca
Auguri, in ritardo, a un personaggio e al suo autore: Martin Mystere e Alfredo Castelli.
Dopo l’originalità con la quale Martin svela il segreto che sta dietro l’indefinibile sorriso della Gioconda[1] e il successivo omaggio a Hitchcock e Lovecraft[2], le storie seguenti il centesimo numero vedono il detective dell’impossibile, prima impegnato in Israele (ancora non in guerra fortunatamente) in una vicenda che, incentrata sull’Arca dell’Alleanza e sulle figure di Mosè e Aronne[3], presenta dei riferimenti con un’avventura con Mister No, dando vita a un collegamento tra gli albi della Bonelli, collegamento che con M.M. era iniziato quando, in un vecchio episodio, questi incontra proprio Mister No, ormai appesantito dagli anni e dai guai[4].
Il nostro eroe poi viene alle prese con un fenomeno tanto normale quanto tuttora misterioso come quello dei sogni[5], riuscendo a unire le fila di diversi temi cari ai suoi lettori: il ritorno del diabolico M.Jinx, l’accenno al passato e alla morte dei genitori di M., soprattutto riprende quei temi già trattati nelle brevi storie apparse sulla rivista COMIC ART[6], storie piacevoli, a colori, disegnate da Alessandrini ma appunto, ahinoi, brevi.
Tutti questi contenuti rimandano a delle considerazioni, tanto più necessarie in quanto si inseriscono all’interno di due avvenimenti che anche noi, naturalmente in ritardo, vogliamo festeggiare: la quasi contemporaneità fra il raggiungimento della soglia dei cento numeri per M., tappa fondamentale per un albo in genere e per quelli bonelliani in particolare e il venticinquesimo anno di attività del suo autore, Alfredo Castelli.
Entrambi quindi, giungono a dei traguardi importanti e mentre Castelli festeggia le sue nozze d’argento con il fumetto, il detective dell’impossibile (uno dei “figli” più riusciti di queste nozze) supera brillantemente il centesimo mese di vita.

Traguardi importanti, fondamentali dicevamo, i quali mostrano appieno le capacità di Castelli ma soprattutto evidenziano il posto rilevante che egli occupa nel panorama del fumetto italiano e il grande contributo fornito alla delineazione, alla caratterizzazione di tale panorama. Tutte le riviste specializzate, e non, poteva essere altrimenti, hanno parlato di Alfredo Castelli, ne hanno tracciato i momenti di una lunga carriera[7] e tratto analoghe conclusioni.
Di questi momenti, senza dubbio, l’incontro con M. rappresenta un passo rilevante, quasi una svolta, magari perché con M.M. Castelli si è fatto conoscere (e apprezzare) dalla grande massa dei lettori dei fumetti “popolari” che in Italia si identificano quasi totalmente con gli albi Bonelli. Ed è grazie al fumetto “popolare” che Castelli ha potuto rivelare, anche se sarebbe meglio dire confermare, le sue qualità e al tempo stesso far risaltare quella più importante ed evidente, cioè la forte carica innovativa, la ricerca di soluzioni, di aspetti che rompono con il tradizionale che aprono a nuove possibilità. Proprio quello che è avvenuto con la Bonelli Ed., dove i cambiamenti, le innovazioni, avvengono (o avvenivano) con i piedi di piombo e a passo di lumaca.
M.M. invece ha rappresentato, e rappresenta tuttora, una specie di battistrada, di fucina per nuovi modelli[8]: se Martin infatti è stato il primo dei bonelli brothers a venir fuori dall’ottocento americano è stato anche il primo ad apparire, con una breve ma esauriente e bellissima storia, su una rivista specializzata[9], accompagnata (la storia) da un dettagliato servizio il quale si addentrava nei segreti e nei retroscena del personaggio, realizzando così un modo nuovo per proporre, per lanciare quest’ultimo, mettendosi al passo con le esigenze di pubblicità, esigenze molto più complesse dei metodi tradizionali; come non ricordare poi che M. ha dato il via, se non formalmente almeno concretamente, alla nascita degli albi fuori serie[10], i cosiddetti speciali estivi, con libriccino aggiunto che poi sono stati “copiati” da tutti gli altri personaggi; e come non pensare al fatto che proprio da queste pubblicazioni è venuta una spinta notevole verso la ricerca di nuove proposte, come potrebbe essere il “librone” di Tex, affidato a diversi maestri del disegno. Infine proprio Martin ha tracciato la via del possibile collegamento tra diversi personaggi[11] (fra tutte le novità forse quella più appetita dai lettori) e che, iniziata come abbiamo detto con un incontro tra Martin e Mister No, ha trovato il punto culminante in una visita del primo a Londra, dal suo amico Dylan Dog[12].
Insomma M. si è trasformato in scienziato e laboratorio, in ricercatore e cavia di nuove idee, nuove posizioni, di diverse possibilità. Necessarie, vista la stasi che attanagliava il fumetto agli inizi del decennio scorso; valide, visti i risultati raggiunti e soprattutto piacevoli, visto la presenza di M. in riviste, esaurienti monografie, albi clonati[13] etc., tutte cose proliferate in questo periodo, in cui si è sentito parlare anche di una prossima presenza del nostro eroe sul piccolo schermo.
I 25 anni di attività di Castelli, i 100 numeri di M.M. sono quindi tappe fondamentali, accompagnate però dall’augurio che siano, in primo luogo, punti di partenza futuri anniversari.
Salvatore Bucca
NOTE AGLI ARTICOLI
[1] Martin Mystere n°101 “Il sorriso venuto dal passato” agosto 1990.
[2] M.M. n° 103 “Necronomicon” ottobre 1990.
[3] M.M. n°104 “Un uomo chiamato Mhosis” novembre 1990.
[4] M.M. n°2 “La vendetta di Ra” di Castelli e Alessandrini, DAIM PRESS Ed. Maggio 1982.
[5] M.M. n° 106 “L’Arca ritrovata” gennaio 1991.
[6] Comic Art n°71 settembre 1990.
[7] Alfredo Castelli, inizia la carriera di autore con un personaggio il cui nome la dice lunga sulle sue capacità: Scheletrino. A parte gli scherzi (in qualche maniera si deve pure iniziare) Castelli si rifà un anno dopo quando dà vita alla prima fanzine (COMIC CLUB 104, il titolo) italiana, siamo nel 1966.
Lavora per diverse case editrici realizzando storie per molteplici personaggi come, citiamo alla rinfusa, Rocky Rider, Cucciolo, Il nipote di Maciste, Pedrito el Ditro. Dalle sorelle Giussani realizza alcune storie di Diabolik e crea, significativamente, l’altra faccia del genere nero (allora in auge): Diabolik. Sul Corriere dei Piccoli un Alfredo redattore propone Zio Boris, L’Ombra, L’omino Bufo, Gli Aristocratici.
Sempre negli anni 70 dà il via alla realizzazione della prima rivista dell’orrore italiana, chiamata semplicemente Horror. Arriva alla Bonelli dove prepara alcuni episodi di Zagor e di Mister No (che poi verrà ricordato in M.M.) e, nel 1982, esce appunto Martin Mystere, con le conseguenze che sappiamo.
Si fa ammirare infine, nel 1984, assieme a Silver e a Lupo Alberto per gli ultimi e mitici numeri di Eureka. Dimenticavamo, qualche annetto dopo dà vita alla famigerata caricatura di Tiziano Sclavi ormai parte integrante del suo curriculum.
[8] È doveroso considerare l’importante opera in tal senso svolta da Berardi e Milazzo con il loro Ken Parker.
[9] Orient Express n°13, L’ISOLA RITROVATA ED., agosto 1983.
[10] Ufficialmente il primo albo fuori serie della S.B.E. (che allora non si chiamava così) può essere considerato “Cico Story” del giugno 1979, dedicato proprio a Cico il co-protagonista della serie Zagor.
[11] Anche qui bisogna ricordare che già Ken Parker n°15 “Uomini, bestie ed eroi” del settembre 1978 vengono ironicamente inseriti tutti gli altri personaggi western ma si tratta appunto, di un ironico (e delicato) omaggio.
[12] Dylan Dog e Martin Mystere “Ultima fermata: l’incubo” di Castelli (con la collaborazione di Sclavi) e Freghieri, S.B.E. ottobre 1990.
[13] M.M. “La macchina della follia” n°107 bis di Medda-Serra-Vigna e Bastianoni febbraio 1991.
L’INTERO NUMERO DUE DI FUMETTOMANIA

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NOTE EXTRA
FUMETTOMANIA INDEX 1990 -2021





