Stan Lee e Jack Kirby sono stati due grandi autori, ed al di là dei meriti di uno o dell’altro, come scrive Dario Janese: è una < <gratitudine immensa e ineguagliabile che tutti noi che amiamo il Fumetto … dobbiamo a due Titani della fiaba moderna: eredi del mito e della letteratura popolare che hanno negli Eroi da loro insieme resi vivi e reali tra i più importanti e amati dei simboli.>>
Grazie Dario per quest’articolo straordinario.
Buona lettura
Mario Benenati, curatore di Fumettomania Web Magazine
Lone Ranger: Seconda stagione
STAN LEE / JACK KIRBY : LE TRE VERITA’
(post originario del 18-01-2017 dalla pagina social Lone Ranger)
di Dario Janese
Ogni tema letterario del passato ha tre aspetti, e di conseguenza tre livelli e ambiti di “verità”: il primo è l’aspetto della situazione storica, un impianto di fatti oggettivi che definiscono la verità storica. Degli altri due ci occuperemo dopo.
Dicembre 1958.
Martin Goodman aveva fatto il peggior affare della sua vita affidando la distribuzione integrale della Atlas Comics a un Gruppo, ANC, andato fallito per il ritiro della licenza Dell (il mandatario Disney e Warner) dopo una causa civile.
Atlas era finita a farsi distribuire dai concorrenti dell’Independent News, vincolata a soli 8 titoli mensili nelle edicole Un disastro che ne limitava pesantemente le vendite, mentre i costi rimanevano gli stessi.
Stan Lee scriveva giorno e notte, appaltando solo in via eccezionale qualche script, in modo che le uscite per la parte di sceneggiatura era uguale al suo stipendio. Gran parte dello staff artistico fu licenziato o sospeso sino a esaurimento del materiale già finito, per sua stessa ammissione di qualità molto discontinua.
Le prospettive erano alquanto precarie.
Jack Kirby, all’età di 41 anni, era un artista ad un punto morto della sua carriera. Insieme all’amico Joe Simon aveva ritrovato il successo, ma grazie al titolo YOUNG LOVE e in generale a storie romantiche per teenager che non lo soddisfavano.
Un tentativo di autoproduzione con la creazione della Mainline ebbe breve durata e si concluse in perdita e con l’abbandono del Fumetto da parte di Simon (i due si riunirono poi nel 1959 per creare il supereroe The Fly per Archie Comics, ma senza successo).
Nemmeno la biennale collaborazione con la DC Comics – durante la quale nacquero gli esploratori dell’Ignoto – diede frutti importanti, anzi si concluse con una causa tra lui e l’editor J. Schiff.
Per questo già nel 1957 Jack aveva fatto buon viso, accettando commissioni occasionali per Atlas, a cui non aveva perdonato il breve e infelice tentativo di rilanciare il suo Capitan America in una becera versione anticomunista (questo nel 1954, con la discussa introduzione del codice di autodisciplina chiamato Comics Code).
Tornare a tempo pieno in Atlas era l’ultima cosa che Kirby avrebbe voluto – anche per un risentimento personale verso Lee che datava da una presunta delazione a Goodman sulle sue trattative per il passaggio alla National/DC nel 1942 -, ma il panorama editoriale dell’epoca era pressoché esaurito, e non si vedevano vere alternative pratiche.
Pertanto, è un fatto storico che la partnership Lee/Kirby dal 1958 fu un matrimonio di reciproco interesse tra un editore in difficoltà finanziaria, uno scrittore carico di idee ma a corto di testate e un artista bisognoso di affermazione.
La Verità artistica
La Verità artistica è molto meno agevole da definire, ma alcuni aspetti di essa sono accertati.
Lee era uno scrittore seriale, il cui modello sceneggiativo veniva dall’esterno del Fumetto: televisione e pubblicità gli offrivano un linguaggio diretto, colloquiale e attuale che lui differenziava creando slogan e tipizzazioni più vive e convincenti di quanto le sceneggiature precedenti avessero mai fatto. Da questo punto di vista, il Fumetto è prima e dopo l’avvento di Lee, così come il suo approccio umanizzante all’Eroe e il suo scomporne la realtà quotidiana come se si trattasse di una persona a tutti gli effetti.
Il suo livello di scrittura era medio-alto ma raramente eccelso: l’innovazione era diffusa anziché concentrata, e i suoi limiti tanto costanti nel tempo quanto i suoi punti di forza.
Forse in gran parte per la determinazione a reggere una quantità eccessiva di copioni, le smagliature nelle sue trame erano regolari e imbarazzanti anche in età tardiva ( le sue molte anti-performance su DAREDEVIL, titolo da lui lasciato quasi sempre per ultimo nei programmi di lavoro settimanale, sarebbero diventate leggenda: l’Uomo Ragno che scambia Foggy Nelson per l’atletico Devil, il geniale Dr. Destino che occupa il corpo di Matt Murdock senza capire che è cieco, il grottesco siparietto dilatato per mesi dell’inesistente fratello gemello Mike Murdock).
D’altro lato, quando la storia esaltava le sue qualità migliori e in particolare il suo sincero credo liberal-umanitario e pacifista, Lee era capace di racconti intensi e indimenticabili come DAREDEVIL 15, SILVER SURFER 5, FANTASTIC FOUR 51.
Qualsiasi miracolo grafico potesse offrire il lato artistico, sarebbe risultato esangue e opaco se privato della vita infusa dal suo humor discreto e amaro e dalla sua epica del quotidiano, che lo portò a calare il Fumetto nel reale al punto da trasporre i Fantastici 4 nella New York della Marvel Comics, operando la prima vera e regolare conversione metatestuale della storia del medium.
D’altra parte, Kirby era una forza creatrice propulsiva magmatica e inarrestabile, con capacità produttive pari all’incessante marea di testi di Lee.
Per 3 anni prima di arrivare al progetto di rilancio del Canone Supereroico, obiettivo comune tra i due ma realizzabile solo dopo una fase di progressiva crescita e stabilizzazione delle vendite, entrambi fecero ciò che sapevano fare meglio: l’uno mutuò dal mercato e dalla cultura popolare ciò che tirava di più, cioè i mostri giganteschi e possibilmente alieni che appassionavano la grande platea dei b-movie alla Godzilla, con nomi più grotteschi possibile (Orrgo e Bruttu, Goom e Gorgilla, il mitico Fin Fang Foom e… Hulk, nonchè Elektro, Magneto e Sandman); mentre l’altro dava forme esotiche e prospettive dinamiche a tutte quelle assurdità, facendole sembrare reali.
Dopo 36 mesi e centinaia di exploit del genere – con Kirby, va detto, affiancato dalla presenza di un talento immenso come quello di Steve Ditko e di alcuni validi professionisti come Don Heck e il fratello di Stan, il sottovalutatissimo Larry Lieber (di quest’ultimo abbiamo pubblicato un bell’articolo il 12 aprile, NdR) -, il compito di affascinare il mondo con le avventure di un genio elastico, di un rissoso e tragico uomo di pietra, di un ragazzo di fuoco e di una donna invisibile sarebbe parso quasi un gioco.
Chi creò cosa ha scarso rilievo: Lee non si faceva problema a mutuare e riciclare idee da Plastic o Elongated Man o dalla prima Torcia Umana, perché il discrimine narrativo era il trattamento di linguaggio e narrazione che li avrebbero filtrati: l’introduzione della continuity dalla struttura del serial televisivo alla “Capitol” è l’altro retaggio che Lee consegnerà al Fumetto, facendone un impianto architettonico di interrelazioni e accordi interni simile a una partitura sinfonica, che gli diede fama di eccentrico e stravagante presso i colleghi abituati ad articolare solo nuove trame di un ordito atemporale che si riproduceva costante e invariato – Lois Lane che non avrebbe mai dimostrato l’equazione Superman/Clark Kent, etc.
Dopo Lee il Fumetto diventa materia viva come l’architettura organica di Gaudì, con leggi biologiche sue e una coerenza interna da gestire e aggiornare.
Mentre Kirby, straripante sul versante della pura magia grafica, non cercò ne trovò mai quell’evoluzione che ne avrebbe fatto un narratore – e il prosieguo della sua carriera lo avrebbe confermato, con iperboliche saghe di pura fantasmagoria visiva ma indebolite da cliché, da caratterizzazioni schematiche e da un dialogo manierato e inattuale: ma raffinò il suo approccio a forme e movimento sino a fare dell’arte sequenziale qualcosa che – con la sola eccezione del Maestro di tutti Will Eisner – non si era mai visto prima.
Una volta risolto l’annoso problema dell’ inchiostrazione delle sue tavole – lavoro che il Re odiò sempre fare, e che vide una costante ricerca dello stile più complementare al suo, sino alla perfezione raggiunta in Marvel da Joe Sinnott (a pieno titolo oggi nella Eisner Hall of Fame) e in poi DC da Mike Royer -, il suo lavoro dall’aspetto greggio dei primordi su F4 e Thor si fece sempre più compiuto, elaborato e maestoso, sino agli apici cosmici delle saghe degli Inumani (FF 44/47) e delle due di Galactus (FF 48/50 e THOR 59/62, con le chine di Sinnott e di Vince Colletta).
Senza Lee, il Marvel Universe non avrebbe avuto inizio nè crescita: senza Kirby, non avrebbe avuto forma ne magia. E questa è la quota accertata e indiscutibile della Verità Artistica.
La Verità Umana
La Verità Umana è, come ogni altra, al meglio un’ipotesi.
La suggestione e l’affettività la rendono quasi sempre un’ipotesi tendenziosa e di scarso valore.
Lee era tanto uno scrittore quanto un editor e un autentico genio del marketing: estroverso, manipolativo, ruffiano e con una certa dose di cinismo.
Kirby era intuitivo, irruento, schietto e propenso all’idealismo. Dimostrò il suo impegno altruistico scendendo nel 1982 in campo a fianco di Steve Gerber nel progetto della serie Destroyer Duck, lavorando no profit per sostenere la causa legale contro Marvel per i diritti su Howard the Duck.
L’uno un manager dal piglio aziendalistico, ma uno scrittore dalla viva sensibilità che seppe farsi da parte appena sentì che il suo stile era superato dai tempi, passando il volano a Roy Thomas.
L’altro un creativo a 360 gradi, instancabile a progettare e disegnare idee sino all’ultimo della sua vita, anche se refrattario a ogni ulteriore evoluzione e indisponibile a lasciare il controllo narrativo di quelle idee a scrittori più idonei di lui.
E questo è il poco che è possibile dire di Verità Umana.
Resta una Quarta Verità, esclusa dal titolo.
La Verità Ultima, quella della gratitudine immensa e ineguagliabile che tutti noi che amiamo il Fumetto, che con esso siamo cresciuti, abbiamo camminato e che con esso ci avvieremo all’uscita, dobbiamo a due Titani della fiaba moderna: eredi del mito e della letteratura popolare che hanno negli Eroi da loro insieme resi vivi e reali tra i più importanti e amati dei simboli.
18 – FINE
BREVE BIOGRAFIA
Dario Janese, torinese, 1964, sociologo e storico americanista, dall’infanzia cultore del Fantastico in tutte le sue forme espressive. Scrittore, saggista e curatore di laboratori letterari e di informazione civile, ha tenuto cicli di divulgazione dell’opera di Lovecraft, Ballard e Pasolini e di lettura storica delle Scritture. Da vari anni conduce un blog (Lone Ranger) di storia critica del fumetto e vari gruppi Facebook sulle espressioni del Fantastico nella cultura popolare.
NOTE EXTRA
Precisazione:
TUTTI gli articoli sono estratti dalla pagina FB chiamata Lone Ranger (Appunti di Storia del Fumetto dalle Origini a Oggi. Disney, Marvel, DC, Bonelli e i grandi autori e personaggi indipendenti nell’Arte Grafica Sequenziale), e vengono ri-pubblicati, a distanza di oltre sei-cinque anni, nel nostro web magazine con alcune piccole modifiche, impaginati diversamente, e completati con l’aggiunta di immagini.
Seconda stagione, gli approfondimenti:
Articolo del 19-04-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/old-man-logan/
Articolo del 12-04-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/ah-e-poi-mi-servira-un-fratello-laltro-che-creo-luniverso-marvel/
Articolo del 05-04-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/dottor-strangedoom/
Articolo del 29-03-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/la-seconda-ondata-marvel/
Articolo del 22-03-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/le-grandi-liti-marvel/
Articolo del 15-03-2021
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Articolo del 08-03-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/i-personaggi-in-cerca-dautore/
Articolo del 01-03-2021
https://www.fumettomaniafactory.net/alan-class-uno-spettro-si-aggira-per-leuropa/
Articolo del 22-02-2021
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Articolo del 15-02-2021
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Articolo del 19-01-2021
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Articolo del 12-01-2021
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Articolo del 5-01-2021
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Articolo del 28-12-2020
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