Damiano Gallinaro, scrittore, antropologo, collaboratore e socio sostenitore di Fumettomania, ha acquistato questo volume a fine aprile (a Napoli Comicon), e ci aveva anticipato che era molto bello; nel frattempo abbiamo potuto leggere una bella ed interessante intervista all’autore sulla rivista Fumo di China (il n. 340, uscito nelle edicole ad Aprile), a cura di Tommaso Cevoli .
Torna su queste pagine di Damiano, dunque, con la recensione de “La Strada” nuovo capolavoro di Manu LARCENET.
Ricordo a chi ci segue che Damiano sarà presente a fine settembre in Inghilterra al LAKES Festival, insieme ad altri soci e collaboratori di Fumettomania.
Buona lettura
Mario Benenati, curatore del sito Fumettomania Factory Magazine

LA STRADA, IL CAPOLAVORO DI LARCENET
di Damiano Gallinaro
Vi è mai capitato, fin dalla lettura delle prime righe, o dall’ascolto delle prime note, di avere la forte sensazione, quasi la certezza, di trovarvi davanti ad un capolavoro. Si tratta di quell’attimo in cui quasi si entra in sospensione, e tutto sembra rallentato, quel momento in cui si capisce che quello che si sta vivendo rimarrà pressoché unico.
Mi è accaduto poche volte nella vita, e l’ultima recentemente, quando, dopo aver esitato per giorni, mi sono fatto tentare dall’acquisto dell’ultimo graphic novel di Manu Larcenet, La Strada tratto dal meraviglioso libro di Cormac Mc Carthy. Mi è bastato guardare le prime vignette per sentire di nuovo le emozioni sensoriali che mi avevano dato sia il romanzo che il film con Viggo Mortensen.
Nel 2006 esce negli USA The Road, romanzo che viene definito post-apocalittico, ma che a mio parere non rende giustizia ad un vero e proprio capolavoro, capace di portare alla luce sentimenti, emozioni, paure e speranze di un uomo e del suo giovane figlio, in viaggio (perché in fin dei conti è anche un romanzo on the road) verso una meta che sembra ogni giorno più lontana.
Un padre e un figlio entrambi senza nome, come gli altri (pochi) personaggi del racconto, che attraversano un’America devastata da una non meglio precisata apocalisse, probabilmente nucleare, in cui tutto è stato ed è quotidianamente consumato, dove anche gli animali sembrano scomparsi, così come la natura stessa.
Il vento è onnipresente, un vento selvaggio che porta la polvere di povere esistenze, e che mi ricorda il vento della storia dell’Eternauta El Perro Llamador di cui abbiamo parlato qualche tempo fa (https://www.fumettomaniafactory.net/verso-luniverso-eternauta-odio-cosmico-e-el-perro-llamador).
I due attraversano città, o quel poco che ne resta, cercando di evitare carovane di altri disperati che non si fermerebbero davanti a nulla pur di avere una scatoletta di carne o legumi salvatasi dall’apocalisse.
Eppure c’è una speranza ed è quel barlume di umanità che ancora alberga nel cuore del padre e del figlio, uniti fino all’atto finale.
Il romanzo è qualcosa di profondo e ancestrale, contiene un racconto del viaggio all’inferno di due persone poco tempo prima “normali”, che si sono voluti ribellare alla disperazione.
Nel 2009, questa storia drammatica diviene celluloide e immagine grazie al bel film diretto da John Hillcoat, ed interpretato da un Viggo Mortensen in stato di grazia. Il viaggio del padre e del figlio nell’America disperata e cupa, è un road movie, ma anche una sorta di viaggio in un’archeologia industriale fantastica. Le musiche cupe e profonde di Nick Cave e Warren Ellis poi, si compenetrano perfettamente rendendo sempre più evidente l’ululare del vento e il sapore di polvere di ruggine e ossa (https://www.youtube.com/watch?v=kE5g_ki5Vhg&t=9s).
Nonostante tutto il film, tranne un premio per la migliore fotografia al San Diego Film Society Awards, non riceve altri premi seppur candidato anche al Leone d’Oro della Mostra del Cinema di Venezia, ma resta a mio parere uno dei film più sottovalutati della storia del cinema contemporaneo.
E Manu Larcenet? Avevo già letto qualcosa di questo grande autore e anche Lo Scontro Quotidiano, mi aveva lasciato senza fiato e anche in quel caso la storia, seppur ambientata in luoghi e momenti differenti, era incentrata sul rapporto padre-figlio, con un evidente sfondo autobiografico. Dello stesso autore molto famose sono anche le serie, tutte pubblicate da Coconino, Blast, il Rapporto Brodeck,e Terapia di gruppo.
E quindi, cosa da in più questo graphic novel rispetto a quanto già promesso dalla riduzione cinematografica?
Manu Larcenet è capace attraverso le immagini e poche parole, di rendere in modo perfetto il dramma che si cela dietro la vita del duo padre e figlio, senza lacrime o apparenti emozioni, come se quel vento e quel grigio possano essere capaci di mangiarsi tutto.
Il bianco e il nero si alternano al grigio fino alla spersonalizzazione dell’umano che diviene sempre di più ombra e che finisce per divenire parte del paesaggio contaminato che i due attraversano.
Eppure c’è spazio anche per l’umanità, soprattutto nel bambino, che sembra non arrendersi a quanto sta avvenendo, nonostante un padre che gradualmente si consuma, anche in senso fisico.
Nel cappotto l’uomo ha una pistola con due colpi e il bambino sa già cosa fare, ma ne avrà il coraggio?
Sono loro simili alle disperate creature che incontrano sulla strada? Oppure nonostante tutto restano “diversi”? Il bambino lo chiede spesso al padre “non siamo come loro vero?” e il padre tra un sospiro e un colpo di tosse sembra annuire per poi comprendere che se fosse il caso pur di salvare il bambino abdicherebbe a quel poco di umanità che gli è rimasto.
Le tavole di Larcenet sono incredibilmente realistiche, riescono a far vivere al lettore sentimenti, emozioni, suoni, odori. Sono disegni che “parlano”.
Il lutto non è nero come ci si aspetterebbe, si colora di un bianco che si fa portatore di un dolore cieco da cui però non può che nascere una stanca ma ostinata speranza.
Larcenet è McCarthy alla massima potenza, è interprete perfetto della poetica dello scrittore, ma al tempo è un creatore di mondi, un’artista capace di trasmettere con le forme nodose dei sui protagonisti, l’ancestralità della vita, della morte e delle stagioni dell’esistenza.
Chiunque voglia immaginare un futuro post apocalittico dovrà fare i conti con questo capolavoro grafico e riuscire, se possibile, a fare meglio.
Nel frattempo godiamoci, ogni pagina di questo sterminato racconto e ascoltiamo il suono e la voce di ogni pagina.
Damiano Gallinaro Breve biografia

Antropologo è socio e ricercatore per l’Associazione Nazionale Professionale Italiana Antropologi (ANPIA). Nel 1996 si laurea in Giurisprudenza e nel 2004 in Teorie e Pratiche dell’Antropologia. Nel 2011, dopo un percorso di ricerca di tre anni ottiene un PhD in Etnologia e Etnoantropologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Da sempre appassionato di fumetti ha collaborato alla rivista Glamazonia e nelle sue pause dal lavoro di ricerca antropologica si diletta nello scrivere storie che spera un giorno possano diventare fumetti. E’ sempre più convinto che da grandi poteri nascano grandi responsabilità.
Sotto trovate il link per accedere la suo nuovo sito
https://www.damianogallinaro.it/
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10-12-2023