FUMETTOMANIA STORY
E’ passato di nuovo un mese dall’articolo precedente di Michele Ginevra (che saluto affettuosamente).
Continuiamo il percorso di ripubblicazione in digitale degli articoli della nostra storica fanzine cartacea, con una lunga intervista del nostro amico e socio Domenico Cutrupia, all’allora nucleo della etichetta FACTORY, Luca Bertelé (autore della copertina) e Diego Cajelli. L’intervista è leggermente modificata in qualche frase, rispetto alla versione in PDF (visto che c’erano lievi differenze tra la versione stampata e l’ultima versione del file matrice). Un bentornato a Domenico, in attesa di qualche suo nuovo articolo in questa periodo estivo.
Il n. 12 (dicembre 1999-gennaio 2000), con il quale festeggiammo dieci anni di vita editoriale, era di 32 pagine, formato comic book, in B/N e con una tiratura di circa 350 copie. La copertina era proprio di Luca Bertelé con la partecipazione di un certo Michele Duck (alias Zero Calcare).
Gli articoli tratti dalla fanzine cartacea Fumettomania continuano…
Come sempre, buona lettura
Mario Benenati, curatore di Fumettomania Magazine on line
Il sommario del n. 12 è riportato di seguito
- 3 c’è vita oltre le edicole. di Michele Ginevra
- 5 La Factory dei talenti – Intervista a Luça Bertelé e Diego Cajelli. di Domenico Cutrupia (che stiamo pubblicando oggi)
- 5 Zelda e i suoi compari – recensione di D. Cutrupia
- 8 Spazio esordienti: Giuseppe Bellavia e Silvano Callegari
- 9 Morgan di Domenico Cutrupia
- 9 Dove vola il Palumbo di Domenico Cutrupia
- 10 Perché Ortolani è unico!: intervista a Leo Ortolani. di Maurizio Pustianaz
- 12 Continua… C’è vita oltre le edicole… di M. Ginevra
- 14 Spazio esordienti: L. Casalanguida – C. Rossi – G. Fratini
- 15 Spazio esordienti: Otello Castellani – Adriano Belfiore
- 16 Bastard !!, un manga nell’arte. di Margherita Biondo
- 17 Lo stregone gentiluomo. di Giuseppe Maio
- 18 L’inizio di tutte le storie – intervista a S. Ciantini e A . Camerini. di Ambrogio Isgrò
- 20 Tardi ovvero l’arte della copertina. di Mario Benenati
- 20 Comics USA. di Giorgio Cambini
- 22 Bonerest: intervista agli autori: Casali e Camuncoli. di A. Isgrò
- 24 Gea, Sprayliz e tutto il resto – intervista a Luca Enoch. di D. Cutrupia
- 26 Spazio esordienti: Anna Leotta – Giovanni Freri
- 27 Fumetto: Le cento giornate di Djustine di Enrico Teodorani e AntonioConversano
- 31 Aspettando… Dampyr
- 32 Le news di Voltapagina – News da internet di E.&T. di Mario e Domenico
La Factory dei talenti
Conversazione con Luca Bertelé e DiegoCajelli.
di Domenico Cutrupia (Fumettomania Factory) – autunno 1999
A Lucca può capitare di trovarsi davanti ad uno stand gigantesco con tantissimi albi spettacolari, ben colorati e disegnati, e scoprire che è di una casa editrice mai sentita nominare, mai vista in edicola. E così ho scoperto l’esistenza della Factory, un’etichetta italianissima con autori che di fumetto ne capiscono e si vede.
Dimmi, Luca, di questa Factory; mi hanno impressionato la qualità della stampa, dei disegni e mi sono stupito che siano nomi e pubblicazioni che non escono in edicola mentre, secondo me, potrebbero avere questa potenzialità. Cos’è questa Factory, una distribuzione di piccole etichette oppure una casa editrice?
LUCA – “La Factory è di fatto una casa editrice che nasce nel marzo del ’98, dall’unione, dalla sinergia di quattro etichette indipendenti che già esistevano e che già erano attive nel campo del fumetto indipendente.
Sono la Down Comics di Walter Wenturi con Capitan Italia. La Liska Prod di Stefano Piccoli col Massacratore, la Troglo Comics mia e di Diego che prima collaborava con la SF Edizioni e La Cosa Nostra di Roberto Recchioni, Leomacs, Flavia Scuderi e Marco Farinelli, un’etichetta relativamente nuova, nata da esperienze già esistenti.
L’obiettivo primario della Factory, è stato riunendo queste forze, di aiutarsi l’un l’altro, di spallerggiarsi in un certo senso, di dividere in maniera pratica, realmente, le spese e di potersi così permettere una maggiore qualità degli albi. Chiaramente noi non abbiamo quel sostegno economicoche hanno le grosse case editrici che possono permettersi la distribuzione in edicola, per cui puntiamo tutto sulla qualità dei prodotti, dal disegno alla colorazione fino anche al materiale cartaceo”.
Quindi è proprio una federazione tra piccole etichette, la Factory. C’è forse l’intenzione di evolversi in una casa editrice unica?
L. – “Quello sicuramente. L’intenzione di crescere c’è, l’intenzione di coinvolgere altri autori anche; infatti vorremmo cercare di raggruppare sotto la etichetta unica della Factory anche altri autori indipendenti, che già lavorano nel campo delle librerie e fiere specializzate. Quindi crescere anche come varietà di prodotti.
Noi speriamo di poter fare entro breve, di poter realizzare anche dei volumi, dei prodotti più consistenti. Il problema delle piccole produzioni è sempre quello di avere in genere, poche pagine, in bianco e nero. A questo noi abbiamo cercato di ovviare presentando innanzi tutto albi a colori ora cercheremo di crescere e migliorare anche dal punto di vista quantitativo”.
La Factory è nata da poco, sta cominciando, ha unito queste etichette, questi studios grafici per creare qualcosa di nuovo e c’è anche la possibilità, in prospettiva, di avere sempre più spazio, di poter finire anche in edicola se…
L. – “In edicola… Difficile! In edicola è difficile perché, come dicevo prima, non abbiamo la forza economica per arrivarci. Ognuno degli autori che compongono la Factory, lavora per case editrici che sono definite major, chi per la Bonelli, chi per l’Eura, chi per la Magic Press, chi per la Play Press, giusto per citare i nomi più conosciuti. Però non abbiamo quei canali distributivi ne quel sostegno economico che ha un editore.”
DIEGO – “Non abbiamo la potenza di marketing necessaria per raggiungere le edicole, perché ormai possono arrivarci solamente case editrici veramente grandi, quelle che hanno la potenza industriale per permettersi i costi di una distribuzione nazionale. C’è anche da dire che il fumetto in edicola sta diventando un prodotto di nicchia. L’edicola deve vendere Sorrisi & Canzoni, deve vendere le videocassette, deve vendere Panorama e soprattutto a nessuno conviene rispettare le esigenze delle piccole case editrici.
Finché non ci sarà un panorama diverso all’interno delle edicole, magari, con un’attenzione maggiore o con differenti trattamenti di distribuzione, noi non possiamo competere con i numeri che richiede la distribuzione da edicola. Per questo la cosa che abbiamo trovato più conveniente, più alla nostra portata, è la distribuzione libraria.”
Attualmente la tiratura degli albi della Factory qual è?
L. – “Eh, la tiratura degli albi si aggira fra le 2-3000 copie in base a quanto prevediamo di vendere quel determinato albo o anche in base alle esigenze dell’autore: se l’autore crede maggiormente nel suo prodotto può anche decidere di stamparne 5000. Chiaramente poi ci regoliamo con i dati di vendita delle precedenti fiere e con le richieste dei distributori che, voglio sottolineare, spesso non coincidono con le esigenze delle librerie e del pubblico, spesso lettori e librai che vengono a trovarci in fiera, non conoscono o non hanno i nostri prodotti e questo, credo sia colpa dei distributori che ordinando dei quantitativi ridotti, non riescono a inviarli a tutte librerie che di conseguenza non possono fare il loro ordine, e comunque c’è un’attenzione troppo bassa nei confronti degli indipendenti.”
Avete avuto la possibilità di fare conoscere i vostri prodotti alle riviste di settore? Ne avete avuto qualche riscontro?
D. - “Da un punto di vista critico, ogni volta che facciamo uscire qualche cosa viene recensito, bene o male, da tutti i canali recensivi del fumetto italiano. Ogni volta che esce qualcosa comunque qualcuno ne parla a livello di recensione. Siamo veramente contenti delle recensioni positive che abbiamo.
Poi, chiaramente, c’è un buon atteggiamento nei nostri confronti da parte dell’ambiente del fumetto in generale: l’addetto ai lavori capisce che la nostra è una scelta precisa; noi, in teoria, potremmo lavorare (visto che lo stiamo già facendo), farci i cazzi nostri, andare in vacanza e finirla lì. Invece noi tutti sentiamo questa esigenza di strutturare il nostro lavoro in un doppio binario: una cosa la faccio per lavorare, per viverci, il fumetto per vivere, il fumetto che mi viene commissionato, dove comunque mi diverto, sperimento, elaboro e porto del mio. Però, nello stesso tempo, sotto questo ci deve essere un qualcosa fatto per noi stessi. Ecco perché io non me la meno più di tanto se non vendiamo tantissimo, perché sono cose nostre.
Noi vogliamo raccontare delle cose che non potremmo mai raccontare da un’altra parte. A maggio è uscito Milano Criminale che è una versione a fumetti dei gialli italiani anni ’70, tipo Milano Odia, cose così. Io una cosa di questo tipo non la potrei mai proporre a Bonelli, sia perché non godo del credito narrativo per proporre una cosa del genere e poi perché è proprio fuori da quello che è un canale strutturato come quello.
Per cui abbiamo deciso di farlo per noi e lo trovo importante. Io sento spesso persone che si lamentano tipo che il fumetto italiano non esiste. Noi abbiamo detto: si, vabbe, non esiste, proviamo a farlo! Questa è la nostra logica: il reinvestire su una cosa nostra parte dei soldi che ci danno le grosse case editrici per cui lavoriamo.”
Ho notato che le produzioni della Factory hanno a che fare con molti generi: personaggi totalmente diversi, storie totalmente diverse. Avete potuto riscontrare un gradimento diverso, a seconda della produzione, da parte del pubblico?
D. – “Si, noi abbiamo un “catalogo” abbastanza vario. Andiamo dal fumetto erotico fino a quello per bambini.”
L. – “Dipendedalle esigenze personali dell’autore in quel momento. Proprio per questo che è una nostra espressione puramente personale. Se mi va di fare un albo di supereroi, io, che non l’ho mai fatto, lo dico a Diego, a Roberto, a chi può scrivermi la storia in quel momento. Se questo mese voglio fare uscire un albo di supereroi, lo si realizza, senza nessuna costrizione, come diceva prima Diego, cioè liberi di fare quello che vci va in quel momento , al di la’ del lavoro che noi svolgiamo regolarmente, che nel caso mio, di Roberto o di Leo è quello per l’Eura. Facciamo delle cose che non potremmo permetterci di fare sulle pagine di Skorpio.”
Ho notato che tutte le storie sono scritte da Roberto Recchioni, ma… è un uomo o è inventato?
L.- E’ un tipo molto impegnato, eh, eh.
D. – Io per un grosso periodo ho partecipato e basta. Abbiamo Simbolo io e lui”.
L. – Simbolo e Lelè e Sabry.
D. – “Poi non ho fatto più nulla perché ero impegnato con altre cose. Poi, comunque, Roberto, secondo me, aveva bisogno di far vedere le sue cose più di quanto ne avessi io. Il discorso è questo: a me piace essere a marzo contemporaneamente presente in due cose distanti chilometri l’una dall’altra. Secondo me è importante, perché il fumetto è divertimento sia per chi lo legge ma soprattutto per chi lo fa”.
Le singole etichette che per ora collaborano a Factory non si annulleranno in Factory, giusto?
D. – “Assolutamente noi vogliamo mantenere l’identità di etichetta. La Factory deve essere una casa, dentro la casa ci sono varie stanze ed ogni etichetta ha la sua stanza all’interno della grande casa Factory. Perché è bello questo: mantenere allo stesso tempo l’identità personale e il bagaglio di esperienze che ti ha portato comunque ad entrare in Factory.
Poi, comunque, le etichette si fondono: sull’Uomo Atomico ci sono tre etichette cioè l’etichetta grande, generale della Factory, l’etichetta Troglo Comics perché Luca e il suo staff ha collaborato e l’etichetta La Cosa Nostra perché l’ha scritta Roberto. Vengono così a crearsi delle supersinergie tra etichette e questo è molto bello, secondo me. O no, Luca, tu cosa ne pensi?”
L. – “Come dicevo prima è proprio un discorso di collaborazione tra le singole persone: se Diego quel mese non mi può scrivere una storia ma io voglio realizzarla posso rivolgermi a Roberto. Se ho bisogno di un colorista al computer e non c’è quello che in genere mi colora i lavori ne scelgo un altro all’interno della Factory. Anche in questo aiutarsi l’un l’altro e potersi supportare non solo economicamente ma anche dal punto di vista lavorativo.
Nel caso si voglia fare un progetto più ampio si può chiedere, la collaborazione di più persone, anche economica, non solo di chi lo realizza ma anche qualcuno che crede ni quel progetto e quel mese vuole rischiare in quel lavoro che si vuol proporre”.
Ho letto e mi sono impressionato moltissimo la storiella Love Cube. E’ pazzesca, eh, eh. Il lato inquietante della realtà, eh, eh. Tutte le tue storie, Diego, sono così?
D. – “Si, vabbe’, con Love Cube io e Luca abbiamo, secondo me, fuso i nostri interessi in quel momento, cioè lui voleva fare una storia romantica, io volevo fare una storia strana, nello stesso tempo, volevamo ambientarlo in Italia, abbiamo poi trovato una situazione un pò surreale da gestire. E’ stata veramente un’esperienza strana quella di Love Cube.
Love Cube nasce come serie per un editore vero, praticamente doveva andare in edicola ecc. ecc.. Poi questo editore, dal giorno alla notte, è completamente sparito, ha prodotto il primo albo sia di Love Cube che di Kid Boyz.”
Il nome non si può sapere?
D. – “Come si chiamava ?”
L. – “Cordaro, Vincenzo Cordaro. Stateci attenti, eh.”
D. – “Vincenzo Cordaro, dunque, ha chiamato Stefano Piccoli e tutta ‘sta gente, ecc. ecc., ha fatto fare queste cose e poi è sparito. Praticamente è sparito lasciando dei buffi da tutte le parti, però noi ci sentivamo obbligati, in un certo senso, a chiudere quel tipo di esperienza e abbiamo autoprodotto grazie all’aiuto di alcuni amici la seconda uscita coprendo i buchi che aveva fatto quell’altro.
Lì è stato, forse, l’inizio vero e proprio della Factory: cioè, siamo noi, proviamo a vedere cosa succede. Perché prima lavoravamo tutti, bene o male, magari assieme in alcune case, p¶erò non con la coscienza di lavorare assieme. Quella è stata l’esperienza negativa…”
L. – …che comunque aveva, al tempo, coinvolto Walter, Roberto, Leo. Tutti quelli che ora vedi nella Factory sono stati coinvolti in quella esperienza che era un tentativo di portare il fumetto indipendente in edicola. Come diceva Diego, la serie era strutturata come due serie parallele da edicola all’interno delle quali c’erano due miniserie che si avvicendavano ogni due mesi. Quest’esperienza ha accomunato tutti quelli che adesso vedi alla Factory e ci ha convinti ad ufficializzare il rapporto di lavoro che c’era fra di noi e creare la Factory per tutelarci l’un l’altro, per aiutarci ma anche per stare attenti ai Vincenzo Cordaro di turno.”
L’impostazione grafica di Love Cube è molto diversa dagli altri albi. E’ forse, Diego, l’identità della tua etichetta, la Troglo Comics?
D. – “Bè, lì non avevamo ancora deciso quale doveva essere la grafica ufficiale della Factory che è stata decisa successivamente da Paolo Campana, che è il nostro grafico ufficiale, Ottokin. Lui, non appena abbiamo fondato la nostra casa editrice, ha cominciato a strutturare quella che è poi la linea grafica che vedi e che accomuna tutti gli albi.
Nelle esperienze precedenti le grafiche erano in base ai gusti delle singole etichette. Per Love Cube, per Kid Boyz, le cose precedenti venivano da strutture grafiche differenti sia per quanto riguarda l’impostazione grafica dell’albo e sia per i contenuti, infatti sono in bianco e nero. Comunque stavamo arrivando da una serie di altri tipi di esperienze con miniserie per la SF come era Pulp Stories ed altre cose.”
L. – “Anche Capitan Italia era in bianco e nero.”
D. – “Noi abbiamo pensato che il colore potesse, simbolicamente, rappresentare il salto di qualità, la crescita.”
Love Cube è stata una rivista e poi anche per i contenuti si discostava dalle tematiche degli altri albi.
D. – “Vabbe’, comunque non c’è una tematica generale. Non abbiamo una linea editoriale che decidiamo il tipo di tematica da sfruttare o comunque da utilizzare. E’ tutto molto anarchico.”
Love Cube è più impegnata come storia rispetto alle altre. Si, c’è Battaglia ma è ambientata negli anni ’50, una considerevole distanza di tempo.
D. – “Secondo me a livello di impegno ci sono momenti diversi e situazioni diverse. Love Cube rappresenta forse le mie paure: io ho il terrore, per esempio, della televisione, e l’ho messo dentro quello. Poi su Simbolo è altro discorso di analisi. Simbolo è tutto quello che sto dicendo adesso, è un po’ il nostro manifesto politico. Ed è stato una delle prime uscite. Però, a livello di impegno, io penso che questo tipo di idee si trovi molto sul Massacratore, che è un’altra delle nostre testate: lo scontro con quella che è la realtà.
Il numero 1 del Massacratore versione Factory è uno degli albi moralmente più coinvolgenti di Stefano Piccoli. Prima si limitava a contestare in maniera fisica quello che era il “male”.
Con il numero 1, Stefano ha messo in gioco se stesso, ha affrontato ilmale in maniera psicologica. Secondo me è un albo molto coinvolgente da un punto di vista morale, apre dei discorsi che ognuno di noi si fa, sull’altro da se, sul modificare il proprio comportamento o comunque su un contestare ed un contestarsi interno, ma non è fisico, è morale, è interiore, è riflessivo. Infatti è un albo molto particolare, è un andare a scavare dentro quello che poteva essere soltanto un vendicatore degli oppressi ed andare a vedere cosa c’è dietro.
Oltretutto questa storia Stefano l’ha scritta in un momento molto particolare della sua vita, il servizio civile, per cui aveva delle angosce personali da tirar fuori. Il fumetto è questo. Poi ci sono altri tipi di cose, per esempio lo Schiz.
Da un lato può essere considerato, per i temi o, comunque, per il pubblico al quale è rivolto, un fumetto per ragazzi. Però, dietro quello, c’è forse l’impegno più grosso sul disegno, sulla struttura tecnica della storia, sulla colorazione al computer, sugli effetti che Tiziana (che è la colorista di lo Schiz) ha usato per realizzarlo; ha un impatto grafico molto emotivo.
La questione dell’analisi sul sociale o sull’impegno è proprio a seconda del momento in cui decidiamo di far uscire le cose. Per esempio, alla base dell’Uomo Atomico ci sono tutte le simbologie dei fumetti classici anni settanta, per cui puoi spostare i nomi delle cose, i nomi delle figure, puoi cercare di capire qual è il mito di riferimento ed hai subito un approccio diverso. Poi dipende anche con che tipo di interesse ti avvicini al fumetto.
Noi, però, non vogliamo fare il “fumetto d’autore” puro, io non ne sono capace, non sono un autore, non posso mettere me in prima persona. C’è così sempre la mediazione di una storia di genere, poi, sotto, c’è qualche cosa, mediato comunque da quello che è l’avventura, quello che è il genere, quello che è l’eroe. Poi dipende dai punti di vista.”
Quindi, la Factory, nel panorama delle proposte fumettistiche, si pone a metà strada tra le major e le produzioni indipendenti di quelli che, a volte, sono scartati dalle case editrici perché acerbi oppure non hanno mercato perché fanno qualcosa di particolare, troppo intimistico, minimalista, da poter proporre.
Ma la Factory come guarda gli altri fumetti? Cosa leggete, cosa apprezzate, cosa consigliate?
D. – “Io leggo praticamente quasi tutto. Per me il fumetto è importante, quindi leggo dalla fanzine che vendono seduti per terra con la coperta davanti fino al volume da 30000 lire. Perché il fumetto è per me ancora fonte di divertimento, non sono ancora stato preso dal virus della Playstation, per cui leggo ancora qualche cosa. Io se posso dare dei consigli in testa, secondo me, c’è Kerosene, però è un mio punto di vista.”
Tu, Luca ?
L. – “Per quanto riguarda me e i colleghi leggiamo veramente di tutto, dai supereroi alle testate Bonelli, perché ci interessa il fumetto e quindi ci vogliamo tenere costantemente informati su quello che esce e sui gusti del lettore, in modo da cercare di capire chi abbiamo di fronte.
Per quanto riguarda i consigli, le case editrici sulla cui linea noi ci vorremmo inserire sono la Phoenix di Brolli, la Kappa Edizioni dei Kappa Boys. Sono le case editrici che sicuramente stanno facendo il lavoro migliore al momento, promuovendo il fumetto italiano in maniera seria e con dei buoni mezzi, dei buoni materiali proprio come supporto cartaceo”.
Ok, vi ringrazio. Ora in posa che vi faccio una foto.

NOTE A MARGINE:
Del periodo delle Autoproduzioni fine anni 90 ed inizio anni duemila, come lo era la FACTORY, c’è un bell’articolo di Michele Ginevra, pubblicato nel 2018 sul Fumettologica. oltre l’articolo che abbiamo pubblicato sul nostro magazine lo scorso 11 maggio (sempre di Michele G.)
BIOGRAFIE degli autori intervistati
LUCA BERTELÉ
Disegnatore, colorista, grafico
Sono nato a Lecce nel 1974, ma dal 1992 vivo e lavoro a Milano, dove ho frequentato la Scuola del Fumetto e successivamente l’Accademia Disney. Ho esordito nel 1996 e sono stato co-fondatore della Casa Editrice Factory. Ho realizzato fumetti per svariati editori: Comic Art, Rizzoli, Hobby&Work, Play Press, Magic Press, Eura editoriale, Editoriale Aurea, Touring Club e Edizioni BD, per la quale sono stato anche Production Manager.
Inoltre ho realizzato illustrazioni per Paravia/Bruno Mondadori, Zanichelli, Giunti, Arnoldo Mondadori, Panini, Piemme/Battello a Vapore e ho disegnato fumetti di serie Star Wars: The Clone Wars per l’inglese Titan. Attualmente, oltre al progetto Bonelli Kids per Sergio Bonelli Editore, porto avanti una collaborazione con Disney USA, lavorando su titoli quali Zootropolis, Oceania, Cars 3 e Ralph Spaccatutto 2.
FLAVIA SCUDERI
Flavia Scuderi è una poliedrica artista romana, classe ’74, con base a Berlino dal 2006. Nella sua carriera ha fatto fumetti, illustrazioni, storyboards, character design, sceneggiature e grafiche per marketing. Il debutto fumettistico avviene nel lontano 1998, con Zelda streghetta alla moda, su testi di Roberto Recchioni, sotto l’etichetta indipendente Factory. Dal 2000 ha collaborato per circa undici anni con la Disney, su titoli come Witch, Principesse, Kim Possible e molti altri. Nel 2005, insieme a Lorenzo Paoli, vince il premio Pitch Me della Rai per il miglior progetto animato con Big Mama. Approdata a Berlino ha realizzato character designs per le serie animate Mia & Me e Lilly the witch e ha collaborato con varie realtà tedesche quali, Knax, Mosaik, Flo & Andy, Geolino e Der kleine ICE.
Nel 2013, su testi di Andreas Völlinger, realizza la graphic novel Wagner, accompagnata da un’app interattiva e un documentario per Arte, per il quale Flavia ha realizzato sequenze animate e character design. Nel 2018 è stata invitata a presentare un TEDx talk alla Humbolt Universität di Berlino con il titolo Why comics are great, sull’importanza e il valore, spesso sottovalutato, dei fumetti nella nostra cultura. Nel 2015 approda alla compagnia di giochi berlinese Wooga, dove ha realizzato e realizza tuttora, fumetti e illustrazioni animate, character design, storyboards, illustrazioni e grafiche, per i titoli Futurama games of drones, Tropicats, Switchcraft, Pearl’s Peril, Ghost detective e June’s Journey. A Napoli Comicon 2024 presenta Marlene, la graphic novel pubblicata da Edizioni BD, con protagonista la diva immortale Marlene Dietrich.
DIEGO CAJELLI
Diego Cajelli (Milano – 1971) scrittore, sceneggiatore, autore radiofonico e televisivo, blogger e insegnante di Crossmedialità e Storytelling presso l’Università Cattolica di Milano. Come autore di fumetti scrive storie per Dylan Dog, Dampyr, Zagor, Nathan Never, Diabolik e per un gran numero di progetti personali. Si è occupato dell’adattamento e dell’espansione a fumetti dell’universo del film Il Ragazzo Invisibile di Gabriele Salvatores e del personaggio televisivo Chef Rubio.
Per l‘Editoriale Aurea scrive e coordina la produzione della serie Long Wei, il primo fumetto ambientato interamente nella chinatown milanese.
Per Feltrinelli Comics, per celebrare i 150 anni della fondazione della Stazione Zoologica Anton Dohrn, scrive La medusa immortale disegnata da Francesco Frongia.
Ha scritto e condotto programmi di approfondimento sull’immaginario contemporaneo delle serie televisive andati in onda su Joi e ha curato numerosi programmi per Radio Popolare.
Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo: La medusa immortale (Feltrinelli, 2023); nel 2022 sempre per Feltrinelli collabora alla creazione di Comics&Science Vol.1, mentre per Panini nello stesso anno pubblica Piccoli Grandi Campioni: il Manuale Illustrato del Tennis di Jannik Sinner .
L’INTERO NUMERO DODICI DI FUMETTOMANIA
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L’Associazione FUMETTOMANIA FACTORY – APS, che opera dal 14 maggio 1991 a livello nazionale – senza mai dimenticare le attività svolte nel territorio della propria sede operativa a Barcellona P.G., – ha come finalità la promozione, la divulgazione e la valorizzazione delle tematiche correlate al linguaggio del fumetto.
La “mission” di Fumettomania, è quella di attrarre ragazzi di tutte le età promuovendo progetti a loro dedicati, che parlino di argomenti attuali e coinvolgenti, utilizzando il fumetto, che si profila come forma d’arte autonoma che contiene in sé il codice linguistico della letteratura (le parole), le sue modalità di fruizione, ma anche la sequenzialità del cinema e l’attenzione figurativa delle arti visive tradizionali.
L’impegno dell’Associazione – a 34 anni dalla fondazione – è quello di diffondere la cultura del Fumetto e, fra i nostri obiettivi, c’è la volontà di continuare i progetti culturali e sociali sul territorio con laboratori rivolti a giovani appassionati e alle scuole, mostre personali e collettive dedicate al fumetto, all’illustrazione e affini, presentazioni di fumetti ed incontri con gli autori
NOTE EXTRA
FUMETTOMANIA INDEX 1990 – 2012
ovvero, tutte le informazioni e tutti i contenuti relativi ai 20 numeri pubblicati della rivista cartacea Fumettomania.





