Ho conosciuto Kelley Jones a Roma, nel 1995, ad Expocartoon (che era un bel festival organizzato da Rinaldo Traini). Un suo disegno di Batman è stato anche usato per la copertina del n. 7 di Fumettomania.
A distanza di 25anni e, grazie a Filippo Marzo, torna nelle nostre pagine uno degli autori americani che apprezziamo per il suo stile gotico, dark ed horror.
E’ un piacere ospitarlo proprio a pochi giorni dall’anniversario dei 30 anni dell’Associazione culturale.
Buona lettura da Mario Benenati, curatore di Fumettomania Web Magazine
Mario Benenati, curatore di Fumettomania Web Magazine
-4 giorni … ai TRENT’ANNI DELL’ASSOCIAZIONE CULTURALE FUMETTOMANIA FACTORY
Avete impegni venerdi 14 maggio?
Sarà un giorno di festa, anche se non potremo fare nulla in presenza nella nostra città,
con ricordi e aneddoti di tanti amici,
con tante belle foto, con un video clip,
con la diffusione di un comunicato stampa e …
forse anche una diretta.
Seguiteci su questo sito e sulle pagine social e lo scoprirete!
DIRETTAMENTE DAL NOSTRO INVIATO A MONTERREY (MESSICO)
Quattro chiacchiere con ..
di Filippo Marzo & Vanessa Molina
Filippo Marzo: Salve a tutti amici di Comics Reporter e Fumettomania, oggi abbiamo un ospite veramente molto apprezzato in Italia. Si tratta dell’artista Kelley Jones, famoso per il suo tratto peculiare e veramente distinto dal resto degli altri artisti, molto gotico, molto horror.
Lo ricordiamo per i suoi lavori su Sandman, su Batman, su Deadman, su Alien, Knightfall, The Hammer, etc., tanto apprezzati dal pubblico italiano. Benvenuto Kelley.
Kelley Jones: Grazie.
FM: Cominciamo con la prima domanda. Il tuo stile horror e le atmosfere gotiche sembrano essere la tua cifra stilistica preferita. Come mai questa scelta?
KJ: Probabilmente la ragione per cui i miei lavori virano verso l’immaginario orrorifico, è dovuta al fatto che sono cresciuto guardando molti di questi film e leggendo questo tipo di storie. Io stesso ero piuttosto spaventato da questo genere. La mia fascinazione, dunque, potrebbe essere definita più come una sorta di curiosità che paura.
Non avevo alcun amore nei confronti della violenza, ma mi piaceva moltissimo l’atmosfera di quel tipo di mondi, quel tipo di storie. Ho sempre amato il dover disegnare molti più dettagli: ci sono molte più possibilità nell’horror o nel gotico. Non devi seguire le stesse metafore o le stesse idee di tutti gli altri artisti, perché qualcosa che ti spaventa è univoco per chiunque, qualsiasi cosa possa essa essere.
Devi sviluppare l’atmosfera e i suoi punti di forza: luci, scorci… devi riuscire a puntare sulla tensione e sulla suspence e trasferirle in un’immagine, che sarà per questo d’effetto. E questo era decisamente più affascinante per me. Ho ovviamente pensato che questo avrebbe funzionato su dei personaggi che, di base, sono orientati verso il genere horror, ma ha funzionato molto bene anche su Batman, perché c’è una forte componente legata alla paura.
Sono stato sempre in disaccordo con tutte quelle persone che pensano che non abbia poteri: lui usa la paura, e non molti personaggi possono farlo. Quindi questi due aspetti hanno lavorato bene insieme: il mio interesse personale nel disegnare in questo modo e il personaggio… probabilmente insieme a Superman uno dei più grandi personaggi. E questo ha funzionato anche per molti dei lettori.
FM: Sappiamo che sei un grande appassionato di film horror. Hai citato il regista Mario Bava, il nostro regista italiano Mario Bava, nel volume della DC Comics “Infinite Halloween Special”, colorato dal nostro ospite Mark Chiarello. Il tuo nome inoltre appare anche nel libro “Mario Bava: all the colors of the dark”. Come lo hai scoperto?
KJ: Quando ero adolescente trasmettevano vecchi film dell’orrore il venerdì notte. Sono andato a dormire da un mio amico per il suo compleanno, e proprio quella notte trasmettevano “Black Sabbath” (“I tre volti della paura” ndt) di Mario Bava. Saranno state le 23.30, le 24:00 di notte.
Smise subito di essere un compleanno per me. E mentre tutti gli altri ragazzi dormivano, io ero sveglio, aspettando soltanto che quella donna raggiungesse l’atrio. E, come ogni cosa che mi spaventi, non avevo intenzione di rivederlo. Ma dovevo rivederlo. Non sapevo chi fosse: sapevo solo che era geniale. O che, comunque, quel film fosse geniale.
Fu solo alcuni anni dopo che un mio amico stava parlando di un grande film in bianco e nero dal titolo “Black Sunday” (“La maschera del demonio” ndt), che non aveva in videocassetta, ma solo in bobina sul suo proiettore, e di cui aveva acquistato solo 20 minuti.
Guardandolo, non riuscivo a capacitarmi di quanto fosse buono, ero molto giovane, ma mi terrorizzò, senza che io ne conoscessi tutta la storia. Alla fine, fu trasmesso in televisione, e fu anche meglio: era come se qualcuno avesse girato un sogno.
Qualsiasi cose che ho visto di suo da quel punto in poi, era geniale. Era difficile cercare informazioni che lo riguardassero. Erano disponibili solo i suoi film. Ed ognuno di questi mi colpiva: erano semplicemente belli. Dicevo sempre ai miei coloristi di guardare “Black Sabbath”, “Planet of vampires” (“Terrore nello spazio” ndt), è così che voglio che colori.
Poi, alcuni anni dopo stavo vedendo in un espositore delle riviste un numero di “Great Video Watchdog” di Tim Lucas… credo fosse una seconda parte o qualcosa del genere, un articolo su Mario Bava. Quella fu la prima cosa che potevo leggere su di lui. In seguito, disse che avrebbe pubblicato un libro su Mario Bava e che stava prendendo i pre-ordini per l’acquisto.
Credo di essere stato uno tra i primi a prenotarlo. E ho aspettato pazientemente, un’attesa che è stata ripagata pienamente. È davvero una grande ispirazione per me, perché ciò che ha realizzato, sebbene fosse un uomo molto umile che prendeva il suo lavoro molto seriamente, penso che tutto fosse basato sulle sue immagini.
Penso lavorasse al contrario: probabilmente pensava a quelle scene e, in seguito realizzava una storia basandosi su esse. Ecco perché continua a restare un’ispirazione per me fino ad oggi. Non penso di aver visto, ad oggi, qualcosa che mi sia rimasto così impresso, come i suoi film dell’orrore. Sono semplicemente belli. Mi rendo conto che è strano definire “bello” un film dell’orrore, ma è ciò che sono: belli.
FM: Sicuramente Mario Bava è uno dei grandi registi del genere horror italiano. Andiamo avanti con le domande che vengono poste dal nostro pubblico.
E la domanda te la pone questa volta Fabio Butera : “Hai disegnato il quarto capitolo di “Frankenstein Alive, Alive!”. Cosa hai provato nel raccogliere il testimone di un grande maestro come Bernie Wrightson?”
KJ: Beh, Bernie è stato il primo artista da cui, sin da bambino, ho imparato, similmente a Mario Bava.
Ho letto i suoi lavori. C’era una copia di Swamp Thing tra gli altri fumetti, normalmente in vendita. E non pensavo che l’horror e i fumetti potessero andare d’accordo, ma avevo solo 10 anni. Non mi piacque, da principio, in seguito l’ho amato. Circa due ore dopo lo stavo rileggendo e lo amavo.
È stato il primo artista per cui sono andato a ricontrollare nei credits chi avesse disegnato, chi fosse lo sceneggiatore, cosa che non avevo mai fatto prima di allora. Guardavo i personaggi e, da quel punto in poi, è diventato un punto di riferimento simile ad un padre, per quanto riguarda l’aspetto artistico.
Non volevo disegnare fumetti, nello specifico, io amo disegnare. Lui disegnava l’orrore non in modo orribile e sanguinolento, ma in modo romantico. C’erano una bellezza e una ricchezza nel suo lavoro che lo rendevano totalmente unico nelle sue rappresentazioni.
Durante gli anni, è sempre stato l’artista verso cui viravo. Quando ho potuto incontrarlo e conoscerlo, la sua generosità di spirito, ti metteva immediatamente a tuo agio. È davvero un maestro, tra i maestri. Quando ci siamo conosciuti abbiamo trovato subito molte affinità, oltre ciò che ci piaceva e ciò che amavamo dal punto di vista artistico.
Per esempio, gli piaceva guardare trasmissioni di cucina, come me. C’erano tante di quelle cose in comune, che non avevano nulla a che fare con l’aspetto artistico. Ci siamo conosciuti così. Eravamo terrorizzati dai film horror, ma sentivamo il bisogno di guardarli. Una cosa che né io, né lui eravamo mai riusciti a superare. E di cui ridevamo.
Quando ha avuto il mio contatto e Steve Niles, lo scrittore, ha avuto il mio contatto, nonché l’editore mi propose il lavoro, non ero sicuro di volerlo realizzare, principalmente perché non puoi essere alla sua altezza. Sapevo che era malato, ma non avevo idea della gravità della malattia.
Quando mi hanno detto che si stava per ritirare dalla scena e non avrebbe più realizzato nulla, e che avrebbero realmente voluto realizzare il finale, solo allora, quando ho realizzato che questo era l’unico modo di concludere, ho acconsentito. L’unica cosa che ho chiesto è che mi fossero forniti i riferimenti che erano stati realizzati fino a quel punto e Bernie, molto gentilmente, mi inviò tutto.
In questo modo ho potuto osservare come lavorava. Non si trattava solo di avere le sue immagini come un riferimento. Ho imparato come tracciava le linee, come componeva le sue tavole, perché molto del lavoro per il quarto episodio di Frankenstein, era sotto forma di bozzetti, piccoli schizzi e annotazioni su ciò che intendeva realizzare.
Quando ci lasciò, divenne tutto più difficile. Sapevo che dovevo farlo perché sarebbe stata la sua ultima pubblicazione. C’è tantissimo di lui in questo lavoro: alcune pagine interamente realizzate da lui, tutti le composizioni delle tavole sono sue, tutte le idee sono sue.
Tutto ciò che ho provato a fare è stato replicare il suo stile, non il mio. Non volevo altro che essere un tramite per la sua ultima pubblicazione. È stata dura. È stata una delle cose più difficili che io abbia mai fatto. Oltre il dover realizzare qualcosa che gli rendesse giustizia e di cui potesse essere fiero, avere tra le mani il suo lavoro, le sue annotazioni, sapendo che se ne era andato… è ancora difficile per me, guardarli oggi.
Il lavoro è andato avanti per un paio di mesi e ogni giorno era come affrontare la sua dipartita. Ma è stato importante che sia stato pubblicato, che sia stato il suo ultimo lavoro, è un libro favoloso, è una delle sue più grandi realizzazioni. E Frankenstein era l’amore della sua vita. Ed è stato lui a chiedermelo.
Ogni volta che mi domando se avessi dovuto realizzarlo o meno, ripenso che me lo ha chiesto direttamente lui. Non potevo rifiutare. Anche se qualsiasi altra persona mi avesse detto “Non farlo”, lo avrei fatto ugualmente per il semplice fatto che me lo aveva chiesto lui. Non c’è mai stato un onore più grande, ma non avrei voluto riceverlo.
FM: Sicuramente un grandissimo Bernie Wrightson. Sentiamo molto la sua mancanza.
Andiamo avanti con l’altra domanda, posta stavolta da Nicholas Watkins su un simbolo iconico riguardante le famose orecchie di Batman. Nicholas ti chiede “Quali sono state le tue ispirazioni quando hai realizzato le lunghe orecchie di Batman. Hai avuto delle istruzioni da parte di qualcuno?”
Domanda che, sicuramente ti avranno rivolto molte volte.
KJ: Non pensavo che questa cosa sarebbe diventata così rilevante ma, alla fine lo è stata.
Sapete, le orecchie, il mantello e tutto il resto. Avevo visto altri artisti farlo: Marshall Rogers, Bernie Wrightson, e qualcun altro. Probabilmente quello che mi ha spinto a farlo è stato il fatto che non penso mai a Batman alla luce del giorno. Non penso mai a lui nel realizzare azioni in cui lo puoi vedere chiaramente, nel dettaglio.
Lui è un’ombra, un contorno, una forma. Ed è questo che rappresenta per il 99,99% di noi: non lo possiamo vedere nel dettaglio, lo vediamo con un alone demoniaco. Non sappiamo se è un “buono”, né se è un “cattivo”. Ecco quale è stato il mio approccio. È un aspetto del terrore, in senso letterario.
Quando combatte i suoi avversari, loro sono già degli squilibrati, quindi questo non ha influenza su di loro. Ma per il resto di noi… considerato che il suo fine è quello di prevenire che noi si compiano atti criminali o si passi al crimine, deve rappresentare qualcosa di pauroso. Ed è per questo che l’ho sempre rappresentato in ambienti oscuri o in vicoli oscuri o comunque al buio. E ciò che puoi intravedere è solo la sua forma. Che non conosci del tutto.
Cerco di non pensare ai dettagli o al renderlo realistico, perché questo fa venir meno il suo aspetto mitologico. E far venir meno anche il suo mistero. Se io conoscessi quanti lacci sono presenti nei suoi stivali, o quanti alloggiamenti ci sono nella sua cintura, allora sarebbe simile a me. E io non sono una persona che ti incute paura. Ma lui lo è. Quindi il mantello è grande in modo che possa nascondere il suo aspetto, le sue orecchie sono lunghe in modo che lui risulti come una sagoma paurosa, proietti un’ombra paurosa. Funziona soltanto se disegno tutto il resto in questo modo.
È per questo che ho chiesto di non realizzare storie ambientate in un una nave spaziale o comunque in una situazione alla luce del giorno. È sempre immerso nella nebbia e nell’oscurità, ma come una forza del bene. Una sorta di Jack lo squartatore, però “buono”. Ed ecco il motivo.
FM: Andiamo avanti. Questa volta la domanda la facciamo noi di Comics Reporter. Allora Kelley, sei stato ospite del Lake Como Art Festival nel 2019. Qual è in generale il tuo rapporto con l’Italia e se puoi raccontarci quell’esperienza.
KJ: Sono stato molto fortunato quando, nel 1995, la DC Comics nel 1995, ai miei esordi nel disegnare Batman, mi chiese di andare a Roma per la loro fiera. Ho sempre amato l’Italia, da quello che ne avevo letto, dal punto di vista storico, la cultura, ne amavo la storia, le persone… quindi quando mi hanno chiesto, recentemente, di essere al Lake Como, era davvero una decisione facile da prendere, anche se si tratta di un volo davvero lungo e ci molte cose da fare mentre ti trovi al Festival.
Essere in quell’ambiente, in quell’atmosfera, è davvero un toccasana per l’anima. Stare insieme agli italiani è sempre piacevole per me, perché trovo il loro amore per il loro paese e per la loro storia molto rigenerante e gli faccio tante domande a cui rispondono, mi piace girovagare ed immergermi totalmente nel paesaggio.
Il fatto che tu ti trovi in un posto dove puoi andare indietro con gli eventi così tanto e dove così tanto è accaduto… da dove provengo, tutto risale a solo 100 anni fa. Ed è davvero nulla, nulla. È tutto relativamente nuovo, quindi, avendo un atteggiamento romantico, è davvero meraviglioso trovarsi in un luogo dove la chiesa “più recente” è stata costruita “appena” 500 anni fa.
Questo è qualcosa di completamente diverso da qualsiasi cosa ci sia in America. Non c’è niente del genere. Quindi, anche quando fai una passeggiata, sai che stai passeggiando tra i fantasmi, e questo per me è un bene e mi piace tantissimo.
Ritornerei immediatamente e, in effetti, penso che lo farò per il semplice piacere di visitarla, senza nessuna scadenza, da semplice visitatore. È davvero raro viaggiare così lontano, eppure sentirsi a casa. Buona parte dell’Italia, almeno rispetto ai luoghi in cui sono stato, è davvero molto simile al nord della California. Specie le aree della costa.
E forse, è proprio per questo che molti immigrati italiani si trasferiscono nel nord della California. Ma, se tu non sapessi di essere in Italia, penseresti di trovarti nella costa del nord della California. È molto strano. La differenza è che in Italia puoi ritrovare castelli, acquedotti, rovine romane, da noi allevamenti di mucche e vecchi fienili.
FM: Proseguiamo con un’ultima domanda. La domanda tipica che facciamo ai nostri ospiti.
Parlaci, per favore, Kelley dei tuoi progetti presenti, futuri se non sono confidenziali e se hai qualcosa da farci vedere, da mostrare al nostro pubblico.
KJ: Allo stato attuale, siamo in trattativa per poter realizzare un progetto su Batman per la DC Comics. Questo dipende ancora su alcuni dettagli su come le cose stanno procedendo e sugli sviluppi futuri, ma lo trovo molto interessante.
Su un altro progetto non posso entrare molto nei dettagli, ma posso dire che lavorerò con Matt Wagner, che lo sceneggerà. È sarà una meravigliosa storia horror. Un orrore epico, scritto da Matt Wagner e disegnato da me. Questo è qualcosa su cui sto cominciando a lavorare sin da adesso. Quindi, fino ad ora, questi sono i progetti in cui sono coinvolto.
Sto inoltre curando il design di alcuni mostri del prossimo Star Wars, quindi c’è molto lavoro in tal senso per il futuro. Non so se posso mostrarvi qualcosa, perché sono ancora in produzione, ma questo è ciò a cui sto lavorando.
FM: Kelley ti ringraziamo, veramente sei stato molto gentile a rispondere alle nostre domande. Da parte di Comics Reporter e Fumettonania, ti ringraziamo e ti salutiamo.
Alla prossima, ciao, grazie.
KJ: Grazie, sono onorato di sapere che pensiate che ciò che ho detto sia interessante e sono grato di essere stato con voi. L’ho apprezzato molto, è stato divertente.
IL VIDEO DELL’INTERVISTA a KELLEY JONES
In inglese con i sottotitoli in italiano
Nel caso non appaia l’anteprima del video, ecco il link da digitare e/o cliccare per vederlo sul canale YouTube di Comics Reporter.
BIOGRAFIA KELLEY JONES
Ispirato da vecchi film di fantascienza e horror e antologie televisive, nonché da Stan Lee e Jack Kirby alla guida dei Fantastici Quattro, ha presto mostrato interesse per lo sviluppo dei suoi interessi artistici.
Fin dal primo momento ha mostrato uno stile molto personale, un misto di varie influenze cinematografiche: F.W. Murnau, Orson Wells, le produzioni Hammer e la filmografia di registi come Jacques Tourneur o Werner Herzog. Un accumulo di riferimenti che ha impressionato il leggendario Marshall Rogers, che lo ha incoraggiato a presentare il suo portfolio ai responsabili delle grandi case editrici nordamericane. Nel 1983 ha fatto il suo debutto professionale in Micronauts, una raccolta Marvel Comics in cui si è distinto come fumettista regolare. Nonostante abbia ricevuto nuove commissioni come Le cronache di Corum, non sembrava particolarmente soddisfatto, poiché riteneva che, sebbene tecnicamente corretto, il suo lavoro “mancasse di anima”; quindi, per rimediare, ha deciso di riscoprire il proprio stile, disegnando in modo più spontaneo.
Il problema è che i redattori della House of Ideas non erano soddisfatti di un tale cambiamento e hanno dato istruzioni all’inchiostratore di turno per correggere quelli che consideravano errori.
Fortunatamente, Jones iniziò a lavorare per la DC Comics e si imbatté in un editore che non solo rispettava le stranezze del suo stile, ma lo invitava anche a inchiostrare le proprie matite. Nel 1988 iniziò a disegnare le avventure di Deadman nella serie Action Comics Weekly, e sebbene la caratterizzazione comunemente accettata dell’alter ego di Boston Brand fosse quella ideata da Neal Adams anni fa, Jones sorprese con una visione peculiare del personaggio che ha avuto continuità in un paio di serie limitate scritte da Mike Baron. Dopo varie commissioni minori, la sua carriera ha raggiunto un punto di svolta, determinato dal suo contributo a Sandman, il capolavoro dello sceneggiatore britannico Neil Gaiman.
È così che ha disegnato le storie Calliope e A Dream of a Thousand Cats, oltre a farsi carico della maggior parte dell’arco narrativo intitolato Fog Station. Spinto dal suo contributo alle avventure del Re del Sonno, ha ricevuto la sua prima commissione relativa al Cavaliere Oscuro: la graphic novel Batman & Dracula: Red Rain (1992), un Elseworld particolarmente rilevante per consentirgli di offrire un’interpretazione atipica del personaggio: ipermuscolato, con orecchie appuntite e mantello infinito.
Il progetto è passato alla storia anche per aver innescato una proficua collaborazione con Doug Moench, con il quale ha sviluppato i sequel Bloodstorm e Crimson Mist, e lo speciale Batman / Dark Joker: The Wild. E tale è stato l’impatto dei suddetti lavori che ha portato alla sua nomina a copertinista per le collezioni Batman e Detective Comics durante l’ormai classica serie The Fall of the Bat. Era solo questione di tempo prima che diventasse finalmente un disegnatore regolare del cavaliere oscuro…
E così è successo, quando ha incontrato Doug Moench in un’acclamata serie di Batman iniziata con Batman # 516 (marzo 1995). Inoltre è stato anche responsabile della sezione grafica di altri progetti legati all’alter ego di Bruce Wayne: la serie limitata Batman: Haunted Gotham e Batman: The invisibile -scritta anche da Moench-, la maxiserie Batman: Gotham after midnight, sceneggiata da Steve Niles, o il volume antologico Batman: The Dark Knight – Deadly Enemies.
La sua vasta biografia include anche The Messenger, The Hammer, ZombieWorld o 13th Son, oltre a Conan e il libro di Toth e un’edizione illustrata delle avventure di Sherlock Holmes. A sua volta, ha partecipato alla serie dell’etichetta Vertigo The Crusades e si è riunito con Niles a Edge of Doom e il quarto capitolo della miniserie: Frankenstein Alive, alive! Cominiciata e mai conclusa, a causa della sua scomparsa dall’amico e maestro Bernie Wrightson.
LE ALTRE “QUATTRO CHIACCHIERE” di FILIPPO del 2021
ANNO 2021
Ottava intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/disegnatore-scrittore-musicista-artista-marziale-veterano-e-attore-intervista-a-larry-hama/
Settima intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/bill-sienkiewicz-amo-tutti-i-fans-italiani-e-tutte-le-opere-che-provengono-dallitalia/
Sesta intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/giuseppe-camuncoli-il-segno-progredisce-anche-senza-che-un-autore-lo-controlli/
Quinta intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/intervista-a-jim-valentino/
Quarta intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/intervista-a-kevin-vanhook-co-creatore-di-bloodshot-valiant-comics/
Terza intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/intervista-a-bart-sears/
Seconda intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/italia-il-mio-posto-preferito-dave-mckean/
Prima intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/con-i-personaggi-che-davvero-ti-interessano-ce-qualcosa-di-te-in-loro-sicuramente-intervista-a-jamie-delano/
ANNO 2020
Ventunesima intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/chris-claremont-non-ho-ancora-finito-intervista-di-filippo-marzo-e-fabio-butera/
Ventesima intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/con-tom-defalco-torniamo-a-chiacchierare-della-marvel-degli-anni-80/
Diciannovesima intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/mi-piacciono-molto-i-periodi-della-storia-dellarte-kevin-eastman-lintervista/
Diciottesima Intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/siamo-ununica-famiglia-nel-mondo-della-fantascienza-e-dei-fumetti-intervista-a-bob-layton/
Diciasettesima intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/justice-league-tantissimo-divertimento-a-volte-non-sembrava-neanche-di-lavorare-4-chiacchiere-con-jm-dematteis/
Sedicesima Intervista – https://www.fumettomaniafactory.net/gli-italiani-hanno-un-grande-senso-dellumorismo-intervista-a-geof-darrow/
Le altre interviste le trovate accedendo alla stanza-pagina “QUATTRO CHIACCHIERE DI FILIPPO CON….“
Filippo Marzo nasce nel 1975, grande appassionato fin da piccolo di cartoni animati e fumetti, da Topolino a Sturmtruppen fino a Beetle Bailey. Crescendo i suoi gusti si spostano verso i super eroi e il connubio durerà per moltissimi anni.
Collaboratore con fanzine locali, diverse fan page e siti con contenuti cinematografici, visto che il cinema è un’altra sua passione. Piccolo collezionista di opere originali è curatore di due mostre di sketchbook di disegnatori di comics negli anni ’90, sposta ancora una volta i suoi interessi verso il fumetto maturo e dai contenuti artistici sopraffini, con un occhio di riguardo alle case editrici indipendenti, come Eclipse, Tundra, Fantagraphics e Dark Horse.
Fan delle opere di Bill Sienkiewicz, Mike Mignola e John Byrne.
Da qualche anno reporter e corrispondente dall’estero per quanto riguarda Comic Convention che hanno luogo in Messico e negli Stati Uniti.