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Febbraio 2000: l’ultima volta dei Peanuts

di Carlo Scaringi

Certe volte il destino, o il fato, o anche il caso giocano brutti scherzi, come è accaduto giusto dieci anni fa. Il mattino del 13 febbraio 2000 i giornali americani pubblicavano l’ultima tavola domenicale dei Peanuts, la fortunata saga che Charles M. Schulz disegnava da mezzo secolo. La sera il grande autore moriva all’età di 77 anni, ucciso dall’Alzheimer e da un cancro.

La sua è stata la più classica delle morti annunciate, perché un paio di mesi prima Schulz – ormai stanco e gravemente malato – aveva dichiarato che avrebbe smesso di disegnare. L’ultima striscia quotidiana è apparsa all’inizio di gennaio 2000 seguita, circa un mese dopo, dall’ultima tavola domenicale. Con la morte del loro autore sono scomparsi anche i Peanuts, perché Schulz aveva deciso che la serie non sarebbe stata ripresa da altri disegnatori. La mia “famiglia” – disse – non lo vuole, riferendosi probabilmente non tanto ai suoi congiunti, quanto alla sua famiglia di carta, con cui era convissuto mezzo secolo, disegnando – dal 2 ottobre 1950 fino alla morte – quasi ventimila episodi di questa piccola storia infinita. Schulz è stato un grande autore, è ormai entrato nella storia del fumetto, ma anche i suoi personaggi sono entrati in una storia molto più sfaccettata, quella del costume, della sociologia, della piccola umanità, quasi anonima e trascurata, ma in fondo decisiva per far crescere la società. Nel piccolo mondo, antico e moderno a un tempo, nel quale si muovono i piccoli protagonisti si rispecchiano le mille realtà di tutti questi anni, quasi mai facili, che Charlie Brown e compagni hanno attraversato senza mai crescere, perché gli eroi di carta non hanno età, ma che hanno visto modificarsi giorno dopo giorno attraverso piccole vicende quasi marginali per gli adulti ma importanti per i bambini. Schulz ha saputo raccontare con poesia tutto quello che accade in un mondo di bambini, com’è quello che fa da sfondo alle storie di queste insignificanti “noccioline”, potremmo dire traducendo alla lettera il termine Peanuts. Sono noccioline di bonaria saggezza, quasi di filosofia spicciola quella che giorno dopo giorno ci hanno offerto Charlie Brown e compagni, alle prese certo con i problemi tipici dell’infanzia, ma non troppo distanti da quelli che, poi, si trovano ad affrontare gli adulti. In mezzo secolo di storielle nei Peanuts non sono mai comparsi gli adulti, anche se ogni tanto la loro presenza si avverte, per esempio nella figura della maestra, sempre invisibile, ma temuta e un po’ amata dai piccoli scolari, o in quella del padre di Charlie Brown, barbiere come il padre di Schulz.

L’AUTORE ED I PERSONAGGI

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L’autore ha riversato nei suoi personaggi un po’ del passato del suo passato. In fondo Schulz è stato un uomo tranquillo, che non è mai uscito dai confini degli States (una sola volta venne a Roma per una mostra in suo onore), amante dei cani, come dimostra la cura che ha sempre riservato alla figura di Snoopy, all’inizio un semplice cucciolo, quasi goffo e sgraziato, e via via cresciuto nella sua personalità, fino a insidiare la popolarità di Charlie Brown, senz’altro il più riuscito e più complesso dei suoi personaggi. In Charlie Brown si riflettono le angosce, le tensioni, le nevrosi, le alienazioni del nostro tempo, che non riescono a fiaccarne lo spirito perchè il nostro piccolo eroe crede tantissimo nell’amicizia, nella bontà e nella fiducia del prossimo, anche se come allenatore di baseball colleziona solo sconfitte e non è ancora riuscito a far volare un aquilone. Sua sorella Lucy è l’opposto di lui: saccente, presuntuosa, arrogante, dispettosa, si diverte a far soffrire gli altri, anche Linus, anch’egli nevrotico, con pollice in bocca e una coperta che dà sicurezza fra le mani. Ma anche Lucy soffre un po’, perché è innamorata di Schroeder, il piccolo pianista talmente affascinato dalla musica di Beethoven da trascurare tutto il resto. In questo mondo di personaggi un po’ sconclusionati – i protagonisti, una mezza dozzina e gli altri comprimari che fanno fugaci apparizioni, come Piperita Patty, lo sporco Pig Pen o l’invisibile bambina dai capelli rossi, di cui è innamorato Charlie Brown – il più verosimile e il più umano di tutti è, alla fine, il bracchetto Snoopy, che una striscia dopo l’altra è diventato quasi il protagonista principale: attraverso la sua fantasia e i suoi travestimenti, Schulz ha inserito nella sua saga anche riferimenti alla realtà, quella della prima e della seconda guerra mondiale, con Snoopy asso dell’aviazione o protagonista dello sbarco in Normandia, alle Olimpiadi, con il bracchetto campione di pattinaggio, ecc. Anche il mito di Halloween è entrato nell’universo dei Peanuts, adoratori del Grande Cocomero, che nelle prime traduzioni italiane aveva sostituito la classica zucca, presenza fissa nei riti mercantili di Halloween.

Per saperne di più

Charles M. Schulz è nato il 26 novembre 1922 ed è morto il 13 febbraio 2000. Figlio di un barbiere e di una casalinga, sin da piccolo era chiamato Sparky, scintillante, dal nome di un cavallo che compariva nella strip umoristica di Barney Google, personaggio popolare in quegli anni. Appassionato di disegno, nel primo dopoguerra si è iscritto a un corso per corrispondenza, con buoni risultati, vista la lunga carriera. Ha debuttato nel 1947 con la striscia “Li’l Folks”, che in qualche modo anticipava scene e personaggi dei Peanuts, che esordiranno il 2 ottobre 1950. Le prime strisce sono decisamente bruttine, con un disegno un po’ incerto, a tratti infantile, con figure quasi goffe. Poi, man mano che la striscia cresceva e i protagonisti acquistavano personalità, anche il disegno è migliorato, lo stile si è affinato e personalizzato e i risultati sono noti e apprezzati. Per mezzo secolo Schulz non ha fatto altro, e anche se intorno ai Peanuts è sorto un piccolo impero commerciale, Schulz è rimasto un uomo modesto e tranquillo, perché – come disse una volta – “un cartoonist è uno che deve disegnare la stessa cosa ogni giorno senza mai ripetersi”.

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