Intro
Nel 1974 appariva il primo gioco di ruolo dedicato a Dungeons&Dragons!
Nell’anno dei festeggiamenti dei 50 anni dall’uscita di quel primo gioco, Fumettomania sembra essere l’unica Associazione Culturale italiana e l’unico Magazine che, a livello nazionale, gli sta dedicando un lungo approfondimento.
Prosegue lo speciale Dungeons&Dragons 50th Anniversary, dopo la pausa della scorsa settimana per pare spazio a Lara Croft. Fabio Ciaramaglia il nostro socio e super esperto che cura questo approfondimento, in questa quattordicesima puntata, ci spiega che.<< Dopo il successo ottenuto, proprio Bioware a un certo punto opta per un lavoro su un altro gioco, con un diverso engine (quindi non più Infinity Engine, ma Aurora) e anche modalità di interazione leggermente diversi, quindi a partire dal 2002 diciamo che cambia direzione con Neverwinter Nights e le sue espansioni: saranno altre software house a cercare di cavalcare il successo di Baldur’s Gate, con esiti più o meno buoni.>>
Per leggere dei fumetti su D&D consiglio l’articolo su il profondo nord di Faerûn: Frost Giant’s Fury (2017); che è il seguito del ciclo di storie a fumetti intitolato Shadows of the Vampire (Le ombre del vampiro), pubblicato nel 2016, e del primo ciclo chiamato Legends of Baldur’s Gate.
Per chi, invece, è interessato alla versione cinematografica dI D&D, nello speciale sono stati pubblicati: un articolo dedicato al film L’onore dei ladri (Honor Among Thieves)’ del 9 ottobre, e la genesi del gruppo dei “ladri d’onore” (del 4 agosto), prequel del film. Dei precedenti 9 articoli trovate il link in fondo a questo articolo.
Vi rammentiamo che questo articolo come i precedenti è bilingue, in italiano ed in inglese, a beneficio degli amici e delle amiche stranieri che ci seguono.
Buona lettura
Mario Benenati, curatore del sito Fumettomania Factory Magazine
P.S.: Annuncio importante! Sono ricominciati gli articoli su Lara Croft, sempre a cura di Fabio Ciaramaglia.
P.S.II: abbiamo saputo oggi pomeriggio che a Napoli Comicon, dal 25 al 28 aprile presso la Mostra d’Oltremare di Napoli, ci sarà anche la mostra: 50° anni di Dungeons & Dragons. Il Signore dei giochi di ruolo.
SPECIALE APPROFONDIMENTO 2024:

Una prima eredità dei due Baldur’s Gate e alcuni ragionamenti sulla fruizione dei giochi
di Fabio Ciaramaglia
Il grande successo all’epoca dei primi due videogiochi Baldur’s Gate, e diremmo soprattutto del secondo che porta a compimento la saga del “Bhaalspawn”, ha chiaramente indotto l’esigenza di cavalcare l’onda lunga il più possibile. In quel periodo non uscirono fumetti, ma una trilogia di romanzi, i primi due a opera di Philip Athans (Baldur’s Gate, 1999, e Baldur’s Gate II: The Shadows of Amn, 2000) e l’altro a opera di Drew Karpyshyn (Baldur’s Gate II: Throne of Bhaal, 2001).
La storia ricalca quella del gioco, ma scevra di molti subplot e molti companion e viene utilizzato come protagonista Abdel Adrian, e in qualche modo viene resa canonica quella scelta. Non apriamo in questa sede una discussione sui romanzi (ormai quasi impossibili da acquisire), ma è chiaro che in quel momento ancora dovevano essere trovate delle modalità per una vera e propria narrativa crossmediale in cui il giocatore potesse avere per lo meno l’impressione di aver inciso, con le proprie scelte, sulla macronarrativa.
Quello che intendiamo è che nell’ottica crossmediale il grosso è stato fatto in seguito, come tutta la preparazione verso Baldur’s Gate 3 e i legami che sussistono tra il gioco e i fumetti e anche i manuali che lo precedono è invece piuttosto stretta: è appunto ciò che per tutti gli anni 2010 aveva già fatto Bioware con i suoi Dragon Age. Dopo il successo ottenuto proprio Bioware a un certo punto opta per un lavoro su un altro gioco, con un diverso engine (quindi non più Infinity Engine, ma Aurora) e anche modalità di interazione leggermente diversi, quindi a partire dal 2002 diciamo che cambia direzione con Neverwinter Nights e le sue espansioni: saranno altre software house a cercare di cavalcare il successo di Baldur’s Gate, con esiti più o meno buoni.
Ci colleghiamo al setting del precedente articolo con Icewind Dale (2000, Black Isle Studios) che utilizza esattamente lo stesso tipo di gameplay dei primi due Baldur’s Gate. La differenza sostanziale però è nella storia, che, pur essendo interessante, non ci offre molte scelte multiple su come farla svolgere, infatti il gioco, di per sé, concentra quasi tutto il divertimento nell’azione e soprattutto nella gestione strategica nei combattimenti del gruppo che si guida.
Tutto parte dalle investigazioni del nostro personaggio a Easthaven e i suoi viaggi in altri luoghi di Icewind per svelare alcuni misteri. Dal villaggio di Kuldahar e le sue cripte, templi e fortezze abbandonate, si torna a Easthaven per il combattimento finale contro chi ha tenuto i fili di tutto, che si rivela essere Belhifet, ovvero lo stesso demone da combattere nel finale di “Siege of Dragonspear”. Nell’espansione “Heart of Winter” (2001, Black Isle) invece dobbiamo investigare su possessioni demoniache e sul mondo sciamanico dietro le vicende oscure di alcune tribù di barbari Uthgardt.
Icewind Dale II (Black Isle, 2002) ha dei leggeri cambiamenti tecnici perché al contrario dei BG e IWD1 utilizza le regole di Dungeons&Dragons 3rd Edition, tuttavia l’impianto generale è pressappoco lo stesso. La storia è anche più lineare perché si tratta di difendere la città di Targos da una invasione di goblin che, a mano a mano che procediamo, scopriamo essere solo una avanguardia dell’esercito della Chimera i cui leader dobbiamo sconfiggere. Ci sono riferimenti puntuali al setting (per esempio l’intervento dell’esercito di Neverwinter a supporto delle Ten Towns) così come buone rappresentazioni di zone canoniche come l’Underdark.
Non ci siamo dilungati eccessivamente su questi giochi non perché la storia non sia particolarmente avvincente o non approfondisca sufficientemente il setting (la descrizione della società degli Uthgardt, per esempio, è molto precisa e interessante), ma semplicemente perché la modalità del gioco stesso si basa decisamente molto meno sulla storia stessa, che è totalmente “railroaded”. Diciamo che sono giochi che possono essere interessanti per pianificare strategie, per evolvere meccanicamente i nostri personaggi, piuttosto che arrovellarsi il cervello su quale scelta morale compiere: Bioware con i due Baldur’s Gate aveva offerto anche una modalità narrativa innovativa, ma da quei giochi viene soltanto raccolta una eredità di tipo tecnico sfruttando al meglio l’Infinity Engine.
Questo rapporto tra storia e meccanica di gioco si fa anche più estremo con i due Baldur’s Gate: Dark Alliance 1 e 2 (2001 e 2004, Black Isle). Come già accennato entrambi i giochi furono concepiti per console inizialmente e solo in seguito vennero riadattati per i sistemi operativi per computer. È uno dei motivi di una maggiore semplicità del gameplay generale che ha sì qualche dialogo e qualche narrazione, ma sono decisamente “railroaded” perché non ci vengono offerte vere e proprie scelte. Oltretutto in entrambi i giochi non abbiamo la possibilità di creare ex novo i nostri personaggi, ma ne utilizziamo alcuni pregenerati: Kromlech (nano guerriero), Vahn (umano arciere) e Adrianna (elfa sorcerer) in DA1 e Allessia (umana cleric), Borador (nano ladro), Dorn (umano barbaro), Vhaidra (drow monaca) e Ysuran (elfo necromante) in DA2. Per entrambi, una volta finito il gioco una volta è possibile sbloccare come personaggi giocabili Drizzt e la sua nemesi Artemis Entreri (questi solo in DA2), personaggi della saga dell’elfo scuro di R.A.Salvatore.
A margine segnaliamo che esiste anche un altro gioco, Dungeons&Dragons: Dark Alliance (2021 Tuque Games), che appunto non fa parte della serie “Baldur’s Gate”, ma ha invece come protagonisti proprio i personaggi di R.A. Salvatore ed è ambientato completamente in Icewind Dale: ne parleremo più in là quando affronteremo proprio le vicende di Drizzt Do’Urden.
Le storie di DA1 e DA2 sono vagamente collegate, poiché nel primo ci ritroviamo a essere derubati dei nostri possessi e, dopo aver partecipato ad alcune avventure minori nella città di Baldur’s Gate, attiriamo l’interesse di un Harper, Jherek, che ci affida una missione più importante. Attraverso l’investigazione su alcuni portali magici e aver affrontato un beholder (Xantham) e un intero clan di drow sulle montagne, comprendiamo che i portali servono per ordire un attacco verso la città di Baldur’s Gate dal suo interno. Continuando il viaggio attraverso i portali ci ritroviamo finalmente alla Onyx Tower da cui la non-morta Eldrith muove le fila di questa operazione che prevede una “alleanza oscura” dei suoi soldati, dei drow, degli agenti di Xantham e di lizardmen.
Ci viene raccontato proprio dal lizardman Sleyvas di come la stessa Eldrith, una volta comandante delle armate di Baldur’s Gate, durante un’operazione militare non ricevette l’aiuto della città, quindi si ribellò contro di essa e finì con l’attaccarla, restando però sconfitta: nel dolore del tradimento, non morì ma la sua esistenza fu estesa per poter ricercare la vendetta. Dopo il combattimento finale con la sconfitta di Eldrith, Sleyvas rivela di aver mosso segretamente le fila di un altro complotto perché il proprio oscuro signore possa prendere possesso della Onyx Tower, e questo ci porta a DA2.
Proprio all’inizio del secondo gioco comprendiamo che i personaggi che abbiamo guidato nel primo sono prigionieri del vampiro Mordoc SeLanmere. Con uno dei nuovi personaggi ci ritroviamo a viaggiare verso Baldur’s Gate e una volta lì, ancora una volta, abbiamo da compiere una serie di missioni minori per poi attrarre, nuovamente, l’interesse dell’Harper Jherek che ci ritiene in grado di aiutare per un problema più grande. Mordoc infatti intende utilizzare i poteri della Onyx Tower per poter distruggere Baldur’s Gate, quindi seguono dei viaggi nei piani degli elementali per poterlo indebolire.
In tutto questo l’organizzazione criminale degli Zentharim talvolta aiuta e altre volte combatte contro di noi, in linea su come i suoi interessi siano tendenzialmente ondivaghi. Messo alle strette il vampiro accelera i suoi piani e teletrasporta la torre proprio nella città rendendo gran parte dei suoi abitanti non-morti, in questo modo però viene accelerato anche il confronto con il nostro eroe. Segue lo scontro finale, la distruzione di Mordoc e la torre stessa, con un altro finale aperto: la voce narrante spiega che ci sarà un nuovo attacco a Baldur’s Gate (questo era previsto per un Dark Alliance 3, che però non è mai stato realizzato).
A margine segnaliamo che a seconda del personaggio scelto avremo anche una personal quest: per esempio in quella di Vhaedra dobbiamo ricostituire la nostra Casata e sconfiggere chi ne ha determinato la caduta, nel caso di Allessia dobbiamo sconfiggere un cleric di Cyric che si è insediato sotto mentite spoglie nella sua Chiesa di Helm, e così via.
Al di là dei riferimenti al setting che sono precisi e dettagliati e dalle trame articolate con protagonisti molti attori che partecipano alla trama generale della lotta tra Bene e Male, la storia di questi due giochi è comunque vissuta in maniera prevalentemente passiva, nel senso che il nostro personaggio non deve compiere delle dolorose scelte morali e tutti i vari step sono molto “railroaded”, ovvero obbligati. Lo scopo principale dei due Dark Alliance è di base quello del combattimento, in ottica “hack&slash” games, e quindi avere una progressione del nostro personaggio specialmente in termini di meccanica di gioco.
Con questo non stiamo sostenendo che siano giochi qualitativamente inferiori o meno divertenti (sta di fatto che la critica specializzata assegna mediamente a entrambi delle valutazioni più che discrete), è solo che alla fine di essi non abbiamo la stessa sensazione di aver dato un’impronta diversa alla narrativa, ovvero chiunque di noi controlli Vahn o Vhaedra, pur giocando più volte, otterrà alla fine sempre lo stesso risultato narrativo senza nessuna variazione.
In generale questi spin-off di Baldur’s Gate ci consentono in qualche modo di immergerci ancora di più nel mondo di Dungeons&Dragons, fornendoci ulteriori dettagli sulla città e sui suoi più o meno vicini dintorni, cercando di arricchire anche le nostre conoscenze sulle organizzazioni (gli Uthgardt, gli Harper e gli Zhentarim per esempio), tuttavia il loro scopo principale non è tanto la storia ma i combattimenti. Ogni valutazione estetica è chiaramente soggetta anche a gusti personali e di fruizione dei videogiochi, ed è abbastanza evidente che nel caso di chi scrive si preferiscono giochi in cui l’interazione con la trama e lo sviluppo anche psicologico dei personaggi siano maggiormente approfonditi.
Con una digressione fornirò qui dei numeri che fanno riferimento alle statistiche di gioco presenti nel mio account Steam. Per completare una volta Icewind Dale e le sue espansioni ho impiegato circa 25 ore di gioco, per Icewind Dale II poche in più (l’ho giocato però su GoG); nel caso di Dark Alliance le ore scendono a 18, per Dark Alliance II (giocato però due volte) 30.
Nel caso invece di Baldur’s Gate I e II e relative espansioni, i numeri sono più alti, 84 e 96 ore (due “run” per ognuno) e per il recente Baldur’s Gate 3 (che ancora sto ri-giocando) si arriva a uno spropositato numero di circa 280 ore. Se da un lato è ovvio che ho giocato maggior tempo a tipologie di videogioco che mi appassionano di più, dall’altro è altrettanto evidente che giochi di tipo narrativo-interattivo rispetto a quelli d’azione richiedano più tempo (per poter leggere le opzioni, riflettere sulle scelte, investigare meglio sulle possibilità, nonché procedere con la trama attraverso percorsi del tutto differenti).
Le attuali ore di gioco di BG3 sono anche destinate ad aumentare perché, nonostante tutto, sto ancora scoprendo cose nuove e che mi sorprendono, quindi la sua carica narrativa non si è ancora esaurita.
Questo mi porta a una ulteriore digressione. Ho acquistato BG3 per circa 60 euro quando era in Early Access ma ho iniziato a giocarlo a metà agosto 2023 e al momento in cui scrivo siamo in novembre, diciamo un totale di tempo di 12 settimane, quindi tre mesi. Con gli stessi soldi avrei forse potuto assistere a un concerto o a una partita di calcio, o sarei potuto andare al cinema circa sei volte: nei primi casi sarei stato intrattenuto per circa 2-3 ore, nel secondo 18 ore, e siamo ben lontani dalle 280. Con 60 euro, al di là di promozioni specifiche, mi garantirei sei mesi di abbonamento a Netflix o Disney Plus, e per arrivare a quelle 280 ore dovrei vedere qualche serie per circa 46 ore mensili (a occhio direi tutto il tempo della serie Stranger Things per tre mesi di fila): ma al settimo mese dovrei comunque di nuovo contribuire economicamente, mentre l’acquisto del videogioco è, in questo caso, “una tantum” che mi consente, nel caso sia ancora interessante, una fruizione più estesa anche diacronicamente (non è inusuale che periodicamente, tempo permettendo, mi capiti di ri-giocare alcuni dei vecchi videogame).
Oltretutto ci sarebbe anche l’indotto di tempo dovuto alla lettura di articoli e lo scambio di opinioni sul gioco e le scelte con altri giocatori, ma questo tipo di tempo sociale è chiaramente implicito anche nelle altre forme di intrattenimento. Ciò che sto cercando di spiegare, con questa divagazione, è che i videogiochi non sono una forma di intrattenimento più costosa di altre, né eccessivamente dispendiosa in termini di tempo se giocati con moderazione, ma che, come altre forme e forse anche più di esse, al di là dei nostri gusti personali, ci consente una immersione in mondi fantasiosi le cui storie possiamo vivere “per procura” e che possiamo addirittura cambiare a seconda delle nostre scelte.
È ovvio che è ormai un comparto industriale molto remunerativo e che cambia molto rapidamente non solo da un punto di vista tecnico ma anche delle strategie commerciali (come per esempio il successo degli “streamer” di videogiochi), e questo talvolta rende complessa ogni analisi più o meno definitiva.
Dopo questa lunga divagazione che ci ha portati da Icewind Dale a discutere di altro, nel prossimo articolo torniamo, insieme ai nostri eroi a fumetti, a Baldur’s Gate per il ciclo Evil at Baldur’s Gate.
fine articolo n. 14

Biografia minima
Philip Athans, Baldur’s Gate, Wizards of the Coast, luglio 1999.
Philip Athans, Baldur’s Gate II: The Shadow of Amn, Wizards of the Coast, settembre 2000.
Drew Karpyshyn, Baldur’s Gate II: Throne of Bhaal, Wizards of the Coast, settembre 2001
A.A.V.V., Icewind Dale, Black Isle Studios, giugno 2000. Nel febbraio del 2001 viene pubblicato il DLC “Heart of Winter”. Sono state successivamente messe in vendita in “bundle” (panieri con altri giochi) varie volte, fino alla “Enhanced Edition” dell’ottobre del 2019 a opera di Beamdog.
A.A.V.V., Icewind Dale II, Black Isle Studios, agosto 2002. Sebbene non abbia DLC, anche questo gioco è stato rimesso in vendita nei “bundle”, ma purtroppo per questioni tecniche legate alla perdita di file contenenti il codice non ha mai ricevuto una “Enhanced Edition”.
A.A.V.V., Baldur’s Gate: Dark Alliance, Snowblind Studios/Black Isle Studios, dicembre 2001. Inizialmente concepito solo per le console Sony PlayStation2, successivamente vennero congegnate versioni per altre console (successive versioni della PS, console Nintendo e Xbox), ma solo nel 2021 vennero pubblicate versioni per i sistemi operativi per PC (Windows, macOS e Linux).
A.A.V.V., Baldur’s Gate: Dark Alliance II, Black Isle Studios, gennaio 2004. Analogamente al primo capitolo, la prima versione era solo per Sony PS2 e per Xbox, mentre in seguito ne vennero rilasciate versioni per le altre console (ancora una volta le nuove versioni di PS e le varie console Nintendo). Solo nel luglio del 2022 venne ampliata l’offerta anche per i sistemi operativi per PC (Windows, macOS e Linux).
A.A.V.V., Dungeons&Dragons: Dark Alliance, Tuque Games, giugno 2021.
Biografia dell’autore

FABIO CIARAMAGLIA
Con una laurea in letteratura inglese con una tesi su Shakespeare nei fumetti (2000) e con un dottorato con una tesi su Shakespeare nella televisione italiana (2004), ho sempre cercato di occuparmi della relazione tra letteratura e altri media.
Ho collaborato con varie riviste di fumetti, da Fumo di China a Fumettomania nella sua precedente incarnazione, ma ho anche tradotto due fumetti per la Magic Press e alcune poesie inglesi.
Ho poi iniziato a insegnare inglese nelle scuole superiori prima a Roma e poi, dal 2015, a Trieste.
Non ho perso l’animo nerd nemmeno da insegnante, ma a partire dal 2006 ho virato più sul versante dei videogiochi, in alcuni dei quali, forse per deformazione professionale, ho riscontrato elementi degni di analisi che però prima di ora non avevo avuto il coraggio di affrontare con maggiore serietà.
L’Associazione FUMETTOMANIA FACTORY – APS, che opera dal 1991 a livello nazionale – senza mai dimenticare le attività svolte nel territorio della propria sede operativa a Barcellona P.G., – ha come finalità la promozione, la divulgazione e la valorizzazione delle tematiche correlate al linguaggio del fumetto.
La “mission” di Fumettomania, è quella di attrarre ragazzi di tutte le età promuovendo progetti a loro dedicati, che parlino di argomenti attuali e coinvolgenti, utilizzando il fumetto, che si profila come forma d’arte autonoma che contiene in sé il codice linguistico della letteratura (le parole), le sue modalità di fruizione, ma anche la sequenzialità del cinema e l’attenzione figurativa delle arti visive tradizionali.
L’impegno dell’Associazione – a 33 anni dalla fondazione – è quello di continuare a diffondere la cultura del Fumetto, e di continuare i progetti culturali e sociali sul territorio con laboratori rivolti a giovani appassionati e alle scuole, mostre personali e collettive dedicate al fumetto, all’illustrazione e affini, presentazioni di fumetti ed incontri con gli autori.
Di seguito la versione inglese dell’articolo…