1992-2022, esattamente trent’anni fa usciva il n. 4 della Pro-zine Fumettomania. Dietro una copertina d effetto, che nelle intenzioni dell’autore (l’illustratore Giuseppe Orlando) era un omaggio ad un grande SUPER-EROE, ma anche una provocazione, c’era un numero veramente splendido!
I contenuti di quel ricco numero erano un dossier sull’DyD Horror Fest, un nuovo dossier su Angoulême 1992 e tante interviste, e tanti articoli e recensioni di fumetti USA e Italiani.
Oggi e nelle prossime settimane pubblicheremo quasi tutti questi testi (tranne qualche intervista) sul web magazine e sarà un bel leggere, credeteci!
Protagonista odierno è il fumetto USA con alcuni articoli pubblicati nel n. 4 nella rubrica Obiettivo su … (pagina 38). Essendo numerosi gli articoli pubblicati allora, ne pubblichiamo due oggi, uno domani e la rimanenza tra due settimane.
Tornano dopo alcuni mesi i ricordi legati al Salone di Lucca del 1992.
Mario Benenati, responsabile del Web Magazine Fumettomania.
Nota bene: In concomitanza con l’inizio della nuova annualità del progetto di lettura, approfondimento ed incontro con l’autore (per 5 classi di Scuola Media di Barcellona P.G.), ci soffermiamo ancora per una settimana dal 31 gennaio a 5 febbraio sulle otto edizioni del progetto “Leggendo un Fumetto”
II festeggiamenti per l’anniversario dei trent’anni di “Fumettomania Factory– APS” si protrarranno fino ad aprile 2022.
… Continua Fumettomania da 0 a 30, Trent’anni straordinari!
Com’era il Salone del Fumetto di Lucca – anno 1992
Quell’anno l’associazione fu presente, per il terzo anno consecutivo, al Salone Internazionale del Fumetto di Lucca con un nuovo stand, stavolta nella tensostruttura adiacente al Palazzetto (sempre grazie alla collaborazione di Giorgio Cambini e Giovanni Luisi (entrambi di Livorno), ed un nuovo numero della Fanzine (il n. 4) che fece molto scalpore perché raffigurava spider-man che salvava un giovane fanciulla, che però era nuda.
Quella Lucca ce la ricordiamo per l’immensa pioggia di quei giorni, che mise a dura prova la tensostruttura, e che danneggiò non pochi stand, compresi il nostro. Però continuammo a conoscere tanti grandi artisti, tra cui il maestro spagnolo Bernet e l’italiano Gallieno Ferri (disegnatore di Zagor).
Contemporaneamente inviammo la nostra pubblicazione in Francia al Festival de la Bande dessinèe di Angouleme, per partecipare il premio fanzine.
OBIETTIVO SU … Indipendent U.S.A
(APRILE – SETTEMBRE 1992)
Testo estratto dalla rivista cartacea fumettomania:
<<Eccoci alla nostra solita rubrica di recensioni dedicata ai fumetti italiani e americani.
In questo numero sono sotto esame le mini serie della DARK HORSE: La cosa da un altro mondo, Terminator Secondary Objective; da Legend of the Dark Knight: Venom e Faces, Batman Year Two e Full Circle, la miniserie della DC Kid Eternity, gli independents USA; gli X-Men orfani di Claremont e le riviste Heavy Metal, Kappa Magazine, Ken Parker Magazine.>>
DARK HORSE: IL CAVALLO NERO DELL’OREGON SI CONFERMA DI RAZZA
di Salvatore Bonanzinga
Gli adattamenti e i sequel di film famosi, nel campo dei fumetti, avevano una fama tutt’altro che lusinghiera prima che a Milwaukie qualcuno tentasse una nuova sfida alle majors nell’incerto e spesso avventuroso mondo dei comics indipendenti.
Le colpe non sono state, storicamente, solo degli autori e/o editori, dal momento che una pubblicazione su licenza è vincolata ad interessi di marketing spesso notevoli che impongono un cast pressoché fisso (vedi Star Trek) e una sorta di censura che ritengo allontani i grossi nomi dal cimentarsi in queste imprese.
La Dark Horse ha rovesciato questo cliché, basando le proprie fortune editoriali su personaggi resi famosi dal cinema (Aliens, Predator, Terminator) e con un buon seguito di potenziali lettori avidi di nuove vicende degli eroi di questi film nell’attesa dei nuovi capitoli che certamente Hollywood avrebbe prodotto, secondo un trend consolidato quanto remunerativo.
La novità, e il maggior pregio, dell’approccio dell’editore indipendente sta nella scelta di sviluppare le storie come un susseguirsi di miniserie con pause più o meno lunghe tra i successivi capitoli della storia, affidandosi a team creativi diversi ma comunque validi e talora prestigiosi (come nel caso recente di Robocop vs Terminator di Frank Miller e Walt Simonson), che stimolano l’interesse del pubblico anche nei confronti della diversa lettura dei personaggi (un po’ come accade in casa DC sulle pagine di Legends of the Dark Knight) e hanno l’enorme pregio di poter fare a meno di penosi fili-inutili solo a mantenere la periodicità della testata (certi riempitivi durante la gestione Simonson di Fantastic Four sono ferite ancora aperte per i lettori).
Ci limitiamo qui a considerare due di questi sequel: The Thing From Another World e Secondary Objectives.
“La cosa di un altro mondo”
È naturalmente quella del racconto Who’s There, che ha avuto una prima versione cinematografica nel ’51 e un remake firmato John Carpenter nel 1982.
Proprio a quest’ultimo si rifà il fumetto scritto dallo sceneggiatore cinematografico Chuck Pfarrer (suoi Navy Seals e Darkman) non solo nel senso cronologico ma nello spirito, nettamente distinto dall’indimenticabile pellicola di Nyby/Hawks.
I protagonisti, McReady e Childs, il cui destino Carpenter aveva lasciato in sospeso, si ritrovano a combattere un nemico possente ma non invincibile, che ha però un’arma più forte della creatura semi-vegetale degli anni ’50: è un avversario più subdolo che estremizza la solitudine dell’eroe che lo deve affrontare.
Qui non c’è spazio per lo sforzo corale dal momento che McReady deve dubitare anche di sé stesso e sottoporsi alla prova che esclude la contaminazione, come si vede nella splendida tavola 7 del primo albo: rinfrancato, si accinge alla caccia del formidabile avversario “Ora sappiamo chi sono i buoni … E’ tempo di scovare i cattivi.“
L’obiettivo è la distruzione di ogni cellula potenzialmente infettante dell’organismo alieno (espressione forse della moderna paura per un certo retrovirus sfuggente quanto la Cosa?) sapendo che un semplice contatto può essere letale per l’umanità oltre che per la ristretta comunità protagonista di questa vicenda.
L’azione non delude chi aveva apprezzato il film e non può che preludere a successive miniserie, la prima delle quali si intitola Climate of Fear; il tutto è illustrato con mano felice dal britannico John Higgins, noto per essere stato il colorista di Watchmen e che si mostra qui come artista completo (dovrebbe tra l’altro scrivere e illustrare una storia per Dark Horse Presents) sia nei suggestivi paesaggi antartici che nel rendere l’orrida creatura e le tensioni dei personaggi.
Per chi volesse vedere altre sue prove, citiamo la serie in 6 numeri della DC “World Without End” e la miniserie EPIC Mutatis, al momento inedita (Nel 1991, NdR, e lo è tuttora, nel 2022).
“Secondary Objectives”
È la seconda miniserie che la Dark Horse ha dedicato a The Terminator (la prima è stata pubblicata dalla nei primi due numeri di NOVA COMIX) facendo fruttare l’accordo con la Hemdale Film Corporation sui sequel a fumetti del primo film.
Questa precisazione è d’obbligo dato che i diritti riguardanti T2: Judgement Day sono nelle mani della MARVEL (che qualcuno ha graziosamente definito Brand X) che dovrebbe produrre la miniserie di 4 numeri Terminator2: TimeBomb prima e un mensile poi.
I testi sono del giovane scrittore britannico James Robinson, già autore per la Dark Horse di Terminator One shot, per la TITAN della graphic novel London’s Dark, di storie brevi per Al della Atomeka Press e una serie di Grendel Tales ancora inedita, nonché di una miniserie per Legends of the Dark Knight della DC per le matite di Tim Sale.
I disegni sono del sempre ottimo Paul Gulacy che l’umile scrivente vi aveva raccomandato su FM#3, coadiuvato da un maestro delle chine come Karl Kesel mentre le tavole hanno avuto un colorista all’altezza della situazione in Gregory Wright.
La vicenda ripresenta personaggi della prima miniserie accanto a qualche nuovo protagonista umano e non, come il Terminator ZOOOM alla cui nascita assistiamo nel prologo e il poliziotto Sloanc.
L’obiettivo secondario dei Terminator, come scopriamo, è sempre quello di trovare e “terminare” Sarah Connor, e questa routine entra in azione quando le macchine inviate nel nostro tempo si trovano in una situazione di stallo che non consente di procedere con il programma iniziale della missione, tentando di riuscire dove il “cattivo” Arnold Schwarzenegger aveva fallito nel primo film di Cameron.
La ricerca di una Sarah Connor che non vedremo (per scelta degli autori o per problemi di licensing?) è resa avvincente dalla fredda determinazione delle macchine che “terminano” e non ”uccidono”, dato che non svolgono che un programma senza implicazioni morali per loro che non possono avere un’anima, a differenza del cyborg 1825.M (per gli umani Dudley) che deve combattere la parte di lui che è una macchina (e questa battaglia è oggetto della miniserie The Enemy Within) per aiutare gli altri umani che si contrappongono al nemico che viene a preparare un futuro di distruzione, in primis la donna soldato Mary Randall, sopravvissuta alla prima miniserie, che apprezza il nuovo mondo in cui si trova, lei che fin da bambina aveva conosciuto una Terra oscura illuminata prevalentemente dal bagliore delle esplosioni di una guerra senza fine contro le macchine.
Con loro si trova il tormentato Astio, uomo coinvolto in un gioco troppo grande, preoccupato più del lavoro perduto e della bellezza di Mary, sempre più lontana da lui, che della sorte del pianeta.
La miniserie ha tutti gli elementi per essere fruita come un buon fumetto, ma è da segnalare in particolare il primo numero per una lunga, memorabile scena d’azione che non è solo una carneficina, l’ennesima, causata da un Terminator: in essa ogni personaggio è ben caratterizzato, anche se con pochi tocchi; il ruolo della televisione come testimone dal vivo di ogni atrocità del nostro tempo, con la morte in diretta come culmine della mercificazione delle emozioni, l’ambizione (coraggiosa o folle) del reporter Barry Dill, i rapporti che legano i poliziotti sono immagini della realtà orchestrate dagli autori con maestria degna di Sergio Leone, senza che il sangue e gli effetti “sonori” delle sparatorie s’impadroniscano delle tavole: è la lezione di “GIU’ LA TESTA”.
Sempre a proposito di Terminator, l’ultima miniserie dovrebbe essere Endgame, scritta dallo stesso James Robinson e illustrata da Jackson Guice e John Beatty.
Ma la Dark Horse è “solo” questo?
Decisamente no, dato che oltre a presentare i lavori più recenti di Miller e Byrne si devono citare almeno il Concrete di Chadwick, Grendel di Wagner, le nuove vicende di Nexus, l’orrore di Sam Raimi illustrato da John Bolton, la storia Renegade sull’antologica Dark Horse Comics e la prossima Aliens vs. Predator, entrambe di Chris Claremont.
Il Cavallo Nero ha tutto per tenere in scacco anche Marvel e DC, e uno scacco portato dal cavallo si può evitare solo mangiandolo o muovendo il re, non basta disporre altri pezzi a difesa, cioè allargare un già pletorico schieramento di testate senza dare al lettore intelligente la qualità che chiede.
Per aggiornamenti sulla Dark Horse vi consigliamo il sito https://www.darkhorse.com/
e l’articolo dello scorso 22 dicembre (un mese fa) sul blog di John Freeman
<<L’editore di fumetti americano Dark Horse è stato acquisito dalla società di giochi svedese Embracer
La società di giochi svedese Embracer Group AB, una società del valore di oltre 8 miliardi di dollari con circa 9000 dipendenti, ha stipulato un accordo per acquisire Dark Horse Media, LLC, il terzo editore di fumetti più grande d’America, proprietario di circa 300 proprietà intellettuali.
In un comunicato stampa congiunto, Embracer e l’editore di fumetti con sede nell’Oregon notano che Dark Horse diventerà il decimo gruppo operativo del gruppo Embracer quando la vendita sarà completata all’inizio del 2022.>>
L’INTERO NUMERO QUATTRO DI FUMETTOMANIA
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