Nel 2012, uno degli ultimi comics tribute scritti da Carlo Scaringi hanno riguardato il centenario di Tarzan, l’eroe della giungla per antonomasia, che ha accompagnato la nostra fanciullezza (di noi quarantenni) con tanti film e telefilm e qualche fumetto, mi ricordo quelli dell’EDITORE Cenisio. Carlo, ancora una volta propose, con intelligenza ed eleganza, un approfondimento su queso eroe del secolo scorso.
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Mario Benenati
04-08-2016
I primi cento anni di Tarzan
di Carlo Scaringi
(riproposta. prima pubblicazione 06-10-2012)
Fra tutti gli eroi dell’immaginario creati nel Novecento, Tarzan è quasi certamente quello più popolare, universalmente conosciuto, anche perché ha attraversato varie “vite”. Nato come personaggio letterario, è passato subito dopo al cinema, quello muto e traballante degli anni Venti e quindi – primo eroe dell’avventura – è approdato nei fumetti, nel 1929, a opera di un maestro come Harold Foster.
Tarzan è nato nell’ottobre 1912 sulle pagine di All Story Magazine, una rivista di narrativa popolare dove da qualche mese Edgar Rice Burroughs aveva cominciato a pubblicare una lunga e complessa storia di fantascienza – John Carter of Mars – sulle peripezie di un viaggiatore sceso in mezzo alle sabbie del pianeta rosso. Non era un capolavoro, ma aveva il pregio di inserirsi molto bene in un genere allora agli albori, che proponeva guerre di mondi celesti e viaggi verso l’infinito. Burroughs (1875-1950) era il tipico americano che si è fatto da se, riuscendo a realizzarsi dopo mille saltuari lavori. Divenne scrittore quasi per scommessa: se c’è gente che scrive questo cose – pare abbia detto una volta – posso riuscirci anch’io, e inviò i primi racconti alla rivista, che li accolse a braccia aperte. Dividendosi tra i deserti di Marte e le foreste dell’Africa, Burroughs raggiunse il successo con Tarzan che ben presto gli avrebbe dato gloria e ricchezza. Forse l’Uomo Scimmia non è un personaggio molto originale perché di superstiti di un naufragio o di bambini allevati dalle scimmie, la letteratura è ricca, da Mowgli a Robinson Crosuè, ma Burroughs è riuscito a trasformare questi “vizi d’origine” in qualcosa di più originale, facendo di Tarzan una sorta di divinità bianca che domina sul mondo selvaggio dell’Africa primo Novecento, non come un dio da adorare, ma come un compagno di avventura, che condivide rischi e vittorie con i suoi amici animali.
Nei tanti romanzi di Burroughs – almeno due dozzine, senza contare i molti racconti – emerge una sincera ammirazione per l’Africa selvaggia, per i popoli e gli animali che vi vivono e forse un’implicita condanna per quel colonialismo che stava saccheggiando quello che in seguito sarebbe stato chiamato Terzo Mondo. Ma più che dai romanzi di Burroughs (periodicamente ristampati anche in Italia), il mito di Tarzan è cresciuto grazie al cinema, che sin dal 1918 (primo film, interpretato da Elmo Lincoln, un poliziotto dal fisico robusto ma non atletico) a quelli più recenti, comprese la parodie come un Tototarzan del 1950, ne ha alimentato la popolarità. Non tutti i film sono memorabili, ma in ogni caso vanno ricordati quelli interpretati negli anni Trenta e Quaranta da Johnny Weissmuller, nuotatore americano, vincitore di Olimpiadi e primo uomo al mondo a scendere sotto il minuto nei 100 metri. Weissmuller aveva il fisico, ma non era un attore da Oscar (del resto a quell’epoca i dialoghi non andavano oltre il classico “Io Tarzan tu Jane”) e finché non arrivò il momento della pensione, preannunciato da un’incipiente pancetta, girò una dozzina di film, che mandavano in visibilio i ragazzini delle sale parrocchiali. Diverso il discorso per il Tarzan a fumetti, tenuto a battesimo da Harold Foster, un vero maestro, che narrò con originalità e fantasia le imprese di Tarzan in una serie di tavole “mute”, corredate da lunghe didascalie, quasi per sottolineare l’origine letteraria del personaggio. Il suo, comunque, era un Tarzan non sempre fedele al modello letterario, con divagazioni storiche e temporali nelle quali forse già si avvertiva il clima medievale del Prince Valiant che Foster avrebbe cominciato a disegnare dal 1937. Dopo Foster, Tarzan passò a tantissimi altri disegnatori, da Rex Maxon a Russ Manning, da Neal Adams a Frank Frazetta, da John Buscema (che ne fece quasi un supereroe Marvel) a Joe Kubert, ma soprattutto a Burne Hogarth, detto anche il Michelangelo dei fumetti per quell’attenzione che riservava al corpo umano, quello muscoloso e seminudo di Tarzan, ma anche all’ambiente in cui l’Uomo Scimmia era immerso. Il suo Tarzan era quasi una sorta di Mister Universo che parlava con le scimmie e gli altri compagni della foresta. Oltre che avvincenti, le tavole di Hogarth sono veri capolavori artistici, con una perfezione e una cura dei particolari, anche anatomici, unica nel mondo del fumetto.
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