COMICS TRIBUTE 37 – TINTIN

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In occasione della festa nazionale francese di oggi (Il 14 Luglio 1789, il popolo parigino conquistò la Bastiglia, carcere destinato ai prigionieri per crimini politici, simbolo dell’oppressione monarchica. Tale evento, che diede il via alla celebre Rivoluzione, è una ricorrenza ancora oggi estremamente sentita dal popolo francese) ci soffermiamo sull’adolescente d’oltralpe creato da Hergè, che da tanti anni è uno dei simboli della Francia.
Sempre a proposito di Hergé vi invito ad appuntarvi queste date: 28 September 2016 to 15 January 2017 e di visitare questo link http://www.grandpalais.fr/en/event/herge

Mario Benenati

Tintin, un successo universale

di Carlo Scaringi

(riproposta. prima pubblicazione 12-11-2011)

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Giudicando col senno di poi si potrebbe dire che George Remy, universalmente conosciuto come Hergè, ha compiuto un errore inviando il suo giovane e intraprendente reporter Tintin, con cane al seguito, nell’Unione Sovietica per ricavarne la prima delle oltre venti avventure che nel corso degli anni ci avrebbe proposto. Già, perché l’URSS di quel periodo (la storia è stata pubblicata nel 1929) era un Paese da guardare con sospetto (o ammirazione, secondo i punti di vista) e aver svelato, nella storia d’esordio (Tintin nel paese dei Soviet), gli orrori di un regime – dall’oppressione poliziesca alla carestia, alla dittatura – che adesso, dopo il crollo di un certo muro e delle ideologie, tutti biasimano, lo ha fatto subito giudicare come un anticomunista, magari da apprezzare sul piano artistico, ma da guardare con sospetto su quello ideologico e forse umano. Del resto, quella prima storia in Italia sarebbe apparsa solo una sessantina di anni dopo, per merito della Comic Art di Rinaldo Traini che la inserì nella ristampa dell’intera serie.
Nel 2011 questa storia è presente nella nuova riedizione completa, rivista e corretta, che la Lizard-Rizzoli ha proposto (del 2011) sulla scia del successo del film di Steven Spielberg, uno dei pochi “matrimoni” riusciti tra cinema e fumetto. Spielberg ha trasformato Tintin in una sorta di Indiana Jones in miniatura, anche se in realtà il piccolo eroe di Hergè è solo un giornalista curioso che parte ogni volta alla scoperta del mondo, o meglio di un particolare Paese, e finisce per imbattersi in avventure spesso rocambolesche, talvolta drammatiche, sempre interessanti, scontrandosi anche con ambienti e individui poco raccomandabili, dai trafficanti di droga ai mercanti di armi, ai dittatori sudamericani. Tintin ha forse lo spirito del boy-scout, un po’ come il suo autore che è cresciuto negli ambienti cattolici di Bruxelles: difende tutte le cause giuste, ricerca la verità, condanna la violenza e vorrebbe vivere in pace. Ma non gli riesce quasi mai, e ogni volta – dal Congo a quell’epoca colonia del Belgio agli Stati Uniti, dove difende i pellerossa, dal Tibet all’Egitto, dall’Australia dove sventerà il dirottamento del volo 714 alla Luna dove giungerà con largo anticipo su Armstrong – è costretto a dare il meglio di sé per sconfiggere i cattivi di turno.
Nelle sue periodiche missioni, più avventurose che giornalistiche, Tintin è sempre accompagnato dal cagnolino Miloue s’imbatte in molti singolari personaggi che vorrebbero aiutarlo, ma gli sono spesso da impaccio, come il capitano Haddock, vecchio lupo di mare in disarmo, ubriacone e sbruffone, o lo scienziato un po’ svanito Tournesol (o Girasole) che somiglia a Piccard, oppure quella strana coppia di poliziotti in borghese (doppiopetto nero e bombetta in testa) Dupont e Dupond, senza dimenticare la cantante italiana Bianca Castafiore, apprezzata più per i suoi gioielli che per la sua voce.
Anche se molti personaggi spesso ritornano, ogni avventura – Hergè ne ha realizzate 22 più un’ultima incompleta – presenta sempre elementi originali e situazioni coinvolgenti per cui non si avverte quella ripetitività tipica della serialità.

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Per saperne di più

Hergè è nato nel 1907 ed è morto nel 1983, è vissuto quasi sempre in Belgio anche se molti lo credono francese (come Simenon, del resto: il padre di Maigret era nato a Liegi, anche se ha ambientato quasi tutti i suoi libri a Parigi e nella provincia francese).
Il suo disegno – talora quasi infantile, semplice, scarno ma essenziale – è alle origini della famosa “linea chiara”, poi imitata da molti altri autori. Forse non è stato un vero Maestro del fumetto, ma il suo stile rientra, come scrisse Umberto Eco tanti anni fa, “nella più alta tradizione artigianale”. Nelle ambientazioni e nei personaggi, continuava Eco, “c’è un realismo minuzioso e ambizioso” il tutto arricchito “da un’indubbia abiità nell’inventare trame e da un grande talento nel tratteggiare i personaggi comici”.

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