Jacovitti l’ho conosciuto con il diario Vitt, che mi fece appassionare per i tanti suoi personaggi. Pero’ anch’io conosco poco le prime opere di “Lisca di Pesce”, quindi, questo breve saggio di Scaringi colma in parte la mia ignoranza. Godiamoci questo comics tribute sul debutto di uno dei più grandi autori italiani della nona arte.
M.B. (21-07-2016)
Ottobre 1940: Jacovitti debutta con Pippo e gli inglesi
di Carlo Scaringi
Alla vigilia della seconda guerra mondiale Jacovitti – nato a Termoli nel 1923 e morto a Roma nel 1997 – viveva in famiglia a Firenze, era un teen-ager lungo lungo e molto magro, mangiava pane e fumetti (l’Avventuroso e gli albi Nerbini, da Mandrake a Pisellino) e aveva una voglia matta di disegnare. Nel 1939 un periodico fiorentino, Il Brivido, ospitò le sue prime vignette umoristiche, ma fu nell’ottobre del 1940 che Jac, o Lisca di pesce come spesso si firmava, entrò nel mondo dei fumetti. Dal 5 ottobre infatti il Vittorioso, apprezzato settimanale legato al mondo cattolico, cominciò a pubblicare le dieci puntate della sua prima storia a fumetti.
Si intitolava “Pippo e gli inglesi” e rispecchiava il clima dell’epoca, con l’Italia in guerra con mezzo mondo, in primo luogo i figli della “perfida Albione” come il regime chiamava gli inglesi. Era un fumetto un po’ propagandistico, satirico, ma soprattutto comico, disegnato alla meno peggio con i protagonisti che sembravano tanti pupazzetti piuttosto che veri personaggi, magari un po’ caricaturali ma credibili. Il racconto ruotava intorno a Pippo, un ragazzo curioso e intelligente, che va alla scoperta degli inglesi, o meglio dei loro vizi e virtù, che poi si possono riassumere in poche battute: i famosi cinque pasti, l’amore delle vecchie signore per i cagnolini, le casette linde e pinte con tanto di giardinetto fiorito davanti, e così via. Non era una satira cattiva o pungente perché Jacovitti è sempre stato un buono, uno che dice cattiverie col sorriso sulle labbra e quasi chiedendo scusa. A quella prima storia ne seguirono altre due, Pippo e il mistero del lupino e Pippo e la boa, con intrrecci più elaborati, spie inglesi e complotti vari, il tutto raccontato sempre in chiave umoristica. Pippo è stato il protagonista principale di almeno una ventina di storie pubblicate nel corso degli anni sempre sul Vittorioso. Accanto a lui sono comparsi altri personaggi quasi fissi, come Pertica e Palla, uno spilungone l’altro grassottello, e poi l’ispettore “lo supponevo” Cip, il suo assistente Gallina, il cane Kilometro, la Signora Carlomagno, autoritaria e imponente, e infine Zagar, un imprendibile ladro vestito con una calzamaglia nera, forse un’imitazione di Macchia Nera, uno dei tanti nemici del primo Topolino. La sfrenata fantasia e l’umorismo a tratti quasi demenziale di Jacovitti, sono alla base di tutte le divertenti avventure di Pippo e compagni che, una storia dopo l’altra, sono stati sulla Luna (ma solo in sogno), in Africa, nel Duemila (in anticipo di qualche decennio), tra i cow boys e via così.
Nell’immediato dopoguerra Jacovitti si è cimentato anche in alcune storie di satira politica e di costume pubblicate per lo più su Intervallo, periodico degli universitari cattolici. Ricordiamo in particolare, per la loro forte carica polemica e dissacrante, Battista l’ingenuo fascista, in cui striglia i “furbetti del partitino” che da fascisti diventano comunisti, democristiani, liberali, ecc. pur di restare a galla, e poi Pippo e il dittatore e Mandrago il mago. La prima storia è ambientata in una riconoscibile Germania nazista con Hitler trasformato in Flitt, come l’antico insetticida, mentre nella seconda la parodia di Mandrake sfocia in pagine di comicità e di poesia, con un povero barbone che sogna di essere un mago come Mandrake per trasformare il mondo. Ma la realtà è ben diversamente amara e al massimo potrà vivere (sempre in sogno) in un mondo dove tutti sono buoni, con una scena che sembra anticipare quella finale del film Miracolo a Milano di Zavattini e De Sica. Quello che è successo dopo è fin troppo noto, con Jacovitti scatenato nei suoi folli paginoni umoristici e nelle storie di Cocco Bill e altri personaggi solo in apparenza minori, da Tom Ficcanaso a Jack Mandolino, a Zorry Kid, ecc.
Per saperne di più
Negli anni Trenta c’è stata una vera fioritura di settimanali per ragazzi, dall’Avventuroso a Jumbo, dal Giornalino a Modellina, da quelli di regime (Il Balilla e La giovane italiana) a quelli sopravvissuti alla guerra, come Topolino, il Monello e l’Intrepido. In mezzo a questi dal gennaio 1937 c’era anche il Vittorioso, settimanale dell’Azione Cattolicache si affiancava al Giornalino delle Edizioni Paoline. Data l’epoca il Vittorioso pubblicava sempre fumetti di autori italiani, da quelli umoristici di Craveri a quelli avventurosi di Caesar (Romano il legionario) e Caprioli (Gino e Piero, una delle tante coppie di coraggiosi ragazzi italiani che imitavano le avventure africane di Cino e Franco). Anche il Vittorioso subì l’influenza del regime e molte storie ne risentono. Ma ha avuto il merito di aver sempre ospitato autori italiani, anche nel dopoguerra quando oltre a Jac e gli altri citati sono arrivati ottimi disegnatori, da D’Antonio a Zeccara, da Canale a D’Amico, da Landolfi a Polese, ecc., spesso coordinati da Ruggero Giovannini, per anni un vero maestro per tanti giovani. Col passar del tempo e il mutare delle mode, il Vittorioso (che per anni pubblicò anche il celebre Diario Vitt, opera quasi sempre del solo Jacovitti) perse lettori e alla fine del 1967 cessò le pubblicazioni, salvo poi riprenderle subito dopo, con una nuova gestione, e con il titolo abbreviato in Vitt. Ma i tempi erano cambiati, soffiava il vento del Sessantotto e il vecchio settimanale sopravvisse fino all’ultima settimana di ottobre 1970.
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