Mentre si cercano di programmare le attività dell’autunno-inverno, sotto un caldo tremendo, si continua l’inserimento nel sito degli articoli cartacei dalla nostra storica pubblicazione.
A distanza di una settimana (stavolta la promessa l’abbiamo mantenuta), presentiamo due nuovi articoli tratti dal n. 9 della nostra fanzine (pubblicata nel maggio del 1997).
In quest’occasione, estraggo un articoli d dedicato alla miniserie Cages scritta e disegnata dell’immenso Dave McKean, opera che fu pubblicata anche in Italia, nel 1998-99 e nel 2012, da due diversi editori, che Vi consigliamo di recuperare Cages.
Buona lettura
Mario Benenati, curatore del sito Fumettomania Factory Magazine
P.S.: Domani e la prossima settimana rimaniamo negli USA con altri fumetti interessanti
Il sommario del n. 9 è riportato di seguito (con i LINK ATTIVI degli articoli già pubblicati sul sito)
- 2 Ancora aumenti?…Grazie, non fumo! di Massimo Todaro
- 3 Al di là delle Alpi, di Mario Benenati e G. M.
- 7 Cages di Dave McKean, di Lorenzo Fratini
- 8 Il ragazzo e le sette sfere. Articolo su Dragon Ball di Ambrogio Isgro’
- 8 La Sailor mania e Marmelade Boy, due ‘cartoni’ manga, di Danila Franzone
- 12 Il ritorno di Luther Arkwright. Intervista a Byan Talbot di M.Benenati e Giovanni Genovesi
- 12 Novità nei comics indipendenti? di Giorgio Cambini
- 14 Sovereign Seven: un “nuovo” supergruppo? di Salvatore Bonanzinga
- 14 Anteprima: MAGICO VENTO, di Mario Benenati
- 16 Il Corvo Presenta… di G. M.
- 16 Manovre infernali – From Hell, di Domenico Cutrupia
- 17 C’era una volta , di Lucio Sottile
- 17 Il fumetto che piace, il fumetto che vende, di D. Cutrupia
- 18 Sulle tracce di … Fumettomania – Autori vari
- 19 Internet e dintorni, notizie dal mondo dei fumetti di Mario Benenati
di Lorezo Fratini (gennaio-febbraio 1997)
Circa un anno fa è terminata la pubblicazione della miniserie scritta e disegnata da Dave McKean, Cages (“Gabbie”).
Il primo numero era uscito nel 1990 per la ormai defunta TUNDRA Publishing, e a quel tempo credo che nessuno si sarebbe immaginato che per terminare i previsti dieci numeri sarebbero occorsi quasi sette anni. Dopo il fallimento della Tundra, addirittura, si temeva che di Cages, al cui completamento mancavano ancora due capitoli, si sarebbero perse le tracce. Poi nel 1996 la KITCHEN SINK ha terminato la pubblicazione dell’opera.
Questo non ha posto comunque fine alle ansie che il lavoro di McKean aveva generato nel sottoscritto, che lo stava seguendo da anni con la sensazione che ci dovesse essere qualcosa di nascosto sotto una trama apparentemente caotica che continuava a espandersi, e che i lunghi pistolotti mistico-filosofici ai quali l’autore faceva sovente ricorso potessero essere riletti e reinterpretati alla luce di qualche espediente narrativo finale.
Che posso dire? Non è successo.
Cages di Dave McKean è una delle opere più ambiziose che si siano viste nel campo del fumetto in lingua inglese negli ultimi anni. Ampiezza dei temi trattati (Dio, l’Arte, l’Amore – ma cosa non parla di questo a parte l’Uomo Ragno della MARVEL Comics? – ) e tono della narrazione, sospeso a metà tra il tragico e il disincantato, ne fanno un’ opera complessa e multiforme, a tratti dispersiva e poco omogenea ma che comunque offre momenti di un lirismo toccante.
Cosa succede in Cages è impossibile da riassumere; delle molte storie che vengono raccontate, alcune collegate e altre no, non si riesce a capire quale sia la principale, ovvero quale si voleva in origine raccontare e quali altre erano funzionali allo scopo di far sì che questa venisse raccontata…. se si trattasse di un film ci sarebbero molte difficoltà a capire quale attore candidare all’Oscar per il ruolo di protagonista (anche se viene il sospetto che in questo caso tale qualifica, quella di protagonista, tocchi al regista).
La parte artistica è quanto mai varia e multiforme, e sembra compendiare tutte le tecniche di illustrazione sperimentate dall’uomo dal graffito in poi (senza vergogne: c’è anche il fotoromanzo); è comunque predominante un tratto a matita duro e spigoloso, apparentemente ruvido e geometrico ma in realtà estremamente espressivo (facciate di palazzi che sembrano volti, lineamenti che si confondono alle architetture), un tratto nel quale è facile rintracciare, anche senza aver letto i ringraziamenti nell’ultimo numero della serie, lo stile e l’influenza di José Munoz.
Nel complesso è molto difficile per me esprimere un parere su un’opera del genere. L’impressione che ne ho ricavato è che McKean si sia tenuto nel corso degli anni questo lavoro come intervallo tra altre più pressanti commissioni, o come una sorta di personale diario artistico su cui trascrivere le proprie riflessioni; potremmo dire che nel complesso Cages risente forse di un eccesso di libertà, che lo fa diventare una specie di volo pindarico formalmente sontuoso, ma contenutisticamente, come dire, banale?
All’opera mancano quella sinteticità e quella essenzialità che permettono all’arte di far pensare a piu` cose di quante ne dica; ovvero di potersi definire “evocativa”. Cages infatti riesce a fondere insieme i difetti di un eccessivo schematismo e di una eccessiva improvvisazione, due fasi attraverso le quali McKean sembra essere passato senza fermarsi al giusto livello intermedio, quello di una narrazione non artificiosa che possa essere qualcosa di più di un elenco di istruzioni per l’uso intellettuale.
Ciò accade sicuramente, secondo me, a causa della fondamentale incapacità di McKean di “raccontare” (in senso classico, letterario), e a fronte della sua naturale tendenza a “narrare” per immagini, conseguenza questa del suo essere pittore e fotografo ma non certo uno scrittore; cosicché gli sguardi dei personaggi dicono molto, ma molto spesso non si capisce bene che cosa.
Per assurdo, questa difficoltà di raccontare una storia rende il lavoro di McKean maggiormente disomogeneo rispetto a una qualunque delle sue produzioni in coppia con Neil Gaiman, dove testo e di-segno si fondono armoniosamente, si completano, si arricchiscono, si intrecciano, mentre in “Cages”, nel tentativo di raggiungere entrambi l’eccellenza, essi pur procedendo nella stessa direzione (e verso una meta ambiziosa) restano paralleli, distinti. In particolare mi sembra che McKean abbia sofferto durante questo lavoro della nota “Sindrome di Moore” che affligge tanti fumettari, soprattutto scrittori e soprattutto inglesi, dai tempi dello Swamp Thing, appunto, di Alan Moore.
Alcuni, come il già citato Gaiman, sono portatori sani di questa malattia. Altri meno, e si riconoscono dalla disinvoltura con cui sfornano trame complesse e misticheggianti che invariabilmente riscrivono l’`’origine del mondo, oppure incrociano la teoria del complotto, oppure ancora creano improbabili mitologie, rendendo 22 pagine standard di fumetto un breviario da iniziati e riuscendo sempre, invariabilmente, a piazzare al centro di tutto (o intorno, o da una parte; comunque ce lo mettono) il gatto nero di prammatica, che sembra essere l’apporto più originale tributato dal fumetto d’autore degli ultimi anni all’immaginario contemporaneo.
Ciononostante mi sento in dovere di sottolineare che ritengo “Cages” indiscutibilmente un’opera d’arte, dalla quale tanto può essere imparato perché a suo modo è sperimentale, anche se nell’esserlo sconta certe scelte obbligate (il doversi concentrare eccessivamente sulla struttura) dalle quali sono esentati solo i grandissimi capolavori che hanno realizzato in se stessi la perfezione delle loro innovazioni. Esempi? Al cinema, “Citizen Kane“; in musica, l’opera omnia dei Beatles. E come si vede, il livello non è basso.
NOTA:
CAGES, è stato pubblicata in Italia nel 1998-99 da Macchia Nera, di Francesco Coniglio (scomparso proprio alcuni giorni fa), e successivamente nel 2012 da Magic Press.
L’INTERO NUMERO NOVE DI FUMETTOMANIA
LO POTETE VISUALIZZARE E SCARICARE DAL SITO DALL’APP HyperComix
NOTE EXTRA
FUMETTOMANIA INDEX 1990 -2012
ovvero, tutte le informazioni e tutti i contenuti relativi ai 20 numeri pubblicati della rivista cartacea Fumettomania.