
‘‘ Anders: Oddio, guarda quell’immagine laggiù! C’è la Terra che sorge.Wow, quant’è bella! …. Hai della pellicola a colori, Jim?
Dammi un rullino a colori, veloce, ti dispiace? Lovell: Oh, gente, è magnifica.Anders: Sbrigati.
Lovell: Beh, l’ho fatta giusta – oh, che foto bellissima… 1/250″ a f/11 [clic dell’otturatore]
…. Ora cambia leggermente l’esposizione.
Anders: L’ho fatto, ne ho scattate due qui.
Equipaggio dell’Apollo 8, 24 dicembre 1968
Se è vero che solo alcune immagini hanno il potere di inaugurare un’epoca, the Earthrise è una di queste. Scattata la notte di Natale del 1968 dall’equipaggio dell’Apollo 8, mostra la Terra per la prima volta da un punto di osservazione ‘esorbitante’ a se stessa – una piccola e meravigliosa isola con i colori della vita che sorge in tutta la sua vulnerabilità oltre l’arido orizzonte lunare nelle profondità dell’universo – e annuncia urbi et orbi che forse è arrivato il momento di preoccuparsi per il suo stato di salute, contribuendo alla crescita di una sensibilità ambientalista.
I tempi d’altra parte erano maturi. Pochi mesi prima, nel 1972, mentre milioni di giovani scendevano in piazza per chiedere libertà civili e diritti sociali, un gruppo di scienziati e di intellettuali guidato dall’economista Aurelio Peccei aveva dato vita al Club di Roma, un’associazione che sarebbe passata alla storia qualche anno dopo con la pubblicazione del Rapporto Meadows.
Realizzato da un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit), The limits to Growth metteva in guardia sui limiti della crescita demografica, economica e industriale, in un mondo caratterizzato da risorse limitate e non rinnovabili. Se non si fosse cambiato modello di sviluppo, prediceva con l’aiuto di proiezioni matematiche, l’umanità avrebbe rischiato di giungere al collasso in breve tempo a causa della progressiva diminuzione delle rese agricole, all’aumento del prezzo delle materie prime e all’inquinamento. Nell’immediato le previsioni del rapporto si rivelarono inesatte, ma il messaggio di fondo, valido ancora oggi, è stato rilanciato a più riprese nel corso degli anni dalla comunità scientifica internazionale, e informa il concetto stesso di crescita sostenibile inaugurato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’ambiente: «una società sostenibile è una società che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri». Nel 1992 è la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro a ribadire la necessità di garantire equità tra le generazioni :
«il diritto allo sviluppo deve essere realizzato in modo da soddisfare equamente le esigenze relative all’ambiente ed allo sviluppo delle generazioni presenti e future».
All’Earth Summit, insieme agli esponenti di 172 governi e di 2.400 associazioni ambientaliste di tutto il mondo a Rio, partecipano anche quattro ragazzini canadesi attivisti dell’Environmental Children’s Organization. In un’aula semi-deserta gli dà voce la dodicenne Severn Cullis Suzuki:
«Venendo qui a parlare oggi non ho un’agenda nascosta – declama senza esitazioni né inciampi – sto lottando per il mio futuro, sono qui a nome delle generazioni future… I genitori dovrebbero poter consolare i loro figli dicendo: ‘Tutto andrà a posto. Non è la fine del mondo, stiamo facendo del nostro meglio’. Ma non credo che voi possiate dirci queste cose. Siamo davvero nella lista delle vostre priorità?».
A distanza di quasi tre decenni la risposta fornita dagli esperti di tutto il mondo a questa domanda è purtroppo negativa. Se a Rio de Janeiro il primo “allarme” per denunciare i danni spesso irreversibili arrecati dall’uomo all’ambiente e alle risorse essenziali del Pianeta fu sottoscritto da 1.700 scienziati, la maggior parte dei quali premi Nobel, nel 2017 il secondo Scientist’ Warning to Humanity di firme qualificate ne raccoglie dieci volte tante. «Dal 1992 ad oggi- recita il documento – se si esclude la stabilizzazione dello strato d’ozono nella stratosfera, l’umanità ha fallito nel provvedere sufficienti progressi per risolvere le criticità ambientali già previste e, dato ancora più allarmante, molti problemi rilevati stanno peggiorando enormemente. Particolarmente preoccupante è la traiettoria attuale dei cambiamenti climatici potenzialmente catastrofici…».
Nello stesso periodo, una commissione di lavoro della International Commission on Stratigraphy, composta da geologi, archeologi, geografi e scienziati, è al lavoro per vagliare la proposta di considerare l’azione dell’uomo – capace da sola e in poche centinaia di anni di spostare montagne, creare laghi artificiali, innalzare il livello dei mari, decretare l’estinzione in serie delle altre specie animali – alla stregua di una nuova rivoluzione geologica, e introdurre una nuova epoca nella storia della Terra: Antropocene, la nuova età dell’uomo.
Le preoccupazioni lanciate nel corso degli ultimi decenni dalla comunità scientifica internazionale e dalle organizzazioni impegnate a più livelli nel campo dello sviluppo, della lotta alle povertà e alle diseguaglianze, sono state raccolte e fatte proprie dalle Nazioni unite.
Il 25 settembre 2015 il varo dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile ha sancito una volta per tutte la necessità di cambiare il modello di sviluppo, insostenibile non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Per raggiungere questo traguardo ambizioso il massimo organo di governo del mondo fondato per garantire la pace e la stabilità ha promosso una visione finalmente integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo attraverso la definizione di 17 obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) e 169 target da raggiungere entro il 2030. Con questo documento storico, firmato da 193 paesi, l’Onu chiede a tutti i paesi – senza più distinzione tra Paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo – di contribuire al cambiamento attraverso la definizione e l’attuazione di strategie nazionali precise e rendicontabili.
“Prima che l’umanità si avventurasse sulla Luna, la visione del nostro pianeta consisteva in ciò che potevamo vedere da orizzonte a orizzonte. Fino a quando questa – e molte altre – foto sono tornate con gli astronauti dell’Apollo 8 a restituirci una visione della Terra come un globo vibrante, delicato, blu e bianco incorniciato dal nero vellutato dello spazio”.
ANTROPOCENE – L’EPOCA UMANA, IL FILM
Regia di Jennifer Baichwal, Edward Burtynsky, Nicholas de Pencier.
Un film Da vedere 2018 con Alicia Vikander. Genere Documentario – Canada, 2018, durata 87 minuti.
Uscita cinema giovedì 19 settembre 2019
distribuito da Fondazione Stensen e Valmyn.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 –
MYmonetro 3,50 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari
NOTE EXTRA
Questo testo è stato pubblicato per informare i lettori dell’esistenza del documentario sopraindicato e linkato nella versione completa in inglese e nel trailer in Italiano.
I contenuti del documentario interessano tutti noi, compresi i nostri figli che vanno informati ed educati su quello che sta succedendo, perché purtroppo la ridondanza di informazioni finisce per confondere , spaventare e in definitiva scoraggiare l’assunzione di responsabilità da parte del singolo, l’unica cosa che potrebbe davvero giovare!
Se vogliamo preservare l’ambiente per le generazioni future, è essenziale che gli studenti accrescano la consapevolezza e le conoscenze sui problemi ambientali ed utilizzino tali conoscenze per rendere il loro stile di vita più sostenibile, ridurre i costi dell’azione ambientalista e trovare soluzioni innovative a questi problemi.
Dobbiamo Salvare il Pianeta ma lo dobbiamo fare davvero, con la consapevolezza della grande responsabilità che tutti noi abbiamo, perché in questo momento “tutti corriamo verso il baratro discutendo sulla musica da mettere in macchina”!
mariella chiaramonte e mario benenati