Sovereign Seven: un “nuovo” supergruppo di Claremont degli anni 90

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Continua il caldo infernale, qui in Sicilia, così come in altre zone della penisola… e noi seppure con fatica tentiamo di tenere il ritmo con l’inserimento nel sito degli articoli cartacei dalla nostra storica pubblicazione.

Oggi il nuovo articolo tratto dal n. 9 della nostra fanzine (pubblicata nel maggio del 1997) è uno solo ma sono sicuro che vi piacerà e magari vi incuriosirà a tal punto da recuperare la serie Sovereign Seven, della quale scriveva il nostro amico Salvatore Bonanzinga nel 1996-97.

Buona lettura

Mario Benenati, curatore del sito Fumettomania Factory Magazine

P.S.: Anche la prossima settimana rimaniamo negli USA, con altri fumetti interessanti, e con una incursione nel Regno Unito riportando una chiacchierata con un grande autore.


Il sommario del n. 9 è riportato di seguito (con i LINK ATTIVI degli articoli già pubblicati sul sito)


Sovereign Seven: un nuovo supergruppo?

di Salvatore Bonanzinga (gennaio-febbraio 1997)

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I lettori abituali di Fumettomania probabilmente leggeranno con orrore il titolo di quest’articolo: perché dare spazio alla discussione di una serie regolare di tipo supereroistico?

Forse solo per il “rumore” che è inevitabilmente associato a chi ne è autore, e il riferimento non è tanto a Dwayne Turner, disegnatore appartenente, come diremo più avanti, alla scuola Image, quanto, dicevo, a Chris Claremont che, in questa creator-owned series, ä l’autore dei testi.

Quest’ultimo, come è noto, è stato la mente pensante che ha saputo dare un impulso straordinario, anche in termini economici, alla MARVEL Comics rivitalizzando la serie X-MEN con una storica quanto duratura gestione che ha visto personaggi e disegnatori succedersi negli anni, diversi nello stile, innovando talvolta ed ispirando future tendenze nel “genere” (periodo Silvestri/Leonardi), particolare, delle avventure dei gruppi di supereroi.

Possiamo, infatti, distinguere diver si generi nel nostro medium, ed in ciascuno di essi individuare delle figure caratterizzanti, al di là dell’oggettivo valore del prodotto che, comunque, deve “vendere” e per questo, ahinoi, rispondere a delle leggi di mercato.

Il recensore preferisce, ovviamente, proporre quanto di più stimolante, intellettualmente ed artisticamente, ha occasione di leggere; ma non è possibile negare una realtà più complessa, in cui le classifiche di vendita danno delle indicazioni non trascurabili che impongono una valutazione di determinate testate e dei loro autori (esempio italiano: la stampa non si può esimere dal discutere del Festival di Sanremo, anche se il critico preferirebbe presentare “Beyond the Missouri Sky” di Pat Metheny).

Non bisogna dimenticare, inoltre, che “se tutto è VERTIGO, nulla è VERTIGO”; in casa DC Comics, infatti, questa linea editoriale ha senza dubbio pagato in termini di qualità e di risposta del pubblico, ma certamente non basta il marchio a garantire il livello del fumetto, dato che autori meno dotati possono ricorrere, da buoni artigiani, all’uso di citazioni e lunghe didascalie, nonché a un tratto insolito, per essere classificati tra gli esponenti di questa tendenza espressiva.

L’esempio italiano, peraltro, è ricco di esempi di collane interessanti dalle sorti editoriali alterne e comunque non esaltanti, mentre si vedono resistere, “tenere il mercato”, altre di più immediata fruizione e spessore sicuramente minore. Abbiamo deciso quindi di partire dall’esame dei primi 9 numeri della serie regolare dedicata ai Sovereign Seven. Periodicamente le case editrici immettono sul mercato nuovi titoli, la cui durata è spesso segnata, effimeri quanto deludenti o apripista in caso di successo.

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Qui il cocktail prevedeva alcuni ingredienti di sicuro effetto per un buon lancio: il nome di Claremont, il concetto di squadra, i personaggi nuovi e nel contempo ammiccanti a diversi precursori, il tratto anni ’90  di Turner.

A Claremont abbiamo accennato come all’artefice di una gestione invidiabile per continuità, massima espressione della serializzazione grazie all’inserimento di trame e sottotrame subentranti in grado di mantenere il legame dei lettori, rovinato semmai dalle speculazioni dei crossover, delle copertine multiple e trovate simili, uno dei pochi che abbia fatto temere per le sorti dei personaggi al momento dell’abbandono della testata.

Il concetto di squadra, storicamente, ha sempre pagato, anche se Marvel e DC lo hanno variamente interpretato. Possiamo distinguere almeno due vie da seguire nell’impostazione di una serie “di squadra”: la prima prevede la presentazione di personaggi nuovi o quasi, e per quasi intendo il recupero, con caratteristiche nuove, di figure di secondo piano o scarsamente sfruttate nelle serie regolari (tra gli esempi da citare annoveriamo i FANTASTICI 4 e Doom Patrol).

L’altra via prevede l’utilizzo della serie come palcoscenico per personaggi di rilievo, possibilmente in buona parte già titolari di serie regolari (è il caso di AVENGERS e JUSTICE LEAGUE, nelle varie e solitamente poco durature incarnazioni).

La novità dei personaggi è la strada scelta da Claremont (vedi X-MEN), con un omaggio al Re (il compianto Jack Kirby) e alla sua Saga di Nuova Genesi (non dimentichiamo che ci troviamo alla DC) quando nel primo numero i protagonisti entrano in scena tramite un Boom Tube (e l’antefatto di questo episodio viene spiegato nel primo Annual della serie) e chiudono con l’entrata in campo di Darkseid, ottimamente reso da Turner.

Dei protagonisti della serie si sa solo che sono dei fuggiaschi di altri mondi, che combattono mossi dal senso dell’onore, uniti dalla figura di Cascade, leader al femminile come Tempesta, con in più l’inserimento del tema del figlio di un personaggio inquietante che certamente darà un segno alla serie, con un riferimento al kirbiano Orion; Network è l’altra protagonista, con il compito di telepate, trait d’union tra i componenti del team, in un ruolo già ricoperto altrove dal Prof. Xavier.

I richiami a cose già viste si possono notare anche in Finale, character solitario alla Wolverine, Indigo, un po’ Nightcrawler, e Reflex, il Colosso della situazione, vichingo il cui vero nomeäè, tra l’altro, Thorsson.

Come gli X-MEN, anche i Sovereigns sono uniti dal loro essere diversi, forse in un mondo  appena meno ostile, malgrado il prevalere cromatico dell’oscurità (Claremont è un po’ meno pessimista?); il Crocevia dove si svolgono le loro prime vicende sembra un luogo i cui abitanti non sono poi così atterriti dall’insolito, magico o fantascientifico che sia, così che vi si possono muovere con una naturalezza che stupisce il lettore.

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Ci chiediamo se questo stupore non indichi la nostalgia per il clima delle storie degli X-MEN piuttosto che un desiderio di maggior verosimiglianza”.

Per quanto riguarda Dwayne Turner, indicato come appartenente alla scuola Image, con le rimostranze del supervisore della serie, dal tratto ben individuabile come appartenente a quel gruppo di autori che nella prima metà degli anni ’90 per l’interpretazione “dinamica” delle forme, da Jim Lee su X-MEN, il secondo Todd McFarlane e Rob Liefeld su AMAZING SPIDER-MAN in poi, ha dato vita all’esperienza, artistica ed imprenditoriale, della Image (probabilmente da discutere diffusamente in altra occasione), si fa notare per il ricorso ad alcuni artifici grafici (ottenibili anche grazie alle chine di Jerome K. Moore, grande copertinista, prima e di Chris Ivy poi) che, in uno stile realmente Image, comunque tipicamente anni ’90, per il dinamismo, la rappresentazione delle masse muscolari, delle figure femminili e, in particolare, di talune espressioni (ovali dei volti, caratterizzazione del “cattivo”), ha inserito dei riferimenti visivi maggiormente in linea con il personaggio rappresentato, e possiamo citare Network, che per età si presta ad ammiccamenti al segno di Arthur Adams, o Rampart, che in una tavola appare volitivo come certi personaggi di Chaykin.

In conclusione, sono ben poche le novità che leggiamo su queste pagine, anche se acconsentiamo a farci raccontare ancora qualche storia da “nonno” Claremont, lo stesso che ci teneva compagnia nelle serate di tanti anni fa parlandoci delle avventure, non sempre a lieto fine, e dei rapporti di un gruppo di giovani che affascinava i lettori ancora ignari delle speculazioni a venire.

Buonanotte!  (il profilo mi permette un saluto alla Hitchcock)

NOTE A CORREDO:

Pur essendo ambientato nell’universo DC, las erie era una serie creator-owned (i diritti appartenevano cioè al creatore, Claremont, e non alla DC Comic), e nell’ultimo numero (il n. 36, nel 1998) venne rivelato che tutta la serie era in realtà un fumetto disegnato da due donne che appartenevano all’universo DC.


L’INTERO NUMERO NOVE DI FUMETTOMANIA

LO POTETE VISUALIZZARE E SCARICARE DAL SITO DALL’APP HyperComix


NOTE EXTRA

FUMETTOMANIA INDEX 1990 – 2012

ovvero, tutte le informazioni e tutti i contenuti relativi ai 20 numeri pubblicati della rivista cartacea Fumettomania.

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