Dopo 3 brevi riflessioni(pubblicati tra giugno e luglio), passiamo oggi alle recensioni che presentammo nel n. 1 della fanzine FUMETTOMANIA, nello specifico quelle riguardanti il fumetto italiano ed il fumetto USA pubblicato in Italia.
Ringrazio il socio Antonio Barreca che ha trascritto questi testi.
Spiace che non siamo stati costanti in questo mese di luglio ma abbiamo avuto davvero tanti (troppi) imprevisti, speriamo che ad agosto e settembre di riuscire a mantenere la cadenza settimanale di questi articoli.
Nota bene: II festeggiamenti per l’anniversario dei trent’anni dell’associazione culturale non si sono affatto conclusi! A settembre si pubblicheranno altre testimonianze di amici ed ex collaboratori. Abbiamo tante idee e progetti legati ai 30 anni che speriamo di realizzare entro dicembre del 2021.
Mario Benenati, responsabile del Web Magazine Fumettomania.
Fumettomania da 0 a 30, Trent’anni straordinari!
Com’era il Salone del Fumetto di Lucca – quarta parte
“Novembre 1990″
All’edizione autunnale del Salone del Fumetto di Lucca, svoltosi dal 28 ottobre al 4 novembre 1990, non c’erano solo Giuseppe Orlando, Giovanni Luisi e Giorgio Cambini (entrambi di Livorno), ma ci raggiunsero: da Reggio Calabria, Francesco Ferrari e, da Foggia, Vito Di Domenico (con lui intervistammo Sergio Bonelli).
Furono sei giorni frenetici tra incontri, presentazioni, film, tavole rotonde, eccetera, e noi eravamo presenti. dalla Sicilia portavamo la nostra passione, competenza e divertimento. conoscemmo per la prima volta tanti librari che stavano prenotando la nostra fanzine per proporla ai loro clienti: da Genova a Parma, da Milano a Bologna, a Roma.
Il 1990 era l’anno della pubblicazione dei manga, di nuovo in Italia, grazie all’editore Granata Press dell’indimenticabile Luigi Bernardi (ne abbiamo parlato tanto negli anni scorsi, NdR). le copie del numero uno di Zero comics andavano letteralmente a ruba.
Non solo il 1990 fu l’anno anche della pubblicazione della prima edizione del bellissimo libro “I Disney Italiani“, ricordo come fosse oggi la presentazione di questo librone favoloso.
Mario
continua
OBIETTIVO SU …
Recensioni su alcuni fumetti italiani (usciti in edicola tra gennaio e giugno 1990)
di Mario Benenati, Salvatore Bucca, Giuseppe Mazzeo, Antonio Alesci, Alessandro Grussu
(LUGLIO-OTTOBRE 1990)
FUMETTO ITALIANO
Nel numero zero abbiamo svolto una panoramica sulle pubblicazioni più interessanti apparse nel 1989. In questa sede presentiamo delle recensioni più o meno approfondite sulle pubblicazioni interessanti di questi primi sei mesi del 1990.
Dylan Dog si conferma la serie qualitativamente più valida, L’Uomo Ragno la peggiore. In mezzo c’è tanta roba, come mai se n’era vista in Italia, ma il pericolo è dietro l’angolo: tutta questa massa, tra l’altro in aumento, di comics sta portando, a nostro avviso, il mercato alla saturazione.
Iniziamo con l’editrice:
COMIC ART:
E’ arrivata la perestrojka
Tra le storie apparse sul mensile di Traini, il più in forma mi è sembrato Massimo Rotundo che continua a migliorarsi con il serial “Sera Torbara” e con “Nina Tovarisc”. I due personaggi, che sono agli antipodi per le loro caratteristiche, non solo fisiche, sono raffigurati in maniera eccezionale; ricordiamo che Sera Torbara è ambientato nella Napoli borbonica del 1820; mentre Nina è una giovane Russa, volutamente spigliata, ironica ed esagerata, che alla fine della storia diviene per le sue azioni contro il “nemico” capostipite di quella schiera di superdonne che fanno parte della buona tradizione fumettistica.
La storia di Nina ci fa conoscere un Rotundo diverso dal solito, sicuramente in evoluzione, e non solo per il forte taglio ironico della storia. Concludo sperando che questi due personaggi possano essere protagonisti di questi anni ’90.
Tornando alla rivista, mi è sembrato molto bello il racconto “Nebbia sul ponte di Tolbiac” di Tardi e Malet, di cui ho ammirato lo stile grafico, il confezionamento della tavola nonché lo sviluppo della trama, mai pesante e sempre fluida dall’inizio alla fine.
Mi hanno lasciato molto perplesso, invece, i racconti finali di 48 paginr che non mi sembrano esprimere quella qualità che mi aspetto di volta in volta. In ogni caso il n° 66 e il n° 69 (entrambi privi di questi racconti), mi sono sembrati molto buoni, il che fa ben sperare per il futuro.
Schulteiss, ed “Il Teorema di Bell“, sono arrivati al terzo episodio che si conferma pregevole per il disegno e per la storia.
La volgarità di “Creatura”
Nella rivista L’ETERNAUTA il livello generale delle storie mi sembra un tantino più alto della ‘sorella’ COMIC ART, forse perché sono un amante della fantascienza, molto presente in questa rivista.
Druuna, per esempio, è un personaggio che ho conosciuto da poco tempo, eppure mi sono accorto che in questi due anni è stato sottoposto a una lenta trasformazione: il binomio fantascienza-erotismo (qualche volta spinto), punta decisamente in “Creatura” sul lato erotico (e non solo tale); l’autore mi sembra aver perso quello smalto, quell’entusiasmo iniziale che muoveva i primi passi di questa avvenente ragazza, solo per farla “scopare” in maniera continua durante il racconto.
Naturalmente niente da eccepire nei disegni e negli scenari che Paolo Eleuteri Serpieri ci ha presentato anche in questa terza storia.
Quello che invece si sta rivelando un ottimo serial è Rork di Andreas un autore francese, che ha ricevuto il premio a Grenoble nel 1989, che trovo somigliante in qualche tratto (guardandolo frettolosamente) a Wringston, ma che sviluppa delle storie ben costruite, molto equilibrate, pagina dopo pagina, e con tanti particolari ed esasperazioni grafiche (tratteggi e particolari inquadrature) che fanno impazzire nel senso buon il lettore.
Spero che Lucca si ricordi di questo autore durante i sette giorni della mostra, così come mi aspetto altri suoi lavori pubblicati su L’Eternauta.
Mario Benenati
SERGIO BONELLI EDITORE
200.000 copie per Dylan Dog
Parlare di Dylan Dog fa sempre un po’ paura; non che noi si abbia scarsa dimestichezza con mostri e affini (ogni riferimento ai collaboratori di Fumettomania è casuale) ma è il parlare di un personaggio come D.D. assurto alle vette di un successo sbalorditivo, impensabile ai più ottimisti, che carica di responsabilità.
Apprezziamo l’esistenza di un fumetto comprato da 200.000 persone (tacendo di quelli che lo leggono senza spesa), riuscire infatti a convincere tanta gente ad aspettare con ansia la cadenza mensile di D.D. per tuffarsi poi in una lettura che piace e, volenti o nolenti, avvince è veramente un’impresa degna di suscitare tutta l’attenzione che Dylan suscita. Vorrà dire che anche noi possiamo parlarne di più; per adesso basta soffermarsi sulle pubblicazioni di quest’anno, ora prossimo alla fine e che può essere archiviato come il più importante per la serie, basti pensare alla diffusione della “corrente orrorogenea” che ha imperversato sulla penisola col relativo record di vendita di cui parlavamo sopra.
Il 1990 si è aperto all’insegna della più sfrenata fantasia, intendiamo dire che i vari “Golconda”. “Storia di Nessuno”, “Accadde domani”, sono vere iperboli di deliri e fantasticherie nere che solo Tiziano Sclavi, oramai ne siamo convinti, poteva immaginare.
Siamo stati molto soddisfatti di aver letto “Accadde domani” e “Storia di nessuno”, quest’ultima rappresenta l’ennesimo esperimento di Sclavi nel piano della fantasia pura, dove dimostra di muoversi con disinvoltura e capacità sorprendenti e se è vero che il tipo di storia può dare adito ad alcuni appunti (forse l’autore vi ricorre spesso e sembra ritenersi irresponsabile dei vari effetti che una trama così morbosamente articolata, inframmentata da sequenze, pure godibili ma sfuggenti, può avere sui lettori) è anche vero dicevamo che dosando l’impiego di questo modo di realizzare i fumetti, come fino ad ora è riuscito a fare, si assicura alla serie un motivo di piacevolezza in più.
Sotto molti aspetti la sintesi della capacità di Sclavi nel gestire una storia ricorrendo a questi metodi è riscontrabile nel n°40, forse il migliore che abbia a giustificare in parte, perché DyD piace; perché cioè, oltre a regalare quello che da un fumetto si pretende e si cerca, evasione, vivacità e fantasia, esso riesce ad avere sempre presente la realtà, in maniera tale da consentirci di riflettere un attimo su pagine che, solo apparentemente, sono di semplice e sola evasione.
Questo è, almeno per noi, quanto resta una volta finito di leggere D.D. e che solo Ken Parker (non sembri strano il paragone) per molti versi riuscivano a trovare, in modo da finire per credere che si può fare fumetto e nello stesso tempo svolgere un lavoro importante, lavoro che può trovare spazio nella personalità di chi, fra i lettori, è aperto e pronto a recepirlo.
Sono nostre impressioni, ovviamente opinabili, è meglio quindi concludere, evitandoci “opinate” eccessive, d’altra parte è buono il livello dei restanti episodi, magari con riferimento particolare al n°48 di settembre, che vede il ritorno del rimpianto Claudio Castellini ai disegni (sembra infatti che non delizierà più i lettori con le sue tavole da Paradiso dell’Orrore) per cui ecco confermato come la serie sia ormai avviata ma soprattutto come essa sia riuscita a mantenere e maturare le sue caratteristiche originarie, indispensabili per continuare a indagare su nuovi incubi.
Le non rivelazioni di Martin Mystere
Avventura per la ricerca dell’eterna giovinezza, l’infinita storia dell’uomo che lotta contro il tempo, contro il timore di invecchiare, vista in un’ottica nuova, anche ironico-malinconica; ipotesi sul legame fra i miti propri della Tavola Rotonda con Artù, il Graal e tutto il fascino dell’atmosfera che questo argomento riesce a creare, da una parte e l’altrettanto fascinosa vicenda dei paladini di re Carlo (Orlando e la sua Durlindana naturalmente in primo piano) dall’altra, con la Terra in mezzo a subirne le conseguenze; la versione nostrana della saga dei mutanti, tanto cara ai comics americani; una maledizione egiziana che fa l’ennesima vittima di un professore zelante e irrispettoso: questi gli argomenti della pubblicazione di M.M. dei primi sette mesi del 1990.
Prima di giungere all’importante traguardo del n°100, Martin spazia fra vari campi, tutti interessanti, carichi di suggestione, tutti pronti a proporre misteri a bizzeffe per il detective del medesimo.
Proprio per questo si presenta, immancabile, quell’attesa, quella certa ansia per la trovata che solo il fumettista può avere, per creare dal nulla luoghi e storie fantastiche, momenti o attimi che solo chi ama il fumetto riesce a scorgere fra le pagine del giornalino.
In questi episodi di Martin Mystere proprio questo riteniamo si sia verificato che leggendo cioè, l’inizio “Conto alla rovescia” o di “Orlando il paladino”, ci si trovi di fronte agli ennesimi miracoli dei fumetti, pronti a gustare appieno la loro lettura e a stupirsi di quella rivelazione o di quell’altro finale.
Ma M.M. stavolta delude, niente di tutto quello alla fine ci resta, la lettura scorre tranquilla, senza sussulti e senza rispondere totalmente all’iniziale attesa. Sarà un periodo di appannamento per Alfredo Castelli, magari confermato soprattutto dal numero 100, tanto atteso quanto discutibile, portatore di un quasi contrasto tra la bellezza dei colori, l’originalità dello spunto dal quale prende le mosse il soggetto, il modo in cui quest’ultimo è stato suddiviso e il contenuto delle tre brevi storie; il risultato conclusivo cioè “opaco” a dispetto del colore.
Sarà un periodo di appannamento, dicevamo; tenuto conto della meticolosità, della passione che l’autore, assieme ai collaboratori, mette nel suo lavoro e l’indubbia difficoltà nel mantenere alto il livello qualitativo di una serie che, come nel caso di Martin Mystere si è sempre rivelato insolitamente buono, non possiamo non confermare la nostra simpatia per il professore e il suo autore.
Un’ultima riga per i disegnatori, questa volta per un incondizionato elogio e i complimenti particolari li riserviamo ad Alessandrini, ormai maturo e “esaltato” dai colori di Laura Battaglia.
Salvatore Bucca
Cinema e fumetto
Tra gli albi della scuderia bonelliana mi ha scosso il n°22 di Nick Raider, non poteva essere altrimenti visti i disegni di Ivo Milazzo. Di Milazzo parlano un po’ tutti, chi per il suo tratto, chi per il modo di organizzare la tavola, chi per l’alta espressività che fuoriesce da ogni vignetta.
Non esiste al momento un’artista completo come Ivo; sembra di essere dietro una cinepresa e di vedere la ripresa di un film, e tutto questo mi ha portato a leggere e rileggere più volte “Jimmy e Juanita”
Sotto una trama poliziesca abbastanza ordinaria si celano due protagonisti che hanno “spessore” e che sanno recitare.
Il risultato di questo lavoro è evidente un buon fumetto, che di popolare ha solo il formato, peccato che Milazzo sia un autore (in questo momento) poco prolifico.
Giuseppe Mazzeo
L’INTERO NUMERO UNO DI FUMETTOMANIA
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