SPECIALE “LE DONNE NEL FUMETTO”: ALDA TEODORANI

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Banner dello speciale "Donne nel fumetto”

SPECIALE DONNE NEL FUMETTO SECONDA PUNTATA:
ALDA TEODORANI

Bozza del Sommario del n. 21 della rivista Fumettomania

Nello Speciale “Donne nel fumetto“, oggi ospitiamo una scrittrice molto legata ai fumetti, sia perché ne ha scritto qualcuno negli ’90 del secolo scorso, ed anche negli ultimi anni, sia perché insegna scrittura creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Roma. Alda Teodorani è, quindi, una scrittrice che si è prestata più volte al mondo dei fumetti. 

Con grande piacere pubblichiamo nell’ordine : una prefazione al fumetto Desdy Mutus, il racconto “Letizia mare nero“; qualche tavola della storia “Fame d’amore”; più due soggetti scritti per un suo personaggio, purtroppo, mai nato che nessuno ha voluto pubblicare all’epoca, perché, dissero, troppo “forti”.

Nel sommario in PDF, pubblicato QUI Alda è ospite a pagina 129.
Buona lettura 

Mario Benenati​, direttore culturale del web magazine Fumettomania

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Livia di Mauro Cao, personaggio ispirato ad Alda Teodorani

BIOGRAFIA ESSENZIALE

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Alda Teodorani, scrittrice e traduttrice, ha pubblicato numerosi racconti, saggi e romanzi per varie case editrici (Stampa Alternativa, Datanews, Addictions, Einaudi, Mondadori e altre); nel corso degli ultimi 20 anni ha firmato alcune delle più visionarie pagine della letteratura, da Le radici del male a Labbra di sangue, da Organi a Incubi, fino a I sacramenti del male (illustrato da Mara Autilio); in Francia è di recente uscito L’Isola (les Editions de l’Antre, trad. Patryck Ficini) e in Italia sono in uscita gli e-book Organi e Belve (Kipple), quest’ultimo anche su stampa per le edizioni Cut-Up. Scrive saggi new age usando come pseudonimo il nome della madre. I suoi racconti hanno ispirato i film di Appuntamenti Letali, progetto in collaborazione con Filmhorror.com. Insegna scrittura creativa alla Scuola Internazionale di Comics di Roma.

Alda, s è inoltre occupata di sceneggiature di fumetti come Fame d’amore con disegni di Fabio Valdambrini (Splatter , p. 51-66, nel fascicolo A. 1990 , N. 11); Nome in codice (disegni: Fabio Valdambrini (Mostri , p. 17-26, nel fascicolo A. 1990 , N. 3); Giù nel delirio (testo di Alda Teodorani), illustrazioni di Andrea Accardi (Nova Express , p. 30-32 nel fascicolo A. 1991 , N. 7);  Piazza Colonna, testi di Alda Teodorani, disegni Ljuba Stjepcevic (in Schizzo n.13 ”Idee & Immagini’‘); sempre nell’ambito del fumetto e dell’illustrazione, tra l’altro, ha scritto i racconti Letizia la collezionista per Franco Saudelli in Femmine alla Corda (Mare Nero, 1999), Un assassino per Dario Argento (iCOMICS, 2010) e il recente Sesso col Coltello, fumetti tratti dai suoi racconti, per le edizioni Cut-Up.
Infine ricordiamo che Mauro Cao si è ispirato ad Alda per il suo personaggio di Livia, e così pure Claudio Chiaverotti, nell’episodio di La Mummia (1991) di Dylan Dog, per il personaggio della scrittrice Plenty Lancaster.

Sul suo profilo facebook si presenta così: Écrivaine presso Les Éditions de l’Antre, Scrittrice (Writer) presso Profondo Rosso Store e Traduttrice e redazione presso Future Fiction
Precedentemente: SFmag e Edizioni Piemme
Personal Website http://aldateodorani.blogspot.com/

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Nel 2005, Alda ha scritto la prefazione per il n.ro 1 di DESDY METUS (marzo.aprile2005, edizioni Free Books) , poi raccolta sul sito dedicato all’Insonne . Questa prefazione viene sotto riportata.
Mario Benenati

DESDY METUS: ANGELO E DIAVOLO

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Ho conosciuto Desdy all’inizio degli anni Novanta quando comparve per la prima volta in edicola.
Il personaggio destò subito le mie simpatie, per quanto era ben delineato, a tutto tondo, come difficilmente lo sono (parlo in generale) gli eroi dei fumetti. Desdy, in poche parole, mi somiglia.

Trovo in lei le stesse contraddizioni che trovo in me, nei suoi istanti di stanchezza vedo in lei lo stesso agglomerato confuso di gioia di vivere e depressione: Desdy è profondamente umana.

Per questo penso sia un personaggio di successo, al di là delle sue vicende editoriali: il lettore si può identificare in lei.
Un’altra cosa importante, essenziale, è che l’autore di Desdy non parla di se stesso (altra cosa singolare e ammirevole!), perché questo personaggio diventa un mondo a se stante. Un mondo sotterraneo, in questa dimensione notturna che lo avvolge, in cui il giorno non si fa identificare necessariamente come genericamente viene visto, cioè come rappresentazione del Bene e dove la notte non è per forza il Male.
Desdy, creatura notturna, ha sempre qualcosa a che vedere con gli emarginati, i senzatetto, con l’universo della corruzione e del crimine. Pur senza unirsi a loro, oppure al contrario operando un profondo legame di comprensione.
Desdy per me è magia, fascino, mistero. Si congiunge, nel mio immaginario, a vampiri e licantropi. È onnipresente ma irraggiungibile, eterea.
Non a caso per diffondere la sua voce sceglie proprio la radio (non la televisione, badate bene, che trasmette anche l’immagine!), diffonde la sua voce, lo specchio dell’anima, proprio attraverso l’etere. Raggiungendo la terra e il cuore più profondo delle cose. Desdy è così, angelo e diavolo: racchiude in sé l’Etere, (la spiritualità) e la Terra, (la concretezza).
E io l’amo per questo.
A.T.


Tra le altre cose, l’autrice ha partecipato alla raccolta di illustrazioni, Femmine alla Corda, di Franco Saudelli con il racconto “Letizia Mare Nero”. il disegno è di Giampiero Wallnofer, ed è estratto dal libro “Incubi” (2005), edito da HALLEY editrice.
M.B.

LETIZIA LA COLLEZIONISTA

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A Letizia piaceva accumulare. Aveva un bel corpo e aveva cominciato ad accumulare da quello. Con la sua tendenza a dimagrire, faceva di tutto per mangiare più del normale, fino a sentirsi scoppiare. Con il tempo, aveva iniziato ad accumulare denaro, poi oggetti preziosi. E, superata l’età critica dell’innamoramento, alle soglie dei quarant’anni aveva accumulato oro, gioielli, preziosi, quadri ed oggetti per un valore incalcolabile. Se li teneva tutti in casa, con l’avidità di chi non vuole affidare le sue proprietà a nessuno, nemmeno per custodirle.
Un giorno, ad un’asta, aveva visto esposta una coppa. Sicuramente si trattava di un déco di gran valore, e il prezzo di partenza lo confermava. Eppure Letizia si era innamorata della coppa, per le quali aveva sempre avuto un debole: un oggetto che raccoglie e racchiude… Comunque lei era convinta che pochi sapessero riconoscere il valore dell’oggetto e restò alquanto sorpresa quando scoprì che un giovanotto giocava al rialzo. Lei lo finì per esaurimento, la coppa era la sua ed ora poteva anche accettare le moine del biondino che la blandiva, esprimendole il suo stupore per il fatto che una bella donna come lei potesse riconoscere a prima vista il valore di un pezzo tanto raffinato. E quando Letizia gli aveva chiesto come mai pensava che bellezza e astuzia non potessero giocare insieme, quello s’era stretto nelle spalle, sussurrando: «Lei comunque è eccezionale e mi piacerebbe ammirare i suoi tesori… perché sicuramente ne ha molti, nascosti sotto i vestiti…». Un brivido aveva percorso il bel corpo pieno di Letizia, mentre pensava che, perché no, anche collezionare conquiste era un ottimo investimento. Così, tranquilla, l’aveva portato a casa sua e gli aveva fatto vedere tutti i suoi oggetti… Insomma, nel giro di una mezz’ora erano a letto, circondati dal luccichio discreto di quel tesoro. Lui l’aveva sfinita, costringendola a gridare, scopandola senza sosta, incollato al suo corpo. E quando lei era arrivata all’orgasmo, mentre giaceva sfinita sul letto, immersa nel sudore e completamente abbandonata, si era alzato in fretta e aveva strappato il cordone delle tende. Mentre la legava l’aveva baciata sulle labbra, poi le aveva detto: «Grazie di tutto, amore mio». E aveva raccolto i pezzi più preziosi che aveva trovato, cacciandoli in una borsa da viaggio recuperata dall’armadio. Poi, uscendo, si era girato un’ultima volta. «Puoi tenere la coppa, amore – aveva detto, sorridendo – direi che te la sei proprio guadagnata!». E l’aveva lasciata lì, legata e furente, esattamente come la vedete.
A.T.



Ed infine ecco in versione completa due sceneggiature scritte sempre negli anni ’90, e mai divenute storie a fumetti. Le immagini allegate a queste sceneggiature sono disegnate da Giampiero Wallnofer e sono state scaricate quasi tutte da questa pagina
Mario Benenati

SCHIAVE DEL DRAGONE

La scena è quella di una camera anonima, dove una troupe improvvisata sta riprendendo immagini di violenza su una ragazza, poco più che una bambina. I maltrattamenti che la ragazza sta subendo, però, sono reali: alcuni uomini la stanno torturando e violentando. Ora, un uomo spinge verso il gruppo una donna, dicendole:”Avanti, recita bene. E ridi, soprattutto”.
La donna è spaesata, confusa. Non vediamo bene di chi si tratta, più tardi sapremo che è l’amica di Norma, Jane.
Gli operatori stanno continuando a girare, mentre la ragazza viene selvaggiamente uccisa e Jane, che sta rifiutando di collaborare, brutalmente picchiata.
In quel momento, un uomo trafelato entra di corsa nella camera, avvertendo gli altri che qualcuno deve aver sentito gli urli della ragazza, e che al bar il proprietario del motel sta chiamando la polizia. Subito gli uomini radunano cavi, cineprese, ed escono, caricando tutto su un furgone. Ora vediamo che si trovavano in un motel, di quelli tipici americani, composti da piccoli bungalow affiancati. Gli uomini abbandonano Jane (credendola morta) e la ragazza morta nella stanza, e scappano.

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Norma sta dormendo. E’ sola, nella sua grande casa. Accanto a lei, sul letto, l’ultimo suo libro:”Chi uccise Diane Hard?”.
Il sonno di Norma è agitato, ma viene bruscamente interrotto dal suono del telefono. Norma risponde con voce assonnata.
“Chi è?”
“Sono Jane. Sto male, Norma. Mi hanno pestata” risponde, sofferente e ansimante, la voce al telefono.
“Vengo subito. Dove sei?”
“Al motel Bates. Credo che stia arrivando la polizia. Ti prego, fa’ presto”
“Va bene, arrivo immediatamente…” la rassicura Norma, si alza in fretta dal letto, esce, prende la macchina e parte di corsa.

Al motel Bates, Norma scende dalla macchina. Si guarda intorno, finché non scorge un gruppetto di persone assiepate davanti a un bungalow. Sente in lontananza le sirene della polizia. Corre verso il bungalow, e ci arriva alcuni istanti prima del sopraggiungere dei poliziotti e delle ambulanze. Si fa largo tra la gente, e riesce così a vedere l’amica, nuda e gravemente ferita, e a chinarsi su di lei, per chiederle cos’è successo, ma Jane non le risponde, anzi, respira a fatica, e, proprio in quel momento, entrano nella stanza i portantini, che la caricano su una barella e la portano via. Norma segue l’ambulanza con la sua auto.

Al pronto soccorso, la ragazza viene portata dentro l’ambulatorio. Quando ne esce, è cosciente, ma ancora in barella, con un infermiere che la trasporta via in fretta. A Norma, che le si è avvicinata, riesce solo a dire:”Avvisa Jake… ” e poi l’infermiere la trascina dentro un ascensore. Le porte di metallo si chiudono davanti a Norma. La donna, allora, ferma un medico che sta uscendo dall’ambulatorio dove Jane è stata visitata. “E’ per quella ragazza…” gli dice “che le è successo?”
Il medico la fissa, le chiede:”lei è una sua parente?”
“Sì, la sorella” mente Norma.
“E’ stata picchiata, e ferita con un coltello a lama corta”
“E’ grave?”
“No, nessuna lesione importante. E’ sotto forte shock, è quella, la cosa più grave… ma si riprenderà presto”.
Il medico se ne va.

Norma torna a casa, dove prende alcuni appunti su un taccuino, e torna a letto. Ma non riesce a prendere sonno, come spesso le capita, del resto. Si alza, per andare in bagno a ingoiare febbrilmente alcune compresse di un tranquillante. Poi torna a letto, e, dopo poco, si addormenta.

Il giorno dopo, Norma si reca in un sordido quartiere sede di un mercato rionale, il regno di Jake, il trafficante di droga per cui Jane lavora. E il mercato di frutta e verdura è la copertura per le attività sporche di quest’individuo. Norma si reca al suo ufficio, senza che nessuno la fermi. L’uomo è un tipo losco, sulla cinquantina. Tutto, in lui, è cadente, dal viso agli abiti. Ma gli occhi sono penetranti come quelli di un animale da preda.
“Guarda guarda,” esclama Jake, appena la vede “la nostra bella amica. Io veramente stavo aspettando Jane. Che ci fai tu, da queste parti?”
“Sono qui per dirti che Jane non lavorerà più per te. Almeno per un po’” dice Norma, ermeticamente, per il solo gusto di osservare la reazione di Jake, che non si fa attendere:”Che cosa vorrebbe dire?” le risponde infatti l’uomo, subito alterato “Si è dimenticata che ho ancora quelle belle fotografie? O sei stata tu a convincerla? Io la mando direttamente in galera, e, con le amicizie che ho, ci starà per almeno dieci anni”.
“Cerca di star calmo. Jane è in ospedale. L’hanno conciata male, stavolta”
“Ti ha detto chi è stato?” le domanda Jake, già a pugni chiusi (non sopporta che gli si tocchi la merce)
“No, ma spero che me lo dirà presto. Così potremo ricambiare il servizietto!”
“Ci puoi giurare! ” le risponde Jake ” Se lei sta ferma, io ci perdo almeno cinquecento dollari al giorno, senza contare quanto mi frutta con le consegne!”
Norma si alza e se ne va, promettendo a Jake di fargli sapere qualcosa e insultandolo mentalmente. Dopodiché, si reca all’ospedale, dove Jane, con la faccia piena di lividi, la sta aspettando.
Quando Norma le chiede come mai l’hanno conciata così, Jane le risponde che aveva sentito dire di un tipo che cercava attrici per film hard, preferibilmente giovani, sotto i vent’anni. “Ma,” prosegue “si mormorava che non fosse affatto così. Nessuno aveva più visto le ragazze che si erano mostrate disponibili a recitare in quei film. Avevo subito pensato che la cosa potesse interessarti, oltretutto avevo sentito dire che a capo di tutta l’organizzazione c’è uno dei giovani affaristi di Chinatown, un certo Hun Ai. E’ di quelli che non vanno d’accordo con i vecchi capi della mafia cinese: i vecchi si vogliono occupare solo di gioco d’azzardo e prostituzione. Ma i giovani vogliono guadagnare di più e hanno dimenticato gli scrupoli che contraddistinguono gli anziani. Hanno in mano loro gli affari degli snuff-movies e della droga”. La ragazza continua raccontando che questa voce circolava da qualche giorno nel giro delle prostitute, e che lei era riuscita solo a sapere dove si trovavano gli studi dove venivano momentaneamente fatte le riprese, il motel Bates, un posto semi-abbandonato subito fuori da Chinatown, e si era presentata lì. “Ti ho cercata diverse volte,” continua “ma non sono mai riuscita a trovarti. E, temendo che quelli avrebbero presto abbandonato il posto, appena terminato di girare, ci sono andata da sola, ieri pomeriggio. E infatti, appena arrivata, mi sono accorta che tutto era talmente provvisorio, quasi una camera qualunque, in modo da permettere di potersene andare da un momento all’altro”. Il racconto continua. Jane si era presentata, e subito era stata accettata. “E come vedi, avevo ragione” dice ancora, indicando il viso martoriato.
Norma, che non vuole stancare l’amica, se ne va.

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Tornata a casa, dopo aver registrato alcuni appunti su un magnetofono, chiama qualcuno al telefono. L’uomo che le risponde è il tenutario di una sala da the, Lin Ho. Norma gli chiede di essere messa in contatto con un anziano cinese, proprietario di una catena di ristoranti, Xiao Deng. “So che è lui, il capo della vecchia mafia” gli dice. Lin Ho sta protestando, ma Norma tronca:”Non ricordi più il favore che mi devi? (in un episodio precedente, Norma, con una paziente opera di infiltrazione, aveva liberato il cinese, che aveva appena aperto l’attività, da alcuni teppisti contro cui la polizia e la cuspide della mafia non erano riusciti a niente) o, se preferisci le minacce, vuoi che scriva un bel servizio sulle tue attività nascoste?”
Vediamo Lin Ho che si volta a guardare un uomo a un tavolo che sta fumando da una lunga pipa, di quelle comunemente usate per l’oppio, e risponde:”D’accordo. Vedrò cosa posso fare. Ti procuro un incontro”.
“Presto. Fa’ presto, e ricordati…”
“Non c’è bisogno che me lo rammenti!” le risponde Lin Ho e riattacca.
Norma usa ancora il telefono, stavolta per chiamare Jake. “Sai, c’è caso che abbia presto bisogno di te,” gli dice “c’è di mezzo la nuova mafia cinese. Sarò presto in contatto con il vecchio capo della triade del dragone”. Jake, dall’altra parte, le chiede se c’è qualcosa che lui può fare. Norma gli risponde:”Appena mi servirai, te lo farò sapere” e riattacca.

A Chinatown, un ragazzo cinese entra in un negozio di antiquariato. Passando sul retro, arriva in una stanza dove si sta proiettando un film. Le scene sullo schermo sono quelle che riguardano le torture di Jane e dell’altra ragazza. Un cinese di circa quarant’anni sta parlando. “Ottimo montaggio,” sta dicendo a un altro “aggiungi qualche scenetta piccante all’inizio, prendila dagli archivi. Trova qualcosa con le ragazze di spalle, stesso colore di capelli. Se fai un buon lavoro, nessuno si accorgerà di niente. Spedisci tutto a Lin Cheng, come al solito”.
Le luci si accendono e il cinese, Hun Ai, vede il ragazzo che è appena entrato. “Che vuoi, qui?” gli chiede. Il ragazzo gli spiega che il vecchio Xiao Deng, “il vostro onorevole suocero ” vuole parlargli.
Hun Ai gli risponde che non desidera vedere il vecchio. “Gli parlerò,” dice “solo quando verrà a un accordo con me. E…” continua “portagli tutti i miei omaggi”.
Il ragazzo corre via. Hun Ai si versa un the, e lo sorseggia, soddisfatto.

Il telefono suona, a casa di Norma Cooper. E’ Lin Ho, il padrone della sala da the, che la informa che Xiao Deng le ha concesso un appuntamento, per quel pomeriggio.

Norma Cooper si dirige verso un ristorante, a Chinatown. Dentro, un vecchio grasso è seduto su uno scranno. Norma lo riconosce immediatamente: è lui, Xiao Deng. Gli si avvicina e si inchina leggermente. Il vecchio le chiede cosa vuole, e Norma gli spiega la faccenda degli snuff e di come è giunta alla conclusione su chi sia a gestirne il traffico, insieme a quello della droga.
In quel momento, una bambina di dieci anni circa corre dentro il ristorante e salta in braccio al vecchio. Dietro di lei, entra una donna, che la rimprovera, ma il vecchio fa un cenno, come a voler dire:va bene così e la donna se ne va. La bambina tira i baffi al vecchio, e questi sorride compiaciuto. E’ chiaro che le è molto affezionato. Poi, il vecchio la fa scendere dalle ginocchia e le dice di andare dalla madre.
Poi, si rivolge a Norma.
“Vede,” dice, commosso “l’amore che nutro per il mio stesso sangue? Quella è la mia nipotina. Voglio farla crescere bene, in questa città. E non mi piacciono i traffici di cui lei mi parlava. Ma chi li fa è gente del mio sangue, e l’uomo che lei sospetta essere a capo dell’organizzazione è uno dei miei generi. Offenderei la mia famiglia, se agissi contro di lui.
Io dimenticherò di averle mai parlato, ma queste porcherie cesseranno presto, mi creda. Non può esserci guerra tra i componenti della stessa famiglia. Non mi cerchi più,” e, vedendo che Norma è contrariata, aggiunge: “non ho altro da dirle”. E le indica l’uscita.
Norma, a testa china, se ne va.

Raggiunge la sala da the di Lin Ho, e si reca insieme a lui nel retro:”Dimmi tutto quello che sai su Hun Ai”. L’uomo, sentendo quel nome, sobbalza. “Che vuoi da lui?” domanda.
“Sai quanto me che è coinvolto in parecchi traffici loschi. Devi dirmi tutto, dove sta, quale attività usa come copertura… avanti!” ma Lin Ho si è chiuso in un mutismo assoluto, e nemmeno le minacce di Norma, di rivelare la sua attività clandestina alla polizia, valgono a niente. Così Norma se ne va.
L’uomo l’ha seguita, in silenzio. Da fuori, la guarda andare via. Poi rientra, e prende il telefono.

I piccoli escono da scuola, urlando di gioia. Siamo a Chinatown, e sono tutti cinesi. Alcuni genitori aspettano, davanti all’edificio.
Lentamente, i gruppi di bimbi si sciolgono, e davanti alla scuola rimane solo Hun Ai. Ha in braccio la piccola nipote di Xiao Deng.
“Dove mi porti?” dice la bimba, ridendo felice.
“Oggi vieni a pranzo con lo zio, ti va? Poi ti porto a mangiare il gelato!”
La piccola ride ancora, contenta.
In fondo alla strada, una grossa macchina nera sta venendo nella loro direzione. Hun Ai dice, ridendo falsamente:”Vieni, corriamo!” e trascina la bimba con sé, in un vicolo.

Ristorante di Xiao Deng. Un autista in livrea, mortificato, racconta al padrone come avesse trovato una gomma della macchina forata. E, che quando era arrivato davanti alla scuola per portare a casa la piccola Hue, questa non c’era più. Il vecchio è furibondo. “Cosa fai, ancora qui? Corri a cercarla!”
Dopo che l’autista è uscito, il vecchio si siede a un tavolo, la testa tra le mani.

Notte. Norma sta dormendo, però il suo sonno è ancora agitato. A un certo punto, suonano alla porta. Incespicando su se stessa, va ad aprire. Qualcosa (delle dimensioni di un piccolo corpo) cade all’interno dell’appartamento. Contemporaneamente, un rumore di passi che scendono di corsa le scale.
Norma, confusa, non può far altro che chinarsi sul fagotto di stracci a terra, ai suoi piedi. E quando apre una parte di quel fagotto, per vedere cosa contiene, scorge il volto insanguinato di una bambina morta. Riconosce, anche se a fatica, la piccola nipote di Xiao Deng.
Corre al telefono, chiama per prima cosa la polizia. E poi, il vecchio Xiao Deng. Ma il telefono suona a vuoto. Allora, aspetta i poliziotti, e, quando questi arrivano, spiega solo come sono accaduti i fatti. Il commissario la guarda, sospettoso. “A cosa stai lavorando?” le chiede.
“A una storia di snuff. Ma non so niente di più di quello che ti ho detto…” mente Norma. Intanto, i poliziotti hanno portato via il cadavere della bimba. Norma si guarda intorno, guarda le tracce di sangue rimaste sul pavimento, “Lin Ho… ” mormora “porco fottuto…”

La mattina dopo, Norma chiama Jake. “E’ venuto il momento. C’è un lavoro anche per te: una buona battuta per una persona. E’ coinvolta nella porcheria di cui si parlava ieri,” e gli dà l’indirizzo, dicendo:”Una sala da the, a Chinatown. Lui è il padrone. Si chiama Lin Ho”. E riattacca.

Va al ristorante cinese. Tutto è parato con festoni bianchi, a lutto. Norma trova un vecchio decrepito, piegato su se stesso.
“La polizia mi ha chiamato alle tre di stanotte. Avevo già denunciato la scomparsa della bimba. Mi hanno detto che l’hanno trovata a casa sua. E’ stato Hun Ai, vero?”
“Credo che lei lo sappia meglio di me. Se non gli cede il potere, farà anche di peggio. A lei la scelta, adesso. Può ritirarsi, oppure annientare suo genero”.
Norma se ne va, lasciando il vecchio a testa china, piangente.

E’ sera. Casa di Norma. Jane è passata a casa sua, ma si sta congedando. Quando la ragazza è uscita, Norma si siede alla sua scrivania, e inizia a scrivere. Sul foglio, inserito nella macchina per scrivere, il titolo del suo nuovo romanzo:”Schiave del dragone “.
Mentre Norma scrive, vediamo il vecchio Xiao Deng che esce dal suo ristorante, seguito da una ventina di uomini. Davanti al ristorante, un gruppo di macchine parcheggiate. Il vecchio sale sulla prima, gli uomini che sono con lui sulle altre.
Le auto si fermano davanti a una sala da gioco: è tardi, alcune persone escono vociando allegramente. Il vecchio cinese scende dall’auto, seguito dalla sua guardia di scorta e dai suoi uomini. Entrano nella sala. Dentro, solo alcuni croupier che stanno chiudendo le casse. Il vecchio incede, silenzioso, mentre i suoi uomini puntano le pistole contro gli altri presenti nella sala. Xiao Deng stringe sul petto i lembi del cappotto, gonfio davanti, come se ci fosse qualcosa sotto. Si ferma vicino a un tavolo di black jack. Ora possiamo vedere che anche Hun Ai è nella sala. Ha in ciascuna mano un fascio di banconote, e, appena si rende conto di cosa sta succedendo, le lancia via per prendere la pistola. Ma ha appena fatto in tempo a estrarla, che viene colpito alla spalla da una revolverata. E’ la guardia del corpo personale di Xiao Deng che ha sparato.
“Vieni, Ai,” dice il vecchio, con voce dolce “vieni a prendere la tua punizione. Come quando eri piccolo, e tuo padre ti affidava a me, ricordi?” e sorride.
Mentre Hun Ai procede lentamente verso di lui, Deng estrae un’enorme, lunghissima sciabola da sotto il cappotto.
Il giovane si prostra ai suoi piedi.
“Ti prego, perdona…” piagnucola.
“Avrai quello che meriti, nulla di più” e ora, la voce di Xiao Deng è fredda come il ghiaccio “e non pensare di essere ancora un mio parente, né il padre dei miei nipoti. Io ti rinnego, come ti rinnegheranno i tuoi uomini. Ora smetti di frignare. Alzati e porgi le mani”.
Il giovane è terrorizzato. Niente della vecchia baldanza è rimasta in lui. Ma non si muove, finché non ci è costretto da due degli uomini di Deng, che, mentre urla a squarciagola implorando pietà, gli afferrano le mani e gliele immobilizzano sul tavolo, costringendolo a chinare la testa sul tappeto verde.

Norma sta scrivendo. Si ferma solo per accendere una sigaretta. Poi fissa lo sguardo, immobile, davanti a sé.

Sala da gioco. Il vecchio regge alta la spada. Poi ha urlato:”Guarda vigliacco! Guarda la tua fine!”
Hun Ai alza la testa. Fissa il vecchio. I suoi occhi sono ormai prosciugati. Xiao Deng cala la sciabola su di lui, e in un solo colpo gli trancia ambedue le mani.

Norma ha finito di scrivere. Dalla finestra, con le imposte aperte, vede nascere l’alba.

FINE

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TESTIMONE DA ABBATTERE

Henry Mannino è un esattore della mafia, pentito. A tal scopo ha preso contatto con Norma Cooper, per denunciare i capi della mafia newyorkese. Un giorno, gli viene chiesto di guidare un’auto, in compagnia di un killer che deve uccidere un tenente della polizia, Jenkins, che sta scoprendo troppe cose. Una volta in macchina, raggiunta l’abitazione del tenente, lo vedono partire insieme alla famiglia in macchina. Lo seguono, ma, quando il collega sta per sparare, Mannino gli chiede di lasciar perdere. “Potresti colpire uno dei bambini!” gli dice. L’altro non ne vuol sapere, sta già fuori dal finestrino con la testa e l’arma, allora Mannino frena di colpo, e spara all’altro. Poi lo scarica dalla macchina e scappa via.
Henry abbandona la macchina in un vicolo, e torna a casa. Una volta lì, prende febbrilmente alcune carte e le dà al figlio Bob, un ragazzo di vent’anni, e gli dice di portarle a Norma, alla redazione del “Globe” e di andare subito alla stazione centrale. “Ma che cos’è successo?” chiede Bob, per niente convinto.
“Fai quello che ti ho detto, è importante. Corri, adesso!” e lo spinge fuori dalla porta “ci rivedremo alla stazione”.
Il ragazzo esce di corsa, ma, proprio mentre sta scendendo le scale, sente qualcuno che corre verso il secondo piano, salendo le scale di corsa. (Bob abita in un vecchio edificio a tre piani, senza ascensore). Si sporge un attimo dalla ringhiera, e vede salire le scale quattro individui, tutti armati. Li conosce tutti. Sono i “colleghi” di suo padre, gli uomini con cui lavora. Li ha già visti parecchie volte. Uno in particolare, Tony, è un uomo con cui suo padre ha spesso litigato. Bob sa cosa significa quest’irruzione, però l’istinto di sopravvivenza è più forte di ogni altra cosa, e si butta fuori da una delle finestre della scala, e si precipita giù dalle scale antincendio, scomparendo subito dopo in un vicolo.
Intanto, Henry ha sentito i passi sulle scale. Prende la moglie e la figlioletta di circa sei anni, e le spinge oltre la soglia della camera da letto.
“Chiuditi a chiave. Non vi muovete, non fiatate” dice alla moglie “fa’ stare buona la bimba, e rimani di là, qualsiasi cosa tu senta”. Poi va ad aprire la porta. I mafiosi sono già sul pianerottolo. “Ma che succede?” domanda, con espressione stupita. Ma Tony gli alza contro il mitra, e fa fuoco, falciandolo. Poi gli uomini scavalcano il cadavere di Henry, e iniziano a perquisire l’appartamento. Ed è proprio facendolo, che uno di loro, dopo aver scardinato la porta della camera, chiusa a chiave, con un calcio, trova la moglie e la figlia di Henry, paralizzate dal terrore. “Tony” urla l’uomo “vieni un po’ a vedere”. Tony entra nella camera, e vede le due. Intanto la bambina ha cominciato a piangere.
“Ammazzale tutte e due. Non vogliamo nessun testimone” ed esce dalla camera. Dall’uscio esce una sola raffica di mitra. Non un solo grido. Ma il pianto della bimba è improvvisamente cessato.
Gli uomini si radunano nella prima stanza, accanto al cadavere di Henry.
“Allora, avete trovato i documenti?” domanda Tony agli altri. Ma questi scuotono la testa. “Allora li ha il ragazzo. Basterà trovare lui”.

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Bob arriva alla redazione del giornale sconvolto, senza nemmeno più la forza di reggersi in piedi. Norma lo fa sedere, poi, appena il ragazzo si è rianimato, le racconta quello che è successo, consegnandole i documenti. Norma gli chiede di collaborare con lei, e se sa qualcosa di tutti i legami di suo padre con la mafia. Ma Bob, sconvolto, le urla in faccia che non può chiedergli, dopo aver messo in pericolo mortale tutta la sua famiglia, di sacrificare la sua stessa vita. E scappa via. Va alla stazione centrale, restando a lungo fermo nell’atrio. Passeggia avanti e indietro, ma, a un certo punto, gli pare di scorgere uno degli uomini della mafia. Facendo finta di niente, si incammina lentamente verso l’uscita, salendo su una scala mobile. A un certo punto, però, quando è ormai alla fine, vede che alla sommità della scala mobile c’è un uomo che lo aspetta, guardandolo con un ghigno sul volto. Si gira e inizia a scendere controcorrente, travolgendo le persone con la sua fuga. Il bandito però lo insegue, ed è solo alla metropolitana, dove Bob riesce a sfuggire all’inseguitore scavalcando i cancelli e buttandosi dentro un vagone proprio mentre le porte si stanno chiudendo.
Per il momento è al sicuro. Sospira di sollievo e scende alla prima fermata, confondendosi tra la folla, in strada.

Bob è a casa della sua ragazza, Laura. Le racconta sommariamente tutto quello che gli è successo. La ragazza gli propone di stare lì, con lei. Ma Bob non vuole sentire ragioni. “Andiamocene via” le dice ” in un posto dove non ci possano trovare. Andiamo in un motel, poi decideremo cosa fare”.

Al quartiere generale della mafia, il capo, Larry Fucina, sta ascoltando il resoconto del suo luogotenente, Tony. Tony gli racconta che hanno ammazzato tutta la famiglia di Henry.”Ma il figlio è riuscito a scappare” dice. Larry si infuria. “Quel ragazzo, Bob, è pericoloso quasi quanto il padre. Può avere in mano tutti i resoconti delle tangenti che abbiamo riscosso. Dobbiamo eliminarlo e recuperare i documenti. Datti da fare”.
“Stazioni e aereoporti sono tutti sotto il nostro controllo. Ora chiamo Johnny per gli alberghi. Non ha scampo” risponde Tony, ed esce dall’ufficio. Si trova in un magazzino di import-export, che copre le losche attività di Fucina. Si chiude dentro un ufficio a vetri, prende il telefono. “Johnny” dice “ho bisogno di un favore. Chiedi a tutti gli albergatori di segnalarti la presenza nei loro motel di un ragazzo di vent’anni, biondo, occhi scuri, di corporatura media. Si chiama Bob Mannino. No, non credo che si farà registrare sotto falso nome, non è così furbo” e riattacca.

“Esco a prendere qualcosa da mangiare” dice Bob. Laura si alza dal letto, e gli dice che vuole andare con lui.
“No, tu stai qui” le risponde Bob ” non sono sicuro che il pericolo sia passato. Non ti muovere, non uscire, non rispondere alla porta”. La bacia e se ne va. Poco dopo, una macchina si avvicina silenziosamente al villino. Laura, dentro, si sta facendo una doccia. Dalla macchina scendono quattro uomini armati, tra cui Tony. Forzano la porta e fanno irruzione. Laura, che non ha sentito niente, sta continuando a farsi la doccia. Tony fa cenno ai suoi uomini in direzione del bagno. Uno di loro apre la porta con un calcio e spara contro la tenda della doccia. Laura cade a terra, trascinandola con sé. Tony, quando vede che si tratta di lei, lancia un’imprecazione. La ragazza è ancora viva. Tony le solleva la testa, prendendola per i capelli, le chiede, urlando, di dirle dove si è nascosto Bob. Ma la ragazza non vuole e non può parlare. Tony dice:” Andiamocene. Avranno sentito tutti gli spari e tra un po’ qui sarà pieno di poliziotti”. Bob arriva al motel in tempo per vedere la macchina nera dei mafiosi che se ne va. Corre al villino, e trova Laura nel bagno, gravemente ferita. Le solleva dolcemente la testa. La ragazza mormora qualcosa. Bob le chiede:”Come ti senti?” e Laura, per tutta risposta, mormora:”Non gli ho detto niente…”.
Intanto, in sottofondo, Bob sente le sirene delle macchine della polizia che stanno arrivando. “Laura” le dice “io devo andare via. Sta’ tranquilla. La polizia sta venendo qui. Ti porteranno subito in ospedale…” e scappa.
Bob vaga a lungo per le strade. E’ disperato, non sa dove andare. Ha visto succedere troppe cose, e tutte in pochissimo tempo. A un certo punto, pensa:”L’unica soluzione è quella giornalista. Anche se è stronza, devo andare da lei…”

Al “Globe” Norma Cooper gli dice:”hai sentito le notizie?” e, al cenno di diniego di lui, gli dice:”Mi dispiace, Bob, i tuoi…” e scuote la testa. Bob si accascia su una sedia. Sente che il mondo gli sta crollando addosso, e non può che trovarsi annichilito. “Norma” dice “io non so più cosa fare…”. Norma si alza dalla sedia, gli va vicino e si china su di lui. Intanto, i colleghi della giornalista si sono avvicinati e iniziano a scrutare Bob. Vista la scena, Norma prende Bob per mano, gli dice:”Senti, andiamo via. ti porto con me, a casa mia. Lì sarai al sicuro…”
“Non sarò mai più al sicuro” le risponde Bob. Ma si alza e va con lei.

Al commissariato, il tenente Jenkins, che abbiamo già visto come potenziale vittima della mafia, è a colloquio con il capitano del suo distretto. Gli sta dicendo che la ragazza trovata nel motel, ferita, è Laura Merrin, la ragazza di Bob Mannino. I poliziotti hanno trovato la registrazione della camera del motel a suo nome.
“Evidentemente, Henry era a conoscenza di un sacco di segreti, e voleva cantare. Peccato che l’abbiano ucciso prima. E adesso cercano il ragazzo perché non vogliono che li possa accusare. O forse anche lui sa qualcosa…”
Il capitano solleva lo sguardo dai fogli che stava esaminando mentre Jenkins parlava, dice:”Bisogna trovarlo” e si mette a leggere nuovamente.

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A casa di Norma, lei sta preparando qualcosa di caldo per Bob. Gli porge la tazza e il ragazzo l’osserva, pensieroso. “Hai dato un’occhiata alle carte che ti ho portato?” le chiede.
“Sì” gli risponde lei “ci sarebbe abbastanza da fare finire in galera tutta la cupola della mafia di New York. Ma non le pubblicherò, se pensi che sia pericoloso per te”.
“Io ormai sono fottuto” risponde Bob, fissando la tazza da cui sta bevendo “e lo so, è solo questione di tempo. La mafia non ha fretta, tu non li conosci. Quando uno è condannato, possono passare gli anni, ma prima o poi lo beccano”
“Non se cambia volto, identità. Tu non hai più nessuno, potrai andartene da un’altra parte…” e gli si avvicina.
“Io sono condannato, comunque. Ho tanta paura, Norma” e la guarda con espressione disperata. Norma non trova di meglio da fare che baciarlo.
Più tardi, a letto, Norma riprende il discorso. “Dovresti fare qualcosa. Se i capi finiscono in galera, non avranno più potere sui loro uomini. E tu sarai al sicuro. Se conosci abbastanza di loro…”
“Conosco anche troppo” la interrompe Bob. Norma si solleva a sedere sul letto, continua:”Be’, allora puoi denunciarli tutti. Ci penserà la polizia a proteggerti fino al processo. Ai supertestimoni, poi, forniscono una nuova identità. Sarà più facile di quel che sembra, vedrai…”
“Si, sarà facile…” le risponde Bob. Ma i suoi occhi riflettono il suo dubbio, la sua paura.
Norma gli si avvicina. Gli accarezza i capelli. Bob le appoggia la testa sul ventre. A questo gesto del ragazzo, Norma si è chinata su di lui, e lo bacia.
Lo prende per mano, lo porta in camera, dove fanno l’amore. Più tardi, Bob si addormenta, come un bambino, tra le braccia di lei.
E’ mattina. Norma sta svegliando Bob. E’ già vestita. Appena Bob si sveglia, Norma gli dice:”Dobbiamo andare alla polizia, Bob. Voglio che tu lo faccia, è l’unico modo che hai di salvarti”.
Bob non risponde. Scuro in volto, si alza e si veste. Poi si volta verso di lei e le dice:”Andiamo. Tanto la mia condanna a morte è già segnata”.

Bob e Norma nell’ufficio del tenente Jenkins. Bob sta parlando animatamente.

Davanti a un piccolo negozio italiano, arriva una squadra della polizia che fa irruzione nel locale e arresta tutti.

Bob sta continuando a parlare. Mano a mano che parla, vediamo le scene dei vari arresti.

Norma e Bob sotto la pioggia. “Perché non hai voluto una scorta?” gli dice lei.
“Mi sembra da vigliacchi, e mi sento prigioniero. Ma oggi mi trasferisco nella casa che mi ha procurato la polizia, e la prossima settimana mi faranno la plastica facciale. Da domani in poi sarò sotto sorveglianza. Ma oggi devo portare a termine un compito, l’ultimo”. Bob bacia Norma. Il campo si allarga e vediamo che si trovano di fronte a un cimitero. “Ciao” dice Bob a Norma “non credo che ci vedremo più. Dimenticavo, mi sono scordato di farti i complimenti per il tuo dossier sulla mafia. Ottimo lavoro”.
“Devo ringraziare solo te. E tuo padre. Abbi cura di te” gli risponde Norma. Poi si volta, e se ne va.
Bob entra nel cimitero. Si dirige verso una tomba. Dalla fotografia, vediamo che si tratta della tomba di Laura. “Scusami” dice Bob, e tira fuori dal giubbotto una rosa, tutta stropicciata, poi la deposita sulla tomba.
“E ora, un saluto ai miei..” mormora, mentre si dirige verso un’altra zona del cimitero.
La pioggia continua a cadere, incessante.
Dietro Bob che si allontana, vediamo un’ombra inzuppata di pioggia. E’ Tony, che lo sta seguendo. (Il lettore deve capire, dall’espressione di Tony, che Bob prima o poi verrà ucciso da lui…)

FINE

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NOTE A MARGINE

INTRODUZIONE

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COPERTINA E SOMMARIO

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PRIMA PUNTATA: INTERVISTA A MGP

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